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(Adnkronos) - "Le mascherine ora non sono inutili". A lanciare il messaggio è il virologo Roberto Burioni, docente dell'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che, dopo l'allentamento delle regole che ha reso questa protezione non più obbligatoria in diversi luoghi chiusi, affronta il tema dell'utilità oggettiva delle mascherine nel prevenire il contagio. "Questo dato non può essere dedotto da grossolani paragoni con l'estero, perché la diffusione di una malattia infettiva è un fenomeno molto complesso che non può essere banalizzato con ragionamenti da bar", spiega in un intervento pubblicato oggi su 'la Repubblica'. L'efficacia delle mascherine "deve essere valutata con studi scientifici condotti in maniera rigorosa. Questi studi rigorosi non lasciano adito a dubbi. Le mascherine, specie se bene indossate, sono molto utili a prevenire il contagio, soprattutto nei contesti più a rischio, proteggendo sia chi le porta, sia gli altri. È stato dimostrato come indossando una mascherina Ffp2 le probabilità di contagio diminuiscono dell'83%. Per quanto riguarda la protezione degli altri, ormai sappiamo bene che il virus si diffonde molto efficacemente negli ambienti chiusi grazie all'aerosol, costituito da goccioline di dimensioni piccolissime che possono rimanere sospese nell'aria per molto tempo e percorrere spazi notevoli. Per contrastarlo è importantissimo il ricambio d'aria, ma anche le mascherine possono fare la loro parte: se vengono usate l'esposizione all'aerosol (e quindi al virus) diminuisce del 72%". Ma Burioni sottolinea anche un altro aspetto che ha a che fare con "un'altra recente acquisizione scientifica: anche quando non riescono a proteggere dal contagio, le mascherine diminuiscono la quantità di virus infettante e questo può ridurre la gravità della malattia. Insomma, le mascherine funzionano, e funzionano bene". La "decisione politica" di non renderle più obbligatorie in certe situazioni "non intacca minimamente il dato riguardante l'efficacia". In ogni caso, prosegue il ragionamento, "la decisione di attenuare gli obblighi relativi alle mascherine (decisione politica sulla quale, ripeto, si può essere o meno d'accordo) è basata sul fatto che, rispetto ai mesi passati, il contagio comporta dei rischi molto minori e per questo si è pensato di allentare le maglie della prevenzione per riportare la nostra vita quotidiana verso la normalità. Tuttavia è bene ricordare che siamo ancora in presenza di un virus contagiosissimo e pericolosissimo e i fattori che hanno abbassato i rischi sono due: la vaccinazione e i farmaci molto efficaci". Per dare un'idea del ruolo delle vaccinazioni, Burioni spiega che "solo nel gennaio scorso, con la circolazione della variante Omicron, senza vaccino avremmo avuto almeno 74.000 morti in più, praticamente una cittadina delle dimensioni di Asti o Pavia". L'altro elemento citato dall'esperto sono i farmaci antivirali che, però, vanno "somministrati in maniera tempestiva" nelle persone per le quali sono indicati. "Il numero di morti che viene ancora registrato quotidianamente (non di rado superiore a cento) richiede una rigorosa verifica che la prescrizione di questi farmaci avvenga senza ritardi in tutto il territorio nazionale", osserva. La stessa scienza che ha dato vaccini e farmaci, conclude il virologo, "ci dice che le mascherine funzionano e che soprattutto in ambienti chiusi e affollati, dove il rischio del contagio è maggiore è consigliabile continuare a usarle accettando il piccolo disagio che comportano".
(Adnkronos) - In Italia possiamo ormai parlare di un ‘paradosso giovani’ perché calano numericamente, ma non riescono a trovare lavoro: senza un dialogo strutturale fra scuola e imprese e nuove politiche di accompagnamento nelle fasi di transizione, non si riuscirà a garantire un’offerta di lavoro non precario alle nuove generazioni. E’ quanto emerso durante un dibattito sull’ultimo numero dell’Osservatorio Cida-Adapt dedicato al lavoro giovanile, fra Mario Mantovani, presidente di Cida, la confederazione dei dirigenti pubblici e privati e delle alte professionalità, Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt e lo studente universitario Davide Ravaioli, follower del programma Aurora. “L’Osservatorio trimestrale sul mondo del lavoro - ha spiegato Mantovani - nasce dall’esigenza di una lettura non convenzionale dei dati statistici per avere una visione delle dinamiche occupazionali più aderente alla realtà e fornire ai manager uno strumento utile ai loro processi decisionali e organizzativi". "I dati - ha aggiunto - una volta ‘spacchettati’ e analizzati mostrano, ad esempio, la scarsa affidabilità delle ‘medie’ statistiche, poco adatte a leggere una realtà molto differenziata sul territorio. Nell’Osservatorio, altro esempio, ci si è concentrati sulla fascia d’età 25-34 anni, perché in quella precedente, 15-24 anni, l’incidenza di chi studia è troppo alta per poterne ricavare dati realistici su disoccupazione e precariato". “Ma - ha ribadito - il fattore che ha pesato di più per capacità di interpretare andamento e tendenze del mondo del lavoro è quello demografico. In 10 anni, dal 2010 al 2020, la coorte dei 25-34enni è diminuita di circa un milione di unità. Una tendenza che non sembra arrestarsi e che, comunque, può essere invertita solo in un lungo arco di tempo. Normalmente, meno giovani domandano lavoro, più dovrebbe essere facile trovarlo. E’ qui che troviamo il ‘paradosso’ del lavoro giovanile, visto che il nostro tasso di occupazione in quella fascia d’età è troppo basso nel confronto con i partner europei: insomma i giovani diminuiscono, ma l’attuale mercato del lavoro non riesce ad assorbirli. Lavoro giovanile scarso e anche caratterizzato da un’alta incidenza di contratti a termine che tende a renderlo sostanzialmente precario e poco pagato". “Come Cida - ha spiegato - esortiamo il decisore politico a intervenire su queste basi, su questi dati rappresentativi di una realtà che spesso sfugge ad un’analisi superficiale. I numeri indicano le strade da seguire: riallacciando il dialogo fra scuola e lavoro, gestendo le fasi di transizione, investendo sulla formazione continua che deve accompagnare tutto l’arco della vita lavorativa". "Come manager - ha chiarito - siamo consapevoli di quanto sia importante la qualità del lavoro che va perseguita investendo sulle risorse umane e che va adeguatamente retribuita. Anche quello delle retribuzioni, infatti, è un tema che va messo al centro di quel ‘patto sociale’ proposto dal Governo: l’Italia non può essere un Paese ‘low cost’ con lavoro poco qualificato, sostanzialmente privo di formazione, distante dal mondo dell’università e della ricerca e poco retribuito. Così ci avvitiamo verso il basso, perdendo potere d’acquisto e impoverendo il Paese".
(Adnkronos) - Gli effetti del cambiamento climatico si fanno sentire e l’estate 2022 sarà più calda e più secca. Lo sostiene Copernicus Climate Change Service, il sistema europeo di monitoraggio satellitare del clima, che ha pubblicato il rapporto stagionale. Nel report si prevede che l’Italia, insieme a Spagna e Francia, hanno un possibilità che varia dal 70 al 100% di registrare temperature molto più elevate della media tra giugno e agosto. Per quanto riguarda le precipitazioni invece c’è una probabilità superiore al 50% che queste ultime siano inferiori alla norma su tutto il continente europeo.