(Adnkronos) - La Procura generale della Russia ha chiesto alla Corte suprema di riconoscere il reggimento ucraino Azov come una ''organizzazione terroristica''. Lo riporta l'agenzia di stampa Interfax facendo riferimento al sito del ministero della Giustizia russo. La Corte suprema discuterà la richiesta il prossimo 26 maggio. Inoltre, il tribunale valuterà il divieto delle attività del battaglione in Russia. Lo riporta Ura.Ru. Il Presidente della Commissione Esteri della Duma russa, Leonid Slutsky, ha intanto proposto che sia sollevata parzialmente la moratoria contro la pena di morte che, a suo dire, dovrà essere considerata per gli elementi del battaglione di Azov che hanno resistito fino a ieri negli impianti della Azovstal e che si sono arresti e portati in territorio controllato da Mosca. "Se saranno dimostrati i loro mostruosi crimini contro l'umanità, ribadisco la mia proposta per fare una eccezione alla moratoria alla pena di morte in Russia che consenta a un tribunale di considerare la possibilità della pena di morte", ha affermato dopo che il Presidente della Duma, Vyacheslav Volodin, aveva chiesto l'introduzione di un provvedimento per proibire lo scambio dei soldati della Azovstal con prigionieri di guerra russi. "I criminali nazisti non possono essere scambiati", aveva detto. Un'altra colonna di autobus ha intanto lasciato l'acciaieria Azovstal, a Mariupol, con a bordo militari ucraini che hanno lasciato l'impianto assediato. Lo afferma l'agenzia stampa russa Ria Novosti. Gli autobus con a bordo "probabilmente militanti arresi dell'acciaieria Azovstal, accompagnati da mezzi corazzati, si sono diretti verso l'uscita da Mariupol", afferma Ria Novosti, rilanciata dalla Cnn. L'agenzia riferisce anche che non sono stati sparati colpi contro Azovstal per varie ore prima della partenza del convoglio. Da parte ucraina non è giunta nessuna notizia su un nuovo convoglio in partenza da Azovstal dopo quello di ieri sera. Secondo il ministero della Difesa di Kiev, ieri sono stati evacuati 53 soldati feriti e 211 altri militari, tutti portati in zone controllate dai russi. Kiev lavora ad uno scambio di prigionieri.
(Adnkronos) - In Italia possiamo ormai parlare di un ‘paradosso giovani’ perché calano numericamente, ma non riescono a trovare lavoro: senza un dialogo strutturale fra scuola e imprese e nuove politiche di accompagnamento nelle fasi di transizione, non si riuscirà a garantire un’offerta di lavoro non precario alle nuove generazioni. E’ quanto emerso durante un dibattito sull’ultimo numero dell’Osservatorio Cida-Adapt dedicato al lavoro giovanile, fra Mario Mantovani, presidente di Cida, la confederazione dei dirigenti pubblici e privati e delle alte professionalità, Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt e lo studente universitario Davide Ravaioli, follower del programma Aurora. “L’Osservatorio trimestrale sul mondo del lavoro - ha spiegato Mantovani - nasce dall’esigenza di una lettura non convenzionale dei dati statistici per avere una visione delle dinamiche occupazionali più aderente alla realtà e fornire ai manager uno strumento utile ai loro processi decisionali e organizzativi". "I dati - ha aggiunto - una volta ‘spacchettati’ e analizzati mostrano, ad esempio, la scarsa affidabilità delle ‘medie’ statistiche, poco adatte a leggere una realtà molto differenziata sul territorio. Nell’Osservatorio, altro esempio, ci si è concentrati sulla fascia d’età 25-34 anni, perché in quella precedente, 15-24 anni, l’incidenza di chi studia è troppo alta per poterne ricavare dati realistici su disoccupazione e precariato". “Ma - ha ribadito - il fattore che ha pesato di più per capacità di interpretare andamento e tendenze del mondo del lavoro è quello demografico. In 10 anni, dal 2010 al 2020, la coorte dei 25-34enni è diminuita di circa un milione di unità. Una tendenza che non sembra arrestarsi e che, comunque, può essere invertita solo in un lungo arco di tempo. Normalmente, meno giovani domandano lavoro, più dovrebbe essere facile trovarlo. E’ qui che troviamo il ‘paradosso’ del lavoro giovanile, visto che il nostro tasso di occupazione in quella fascia d’età è troppo basso nel confronto con i partner europei: insomma i giovani diminuiscono, ma l’attuale mercato del lavoro non riesce ad assorbirli. Lavoro giovanile scarso e anche caratterizzato da un’alta incidenza di contratti a termine che tende a renderlo sostanzialmente precario e poco pagato". “Come Cida - ha spiegato - esortiamo il decisore politico a intervenire su queste basi, su questi dati rappresentativi di una realtà che spesso sfugge ad un’analisi superficiale. I numeri indicano le strade da seguire: riallacciando il dialogo fra scuola e lavoro, gestendo le fasi di transizione, investendo sulla formazione continua che deve accompagnare tutto l’arco della vita lavorativa". "Come manager - ha chiarito - siamo consapevoli di quanto sia importante la qualità del lavoro che va perseguita investendo sulle risorse umane e che va adeguatamente retribuita. Anche quello delle retribuzioni, infatti, è un tema che va messo al centro di quel ‘patto sociale’ proposto dal Governo: l’Italia non può essere un Paese ‘low cost’ con lavoro poco qualificato, sostanzialmente privo di formazione, distante dal mondo dell’università e della ricerca e poco retribuito. Così ci avvitiamo verso il basso, perdendo potere d’acquisto e impoverendo il Paese".