(Adnkronos) - In occasione del Mese europeo della diversità anche Bper Banca mette in campo una serie di appuntamenti per porre sotto i riflettori il tema Diversity & Inclusion, organizzando il suo primo evento di sensibilizzazione. Si tratta di una 'Diversity Week', della durata di 5 giorni, dal 16 al 20 maggio, ricca di attività interne ed esterne alla banca. Lo annuncia una nota. L’iniziativa rientra nell’ambito del programma 'A Pari Merito', con il quale Bper si impegna a dare vita a un ambiente inclusivo, in cui ciascuno può sentirsi partecipe, compreso e valorizzato per i suoi talenti e nella sua unicità. L’obiettivo è contrastare qualunque forma di pregiudizio sul luogo di lavoro, a prescindere da genere, età, stato di salute, orientamento e identità sessuale, credo religioso, origine etnica o altro. Il programma prevede iniziative per sensibilizzare i dipendenti della Banca, condividere principi e linguaggi, offrire linee-guida chiare e creare occasioni di confronto attraverso workshop, incontri e momenti di riflessione. Ogni giornata sarà dedicata a un aspetto specifico della diversity: genere, orientamento sessuale, età, disabilità e multiculturalità. Per tutta la durata dell’iniziativa, inoltre, verrà proposto il podcast mattutino “Storie Uniche”, dedicato a racconti ad alto impatto emotivo di testimonial esterni sul tema dell’inclusione. L’attività esterna, invece, vedrà come partner Radio Deejay. In particolare, prenderà il via 'Okcomesei – Ogni persona è unica', un progetto che vuole richiamare l’attenzione sul ruolo sociale di Bper Banca e sui temi aziendali condivisi in grado di promuovere una cultura inclusiva, valorizzare l’unicità, sconfiggere stereotipi e pregiudizi e sostenere l’empowerment femminile. Il tutto all’interno del programma 'Pinocchio', condotto da La Pina, Diego e La Vale. Verranno, inoltre, realizzati 4 video girati negli studi dell’emittente radiofonica con protagonisti i tre conduttori. I contenuti sono stati pensati per avere uno stile 'viral' e un’ampia diffusione anche sui social network. "Diversità e Inclusione - ha commentato Flavia Mazzarella, presidente di Bper Banca - sono temi che ci riguardano da vicino. Garantire un ambiente di lavoro in cui tutti abbiano le stesse opportunità, la stessa dignità e la stessa possibilità di portare il proprio contributo è una responsabilità di ciascuno di noi. Non si tratta solo di un imperativo etico: dalla nostra capacità di migliorare l’inclusività e l’equità del Gruppo Bper dipendono la sostenibilità del modello business, la competitività sul mercato e in definitiva il nostro futuro. Costruire un ambiente realmente inclusivo è una formidabile leva di competitività. In un tempo come quello che stiamo vivendo, così ricco di sfide, complessità e incertezza, non possiamo permetterci di perdere contributi e talenti. Siamo perciò ben determinati a impegnarci in un percorso di cambiamento culturale che ci porterà a risultati tangibili solo se sarà costruito sulla convinzione e sull’impegno di tutte e di tutti", ha concluso.
(Adnkronos) - "Trovo del tutto condivisibile la proposta del ministro per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna, e sostenuta dalla gran parte delle forze di governo, di favorire gli investimenti nel Mezzogiorno d’Italia al fine di renderlo polo d’innovazione per tutta l’area euromediterranea". A dirlo il presidente dell’associazione di imprese Cifa Italia, Andrea Cafà, commentando il Forum verso sud organizzato a Sorrento dal ministero insieme con The European House-Ambrosetti. “Sono convinto - ha proseguito Cafà - che il Sud sia indispensabile per il rilancio del nostro Paese. Da qui a breve attrarrà molti investimenti necessari a ricostruire le catene globali del valore in Europa. Da tempo sosteniamo una maggiore sinergia tra pubblico e privato nella gestione di programmi di sviluppo finalizzati a rendere il Mezzogiorno non solo la locomotiva per la crescita dell’intero Paese ma anche il principale attore nella costruzione dell’area euro mediterranea ”. “A questo fine, v anno rafforzati il dialogo e la proposta progettuale con i paesi più stabili dell’area mediterranea, come per esempio il Marocco, intraprendendo un percorso comune che sia principalmente di tipo politico . L’Africa è il continente del futuro e il Sud Italia è l’autostrada per arrivarci. Solo avendo chiaro questo presupposto, si potranno avviare azioni concrete, evitando che il Sud resti destinatario di misure assistenziali nonché oggetto di impegni politici puntualmente disattesi", ha concluso il presidente di Cifa Italia.
(Adnkronos) - di Stefania Marignetti Il biologico ucraino bloccato nei magazzini dove resta invenduto, le esportazioni ferme, un mercato che rischia di saltare completamente, con forti ripercussioni anche sull'Italia che negli anni ha sopperito a una produzione nazionale in costante calo, come quella del mais biologico, attraverso le importazioni, in particolare proprio dall'Ucraina. E' lo scenario che si è aperto con la guerra in corso, "una tempesta perfetta", come la definisce Aldo Cervi, coordinatore della sezione soci e servizi di FederBio. "La situazione che si sta verificando, ad esempio con il mais assolutamente carente in Italia e di cui abbiamo bisogno, viene da lontano. La crisi ucraina ha accentuato questa situazione - spiega Cervi all'AdnKronos - Quello che succede oggi è che abbiamo il mais ucraino bloccato in Ucraina, i contratti sono stati in parte cancellati appellandosi alla causa di forza maggiore perché i produttori ucraini non riescono a farlo uscire dal Paese, il mercato è completamente saltato a fronte di produzioni italiane che hanno vissuto negli anni un costante calo. Una tempesta perfetta che evidenzia criticità precedenti". La produzione biologica ucraina si concentra su seminativi, colture estensive in particolare di frumento, girasole, mais, soia, colza e pisello proteico, colture importanti per l'Italia (soprattutto per il settore dell'allevamento biologico) che importa in particolare mais, soia e girasole. Secondo i dati Sinab, nel 2019 l'Italia ha importato 4.200 tonnellate di mais biologico, di cui 3.000 di origine ucraina; 6mila tonnellate di soia di cui circa 3mila di provenienza ucraina, quindi la metà; 3500 tonnellate di semi di girasole biologici, di cui 2.200 ucraini. Numeri che da soli danno le dimensioni del problema con uno stop delle esportazioni ucraine. E importiamo anche dalla Russia quindi il rischio è quello di un doppio impatto", aggiunge Cervi. "La crisi che stiamo vedendo con le difficoltà di approvvigionamento - spiega Cervi - non è legata alla carenza di prodotto, anche perché in questo momento si sta vendendo il prodotto della campagna agraria dell'anno scorso e sulla base delle informazioni che ho raccolto una buona parte delle semine appena concluse in questi giorni sono state effettuate, pur con difficoltà (si stima che circa un 30% della superficie agricola utilizzata in biologico in Ucraina abbia una accessibilità limitata a causa del conflitto in corso). Il problema è principalmente logistico, legato all'esportazione del prodotto". I principali canali di esportazione prevedono infatti il passaggio e lo stoccaggio del prodotto nei porti e uno spostamento via nave, ma i porti ucraini sono oggi tutti pressoché bloccati. I camion "sono quasi introvabili e con prezzi più che raddoppiati rispetto a febbraio, comunque non adeguati al trasporto di grandi quantità, senza contare che prima di febbraio erano operative nel settore diverse società di trasporto russe e bielorusse - aggiunge l'esperto di FederBio - Si sta cercando di organizzare il trasporto via treno, ma qui si devono rimappare tutti i canali logistici". I produttori ucraini però non sembrano voler gettare la spugna. "Nessun produttore risulta essersi fermato o aver manifestato l'intenzione di uscire dal biologico anche se un 15% si è dichiarato in procinto di fermare l'attività per motivi legati a problematiche quali carenza di carburante o di accesso a risorse finanziarie, e un 32% ha dichiarato un'operatività ridotta rispetto alle normali attività". Di cosa hanno bisogno? "Il 70% ha manifestato la necessità di un sostegno finanziario, poi chiedono sostegno all'esportazione e per la promozione del mercato interno nazionale". Negli ultimi 5-6 anni il settore biologico ucraino si è confermato molto dinamico, vivace e in crescita. La superficie agricola biologica ucraina è passata dai circa 300mila ettari del 2018 ai 460mila nel 2022, un aumento in tre anni del 50%. Se l'Italia ha una superficie agricola nazionale utilizzata in biologico pari al 16% del totale, l'Ucraina viaggia attorno all'1% ma con questa crescita ha sicuramente delle grandissime potenzialità. Ad oggi sono circa 650 gli operatori certificati stimati (erano circa 500 nel 2018), di cui 400 aziende agricole e circa 200 tra trasformatori, esportatori e stoccatori di prodotto e per la restante parte piccole realtà, dagli apicoltori alla raccolta spontanea. "Seicentocinquanta può sembrare un numero ridotto rispetto agli 80mila italiani ma le aziende del biologico ucraino hanno una dimensione diversa dalle nostre: sono aziende di grandi e medie dimensioni, da diverse centinaia ad alcune migliaia di ettari di superficie agricola utilizzata, mentre in Italia la media delle aziende agricole biologiche è di 28 ettari", spiega Cervi. Un biologico, quello ucraino, soprattutto concentrato sull'esportazione. Nel 2020, l'export bio del Paese è stato calcolato in circa 300mila tonnellate, 200mila delle quali verso l'Europa.