INFORMAZIONIAntonella Pastore |
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(Adnkronos) - "Non siamo di fronte a una nuova pandemia. Il virus del vaiolo delle scimmie, è conosciuto, in Africa, da tempo. Non preoccupa particolarmente rispetto al rischio di propagazione perché per infettarsi i contatti devono essere molto stretti, come nei rapporti sessuali. Non ci sono gli stessi pericoli di una trasmissione aerea, che facilita la corsa del virus, come per Sars-Cov-2". A tranquillizzare, attraverso l'Adnkronos Salute, l'infettivologo Stefano Vella, docente di Salute Globale all'università Cattolica di Roma. "A dispetto del nome, come già è stato spiegato in questi giorni -aggiunge Vella - non parliamo di un'infezione pericolosa come quella causata dal vaiolo. La malattia è lieve e abbiamo, nel caso si rendesse necessario, anche alcuni antivirali utilizzabili, per quanto non specifici. E da quanto ne sappiamo fino ad oggi, chi si è vaccinato contro il vaiolo potrebbe essere protetto". L'emergere di casi di infezione da vaiolo delle scimmie alle nostre latitudini, "è un nuovo campanello d'allarme che ci ricorda come la salute umana e quella animale siano strettamente commesse. E' una lezione che dobbiamo imparare: serve molta attenzione a non alterare l'equilibrio tra uomo, animale e ambiente", ricorda quindi Vella. Dopo la pandemia, aggiunge, "tutti hanno compreso che serve prepararsi alle epidemie che verranno. I salti di specie dei patogeni non sono una novità, sono avvenuti in passato e conosciamo i meccanismi. Ora che abbiamo alterato gli equilibri tra la fauna e l'uomo questi passaggi avverranno ancora di più. Ci sono centinaia di migliaia di virus animali che potrebbero, potenzialmente, colpire l'uomo. Non tutti ovviamente lo faranno generando le pandemie. Ma dobbiamo avere consapevolezza del fatto che si tratta di una possibilità. E dobbiamo stare all'erta". Per Vella oggi più che mai è necessaria "l'attenzione all'equilibrio tra la salute umana, animale e ambientale. Ad esempio: se noi deforestiamo è chiaro che l'animale selvatico si avvicina alle aree abitate dall'uomo con più rischi. Non a caso, nell'approccio alla gestione della sanità, si parla di 'One Health', una salute sola (umana, animale, ambientale), e non è solo un concetto di moda, ma una necessità nel riorganizzare le politiche sanitarie e ambientali in un'ottica di consapevolezza e riduzione del rischio".
(Adnkronos) - Usare la fibra ottica per lottare contro il cancro. E’ l’idea dietro il dispositivo sviluppato dal Centro Regionale Information Communication Technology (Cerict) di Napoli, che si è occupato del coordinamento scientifico delle diverse realtà coinvolte. Il progetto si chiama Nanocan e si basa su un’apparecchiatura in grado di combinare diagnosi e terapia, grazie a fibre ottiche integrate in aghi medicali. Le fibre ottiche sono molto vantaggiose, in quanto sono immuni alle interferenze elettromagnetiche, chimicamente inerti e non tossiche. Lo strumento finale sarà pronto entro pochi anni, ma intanto sono state depositate due domande internazionali di brevetto.