(Adnkronos) - L'isolamento del virus del vaiolo delle scimmie responsabile dell'epidemia attualmente presente in Europa, eseguito nel Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano, è "un punto di partenza. Con quello che avevamo finora potevamo fare una diagnostica certa e anche rapida. Avendo isolato il virus, adesso possiamo cominciare - nel nostro laboratorio e in collaborazione con chi volesse condurre ricerche sul virus - a testare farmaci antivirali mirati proprio per questa patologia, che non sono ancora esistenti. E dunque possiamo fare dei progressi nella terapia, ma non solo. Aver isolato il virus può servire per procedere a un controllo nella popolazione. Obiettivo: capire se la vecchia vaccinazione antivaiolosa copre ancora i nostri vaccinati tanti anni fa. E potremo anche valutare la copertura naturale che acquisiscono i nuovi malati". Sono solo alcune delle vie che si aprono adesso, e a illustrarle all'Adnkronos Salute è Maria Rita Gismondo, direttrice del laboratorio che ha messo a segno questo primo risultato di ricerca. Si apre ora una miniera di informazioni su cui lavorare. Si potrà anche indagare più a fondo su eventuali mutazioni e cambiamenti del virus. "Prima avevamo il Dna che si estrae dal materiale del paziente - ricorda l'esperta - L'isolamento del virus ci offre un'opportunità in più anche per conoscere caratteristiche del virus che non possono apparire esclusivamente con la genotipizzazione". Il genoma di questo virus, sottolinea Gismondo, "è molto ampio, è un Dna molto, molto lungo. Quando parliamo di genotipizzazione, non è che lo analizziamo tutto: analizziamo dei pezzetti che sappiamo essere caratteristici del virus. Ovviamente una cosa è, per usare una metafora, avere i capelli di una persona, una cosa è avere la persona intera se vogliamo studiarla". Quello che si sa già è che il virus rilevato in questo focolaio è affine al ceppo dell'Africa occidentale, quindi la versione più lieve, prosegue Gismondo. "I casi che abbiamo avuto noi in osservazione in Italia sono casi correlati al focolaio delle Canarie". Nel dettaglio, "un gruppo che è stato alle Canarie o qualche contatto contagiato da persone infette rientrate in Italia. Si parla di contatti molto stretti". Dopo che il virus è stato isolato, cominceranno dunque una serie di studi. E collaborazioni, sulla cui importanza la virologa insiste molto. "Noi oggi lavoriamo in collaborazione con l'ospedale Spallanzani di Roma, che è l'altro centro di riferimento italiano. Ci scambiamo idee, materiale, know how. E' una collaborazione nata da poco, ma ci dà speranza di raggiungere risultati più in fretta e anche più proficui". Altre pagine scientifiche, assicura l'esperta, sono dunque da scrivere. "Le persone stanno apprendendo questa notizia dei casi di vaiolo delle scimmie" che si stanno registrando anche in Italia e altri Paesi d'Europa "con molto scetticismo, perché sono molto stanchi e provati dall'emergenza Covid che abbiamo affrontato. Quindi dobbiamo dire subito che non si tratta di un'emergenza sanitaria, che si tratta di un focolaio che anche l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha detto che molto si autolimiterà, se si rispettano le indicazioni di non avere contatti stretti con le persone a rischio", continua Gismondo. "D'altra parte - ricorda la virologa all'Adnkronos Salute - ci sono stati focolai di infezione da questo virus e si sono autolimitati". L'Oms ha definito inusuale la segnalazione di un numero significativo di casi in contemporanea in più Paesi non endemici. Ma Gismondo fa notare: "Con la globalizzazione, i viaggi e gli spostamenti, le malattie non hanno più una loro nazione. I virus non riconoscono i confini, non li hanno mai riconosciuti, solo che adesso li trasportiamo noi con il movimento della gente e delle merci". Sempre l'Oms ha chiesto un uso saggio delle armi che abbiamo contro il vaiolo delle scimmie, essendo limitate in termini di quantità. E ha precisato che finora non è stata consigliata una vaccinazione di massa né ampie campagne di immunizzazione, e al massimo si può valutare se coprire chi è più a rischio sul profilo occupazionale, quindi sanitari e personale di laboratorio. Una linea che trova "d'accordo" anche Gismondo.
(Adnkronos) - "La protezione dei dati personali non è più la privacy ma è la tutela di un principio fondamentale di libertà". A dirlo Agostino Ghiglia, componente del Garante per la protezione dei dati personali, intervenendo al 65simo congresso nazionale Federpol. "Dal momento in cui ci colleghiamo - spiega - on line dobbiamo essere tutelati. Il nostro dovere è quello di proteggere il dato. Se prima ci dovevamo proteggere fisicamente dall'esterno ora ci dobbiamo difendere anche a livello digitale".
(Adnkronos) - Dall'inizio della guerra in Ucraina, Greenpeace è scesa in campo, anzi in mare. Una lotta di Davide contro Golia che vede gli attivisti, sulle loro piccole imbarcazioni, andare a intercettare le grandi petroliere russe nei mari di Danimarca, Svezia, Regno Unito, Belgio, Olanda, ma anche in Italia di fronte a Siracusa e Trieste. L'obiettivo delle azioni di protesta è sempre questo: il petrolio russo non deve sbarcare. Azioni di protesta che voglio anche "denunciare l'atteggiamento ipocrita dell'Unione Europea" perché con il petrolio venduto all'Ue, Regno Unito compreso, "la Russia sta guadagnando circa 200 milioni di euro al giorno, secondo i nostri calcoli", dice all'AdnKronos Alessandro Giannì, direttore Campagne di Greenpeace. L'associazione ambientalista monitora e intercetta le petroliere russe con i loro carichi da decine e decine di milioni di euro. Per farlo, ha messo a punto un sistema su twitter, "il Tanker Tracker - spiega Giannì - che si basa su dati pubblici liberamente disponibili anche dal sito Marine Traffic, dati di un sistema di segnalazione di posizionamento delle grandi navi (Automatic Electrification System) che serve per identificare una nave che poi fornisce la sua rotta, insomma è una misura di sicurezza. Ovviamente le navi possono sempre cambiare rotta e destinazione ma il sistema ha funzionato più di una volta". " L'embargo al petrolio russo non è ancora iniziato, ma la situazione è curiosa: c'è stata sì una contrazione dell'import in Europa che si attesta attorno a un milione di tonnellate al giorno, ma nel frattempo in Italia le importazioni sono raddoppiate. Oggi importiamo 450mila tonnellate al giorno, soprattutto a Siracusa dove c'è una raffineria riconducibile alla Lukoil che al momento lavora solo petrolio russo, e a Trieste, da dove parte un oleodotto verso la Germania dove si trovano raffinerie controllate da Gazprom. L'Italia si mostra ancora un porta importante per queste importazioni". "La proposta dell'embargo al petrolio russo, oltre a essere lenta, è soprattutto curiosa perché di fatto dice che dobbiamo andare a cercare questo petrolio da qualche altra parte - spiega il direttore Campagne di Greenpeace - E' come avere un figlio tossicodipendente a cui improvvisamente viene meno il pusher e quello che faccio è andare a cercare un altro pusher invece di disintossicarlo". Invece, secondo Greenpeace, l'Ue potrebbe ridurre la propria dipendenza dal petrolio russo intervenendo sul settore dei trasporti, che per il 70% dipendono dal petrolio russo assorbendo i due terzi del greggio che arriva in Europa. Con soli 5 interventi questa domanda si potrebbe ridurre: vietare i voli a corto raggio, ridurre i limiti di velocità, costi ragionevoli per il trasporto pubblico e più smart working. Solo con queste semplici azioni si potrebbe ridurre la domanda di petrolio del 7%, considerando che il 25% del petrolio che si consuma in Ue viene dalla Russia. Il fatto che l'Ue non ci pensi nemmeno non ci sembra andare nella direzione corretta, oltre al fatto che così diamo il tempo ai russi di trovare altri acquirenti per il proprio petrolio". "Situazione molto grave per gli attivisti in Russia, anche di altre associazioni" "In Russia c'è un ufficio di Greenpeace che, ovviamente, è in grande difficoltà - dice Giannì - Ed è in difficoltà non solo Greenpeace: bisogna rendere merito a tante altre organizzazioni che sin dalla prima settimana dello scoppio del conflitto hanno preso una posizione molto netta contro la guerra. La situazione è molto grave. Noi, anche per motivi di sicurezza, manteniamo al minimo le comunicazione con i nostri colleghi però è chiaro che è una situazione terrificante nella quale non pensavamo davvero di ritrovarci ancora. Il clima di guerra riduce sempre gli spazi di democrazia. In Ucraina non c'è un ufficio di Greenpeace ma operiamo con numerose associazioni sul posto ed è un legame che continuiamo a tenere vivo soprattutto dal versante dei Paesi Est europei. Greenpeace, per quello che può, continua a sostenere l'impegno di chi offre rifugio e assistenza alle troppe persone che fuggono da questo conflitto insensato". di Stefania Marignetti