(Adnkronos) - È tempo di dichiarazione dei redditi: dal 31 maggio sarà possibile inviare il modello 730/2022 precompilato dal sito dell’Agenzia delle Entrate, mentre già in questi giorni è possibile rivolgersi a patronati e commercialisti per inviare il modello 730/2022 ordinario. Mai come quest’anno rivolgersi a un intermediario per l’invio della dichiarazione dei redditi potrebbe essere conveniente: infatti solo coloro che invieranno il modello 730 entro la data del 31 maggio avranno speranza di ricevere un eventuale rimborso Irpef nella busta paga di luglio. Per chi utilizza il modello 730/2022 precompilato c’è dunque un solo giorno a disposizione per inviare la dichiarazione dei redditi e, sperando in un conguaglio a credito, ricevere il rimborso Irpef nella busta paga di luglio, quella in cui il datore di lavoro pagherà anche il bonus 200 euro (e nei settori in cui spetta anche la quattordicesima). Tuttavia non è detto che il modello venga elaborato già nel giorno dell’invio, quindi c’è il rischio di dover comunque aspettare fino ad agosto. Meno rischioso, invece, l’invio attraverso patronati e commercialisti, i quali potendo inviare già da adesso il 730/2022 modello ordinario hanno più tempo a disposizione per rispettare la scadenza del 31 maggio 2022. Ricordiamo comunque che per inviare la dichiarazione con modello 730/2022 c’è tempo fino al 30 settembre: per chi aspetta l’ultimo giorno utile, però, un eventuale rimborso potrebbe arrivare anche a novembre. Devono aspettare fino a dicembre, invece, coloro che presentano il modello 730/2022 senza sostituto d’imposta e riceveranno il rimborso direttamente dall’Agenzia delle Entrate. Solitamente i soldi arrivano entro la fine dell’anno in cui è stata presentata dichiarazione dei redditi, ma il rischio è di arrivare fino a marzo dell’anno successivo per le somme più ingenti. Ancora peggio va a coloro che inviano dichiarazione con modello Redditi Pf, per il quale i tempi di liquidazione sono successivi a quelli del modello 730: il rimborso potrebbe arrivare persino dopo marzo 2023
(Adnkronos) - Nel 2020 il giornalista americano Adam Davidson ha annunciato l’inizio dell'era della passion economy: sempre più persone infatti cercano di trasformare le proprie passioni in fonti di reddito, in particolare grazie alle nuove piattaforme di monetizzazione e agli strumenti che lo rendono più accessibile. Con la pandemia, questo slancio si è accelerato in modo esponenziale. La crisi sanitaria generata dal Covid-19 ha rafforzato lo spirito imprenditoriale degli italiani, accendendo la voglia di arricchire la propria vita lavorativa. Nel 2021, la creazione di società in Italia ha superato i livelli pre-pandemia, con 4.216 startup costituite, il 25% in più rispetto al 2020, secondo i dati pubblicati da Infocamere, ma soprattutto sono state aperte circa 549.500 nuove partite Iva con un incremento del 18,2% in confronto all'anno precedente, secondo l’osservatorio del Mef. Per far luce sul peso dell'economia della passione in Italia, Vista ha presentato i risultati di uno studio che conferma l'attrattiva di questo nuovo paradigma lavorativo tra i lavoratori dipendenti italiani. I risultati dello studio Vista mostrano che il 92% degli italiani ha convertito o vuole convertire la propria passione in un'attività complementare. Sono 3 su 10 gli italiani che hanno giá trasformato il loro hobby in un'attività parallela. Il 13% dichiara addirittura di aver rassegnato le dimissioni dal posto di lavoro a tempo indeterminato negli ultimi 12 mesi o più per dedicarvisi pienamente. Mentre un altro 16% afferma di voler lasciare il lavoro principale nei prossimi 12 mesi per dedicarsi interamente al proprio hobby. In media, il 34% degli intervistati dichiara di dedicare circa 4 ore settimanali alla propria attività complementare, il 29% dalle 5 alle 9 ore e il 63,7%, il 22% tra le 10 e le 14 ore. Il 56% degli italiani intervistati afferma inoltre di lavorare al proprio progetto la sera, dopo il lavoro principale o nei fine settimana (51%). Quasi il 50% però, ammette di aver paura di correre un rischio troppo elevato e afferma che se dovesse avviare un'attività complementare, non saprebbe come iniziare. Secondo Richard Moody, direttore generale Paesi Nordici, Centro e Sud Europa di Vista, "nonostante la crisi, gli italiani non solo non hanno smesso di fare affari, ma hanno sviluppato o stanno sviluppando nuove attività complementari ai loro attuali lavori, ma più legati a hobby e passioni. Se quasi il 33% ha già fatto il grande passo, e il 59,5% lo sta valutando, ci rendiamo conto che questi nuovi imprenditori possono perdersi rapidamente, sia nell'aspetto legale e normativo, ma anche in come promuovere e sviluppare il loro business". "Infatti, quasi il 23% non conosce i requisiti legali o finanziari per avviare la propria attività ed il 21% non ha sufficienti conoscenze di marketing e design per poterla promuovere. Ed è normale, poiché è impensabile che la stessa persona sia esperta in tutti i campi necessari. Per questo Vista vuole essere il partner di fiducia a cui possono rivolgersi tutti gli imprenditori e le piccole imprese che hanno bisogno di sviluppare strategie di marketing, design o stampa”, conclude Moody. Tra chi ha già corso il rischio di fare un primo passo in avanti per avviare un’attività complementare troviamo un equilibrio tra uomini (52,82%) e donne (47,18%), per lo più giovani, tra i 25 ei 34 anni (28%), seguiti dalla fascia di età tra i 35 e i 44 anni (21,8%). Tra gli intervistati che dichiarano di non avere ancora un'attività complementare ma di volerne una, troviamo invece maggior parità tra uomini e donne ma in fasce d’età leggermente più mature, essedo quella tra i 35 ei 44 anni quella predominante (29%) seguita da quella tra i 45 ed i 54 anni (28%). Quali sono le principali passioni che gli italiani avrebbero trasformato o hanno già trasformato nella loro seconda occupazione? I risultati dello studio mostrano che gli hobby o centri di interesse che gli italiani hanno trasformato - o vorrebbero trasformare - in un'attività complementare sono: viaggi 35%; cucina 30%; cura degli animali 21%; arte, design e creatività 19,8%; alimentazione e benessere 17,6%. Anche se non mancano amanti di fotografia e video (17%), del giardinaggio (16%), forma fisica e fitness (15,4%), informatica e tecnologia (14,8%), o dell’intrattenimento (12,8%), tra gli altri. La maggior parte degli italiani intervistati concorda sul fatto che l'attuale generazione ha bisogno di un'attività oltre a un lavoro a tempo pieno per migliorare la propria situazione finanziaria. Non sorprende, quindi, trovare l'aspetto finanziario al vertice dei principali motivi che hanno spinto o potrebbero spingere gli italiani a monetizzare la propria passione. Molti concordano, in definitiva, sul fatto che la pandemia gli abbia fatto ripensare le proprie priorità e li abbia aiutati a dare più spazio alle loro passioni, così come che lo smart working ha aiutato o può aiutarli a gestire più facilmente un'attività complementare.
(Adnkronos) - Yves Rocher Italia cresce e punta, per il 2022, a chiudere sopra i livelli del 2019 . "Abbiamo vissuto dal 2008 al 2020 una crescita consecutiva e costante a doppia cifra - dice all'AdnKronos Carlo Bertolatti, general manager di Yves Rocher Italia - che ci ha portato a chiudere il 2021 con un fatturato di 230 milioni di euro, in linea con i risultati 2020 (dove eravamo cresciuti dell 11% mentre il mercato ha chiuso a -12%). Il peso dei nostri canali è diviso tra 80% social selling e 20% retail". Il 2022 pur essendo "un anno molto complesso" per il Covid "e con l’inflazione iniziata a fine 2021 che sta accelerando con il conflitto Russia-Ucraina, desideriamo comunque chiudere sicuramente sopra i livelli del 2019". Tra gli obiettivi che si è dato Bertolatti, oltre al voler riconfermare il posizionamento di Yves Rocher come marca cosmetica in Italia, c'è quello di continuare a recuperare il fatturato perso nel retail nei confronti del 2019 "e in questo senso le cose vanno meglio di quanto avevamo previsto a fine 2021" spiega. Per il social selling invece, "vogliamo mantenere il nostro fatturato". Il marchio, presente in Italia dal 1984 con un doppio canale distributivo (i punti vendita monomarca e il canale social selling) oggi conta 112 negozi monomarca, circa 300 dipendenti dedicati ai negozi, e insieme alla rete vendita social selling vende oltre 33 milioni di prodotti su tutto il territorio nazionale. "Ad oggi sono 72 i negozi che seguono il modello retail dell'Atelier Lab' - spiega Bertolatti - un concept avente l’obiettivo principale di rendere l’esperienza d’acquisto dei clienti sempre più personalizzata, moderna e dinamica. Stiamo poi sempre di più modernizzandolo il canale del social selling, evoluzione della vendita diretta, cercando di cavalcare i trend digitali che garantiscono oggi un contatto più immediato e capillare". Da quando nell'aprile scorso Yves Rocher è diventato 'società benefit' sono state intraprese diverse iniziative significative, e il brand intende perseguire degli obiettivi concreti sul lungo periodo in tema sostenibilità. "Agiamo su diversi fronti per riuscire a portare avanti i valori di mister Yves Rocher di 'Restituire alla natura ciò che ci ha donato' - sottolinea Bertolatti -. I nostri 20 Laboratori ospitano 200 esperti ricercatori che quotidianamente si impegnano per migliorare naturalità ed efficacia delle formule, cercando di trarre sempre il meglio dalla Natura per la nostra pelle, senza però sfruttare le risorse naturali". A La Gacilly, cuore e paese natale della marca, ci sono anche i botanici, coltivatori, oltre che formulatori e produttori. "L’unione di questi team di esperti - evidenzia Bertolatti - ha dato origine a prodotti e formule con 100% principi attivi vegetali e oltre 600 formule vegane, siamo stati in grado di eliminare 300 ingredienti in più rispetto ai 1.300 vietati dalla normativa europea e ci stiamo impegnando anche sul fronte dell’approvvigionamento responsabile ed etico di tutte le nostre filiere". Già La Gacilly, puntualizza Bertolatti "con le sue 9 piante emblematiche, è membro Uebt (Union For Ethical Bio Trade) e l’obiettivo è quello di riuscire a certificare anche tutte le 250 filiere nel mondo". Un altro aspetto fondamentale come marca riguarda l’innovazione in termini di packaging. "Da una parte - osserva Bertolatti - lavoriamo per cercare di ottimizzare l’impiego di carta e di eliminare completamente l’utilizzo della plastica e ci sono alcuni dei nostri packaging, quelli dei prodotti solidi, con 0% plastica. I nostri flaconi sono realizzati in 100% plastica riciclata e riciclabile già da ottobre 2020 e i nostri pack sono ideati secondo la logica dell’innovazione frugale, pensati per essere ridotti all’essenziale". Diventare Società Benefit ha comportato anche un cambio di denominazione sociale e di statuto. "Questo - ricorda Bertolatti - ha permesso di affiancare agli obiettivi di business, in modo chiaro ed evidente, anche degli obiettivi e finalità di beneficio comune con l’intento di seguire quella che è la missione del Gruppo Rocher di 'riconnettere le persone alla natura". Il prossimo step è quello dell’intero Gruppo, che ha l’obiettivo di diventare B Corp entro il 2025. Tra i progetti sicuramente più pioneristici e visionari c'è Plant For Life, avviato nel 2007. "Questa iniziativa - rimarca - ha permesso di piantare 100 milioni di alberi dalla sua nascita fino al 2020, ed oggi l’iniziativa si muove verso un altro ambizioso traguardo, quello di 135 milioni di alberi entro il 2025. Un’iniziativa che ci sta fortemente a cuore e che siamo riusciti a portare anche in Italia, piantando in un anno oltre 24.000 alberi in 5 delle nostre regioni (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Marche e Lazio). Nel beauty da molti anni l’attenzione si è spostata su prodotti naturali e bio ma per Yves Roches è sempre stata una priorità. "È sempre più evidente - afferma Bertolatti - come la clientela è sempre più esigente e selettiva, non cerca prodotti solo di qualità, ma anche prodotti sostenibili. Quando la marca è stata fondata nel 1959, nessuno parlava o avrebbe mai parlato di sviluppo sostenibile, tuttavia mister Yves Rocher è sempre stato convinto che la sostenibilità sarebbe stata alla base del suo progetto imprenditoriale. Oggi, oltre 60 anni dopo, siamo rimasti fedeli alle convinzioni iniziali e questi temi sono completamente integrati nel Dna della marca, rispondendo anche alle attuali esigenze dei consumatori, sempre più impegnati e attenti alla causa ambientale". Diverse le sfide future per il brand. "Alla base di tutto, come marca - chiosa Bertolatti - il lavoro si focalizzerà sull’innovazione prodotti, sul continuo miglioramento delle performance dei prodotti in termini sicurezza ed efficacia delle formule, e sulle percentuali di naturalità, su tutte le categorie merceologiche, ma in particolare su quelle di skincare e haircare che rappresentano al meglio l’innovazione ed expertise botanica della marca". A livello di filiale italiana, "ci stiamo focalizzando sempre più sulla costante innovazione da apportare alla nostra struttura di vendita multicanale - conclude il general manager di Yves Rocher Italia - caratterizzata dalla presenza di retail (negozi monomarca) e social selling. Obiettivo: far crescere di pari passo entrambi i canali. Tecnologia, omnicanalità e coerenza sono le parole che caratterizzano il nostro 2022".