(Adnkronos) - Bonus 200 euro, a chi spetta il versamento dell’una tantum prevista dal decreto Aiuti ai dipendenti? La risposta la si trova tra le pieghe del decreto stesso, che fornisce un indizio fondamentale: sono i flussi Uniemens a dire se tocca all’azienda o spetta all’Istituto di previdenza corrispondere l’una tantum al lavoratore subordinato. In pratica, scrive laleggepertutti.it, il datore è tenuto a riconosce il bonus ai dipendenti nella busta paga del mese di giugno ma solo a quelli che hanno beneficiato dello sgravio dello 0,8% nel primo quadrimestre. A tutti gli altri ci dovrebbe pensare l’Inps. Il provvedimento approvato dal Governo, infatti, prevede l’una tantum per dipendenti, pensionati, percettori di reddito di cittadinanza o di Naspi o Dis-coll, e per i dipendenti che nel 2021 non hanno avuto un reddito superiore a 35mila euro. Ma stabilisce anche che il datore di lavoro deve riconoscere i 200 euro a chi almeno una volta, nel primo quadrimestre 2022, è stato interessato dello sgravio contributivo dello 0,8 per cento. Ecco perché, ad esempio, sarà l’Inps ad erogare il bonus ai lavoratori domestici, dato che non sono beneficiari dello sgravio e, quindi, non possono ricevere alcunché dai loro datori. Come si fa, a questo punto, ad evitare che qualcuno prenda due volte il bonus (una dall’azienda e l’altra dall’Istituto) oppure che non lo prenda affatto? Il decreto prevede che l’Inps paghi il bonus a determinate categorie di lavoratori solo dopo aver verificato che nel mese di luglio non abbiano già avuto il beneficio. Si parla, ad esempio, di stagionali, lavoratori a termine o intermittenti, iscritti all’ex Enpals, ecc. che in questo periodo potrebbero essere alle dipendenze di un datore. L’Istituto dovrà controllare dal flusso Uniemens di luglio 2022 che non abbiano avuto l’una tantum dal datore presso il quale prestano la loro attività. Se nessuno ha pensato a loro, lo farà l’Inps. Sarà sempre l’Istituto di previdenza a corrispondere in automatico il bonus 200 euro a chi nel 2021 ha beneficiato dell’indennità Covid prevista dal decreto Sostegni dello scorso anno. Dovranno, invece, presentare domanda: i lavoratori domestici che abbiano in essere uno o più rapporti di lavoro al 18 maggio 2022; i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa in essere al 18 maggio 2022 che non siano iscritti ad altre forme di previdenza e che non abbiano avuto nel 2021 un reddito derivante dai co.co.co. superiore a 35mila euro; i lavoratori stagionali a termine o intermittenti che nel 2021 hanno avuto almeno 50 giornate lavorative o 50 contributi settimanali ed un reddito non superiore a 35mila euro; i lavoratori iscritto al Fondo dello spettacolo (ex Enpals) che nel 2021 hanno avuto almeno 50 giornate lavorative o 50 contributi settimanali ed un reddito non superiore a 35mila euro; i lavoratori autonomi occasionali, senza partita Iva, che risultano privi di altra forma previdenziale obbligatoria, sono iscritti all’Inps al 18 maggio 2022 ed hanno almeno un contributo mensile accreditato nel 2021; i venditori a domicilio titolari di partita Iva, iscritti alla gestione separata, che hanno avuto nel 2021 un reddito superiore a 5mila euro.
(Adnkronos) - Con i porti bloccati e l'export dei cereali al palo (che ora non si sa nemmeno più bene dove mettere in attesa di poterli portare fuori dal Paese), l'effetto della guerra in Ucraina si fa sentire e preoccupa la sicurezza alimentare dei Paesi più esposti. Ma c'è di più, perché il caro energia si sta traducendo in un 'caro-fertilizzanti' con cui l'agricoltura globale dovrà fare i conti. Primo, i porti. E' dal Mar Nero che i cereali, principalmente grano, viaggiavano verso le proprie destinazioni, prima della guerra. Ora "i porti sono inagibili e quel po' che si riesce a spedire ha costi altissimi di spedizione e assicurazione, praticamente improponibile. La maggior parte delle esportazioni ora funziona su ferro, su gomma o per via fluviale, tre metodi che non hanno la capacità di far uscire dal Paese tonnellate di grano con la stessa velocità con cui uscivano dal Mar Nero: ci sono file lunghissime sulle strade e sulle ferrovie, con veicoli e vagoni in coda per 2, 3, 4 settimane per poter uscire dal Paese", spiega all'AdnKronos Mario Zappacosta, economista senior divisione mercato e commercio della Fao. Ma in Fao c'è anche un'altra "enorme" preoccupazione che riguarda un impatto più trasversale e globale della guerra in Ucraina sulla sicurezza alimentare e l'agricoltura internazionali: "l'aumento del prezzo dell'energia. L'agricoltura è grande utilizzatrice di energia, anche attraverso l'uso dei fertilizzanti azotati che sono un prodotto energetico e il costo della loro produzione è estremamente legato al costo dell'energia: un'energia cara, causa fertilizzanti cari. A questo si aggiunge il fatto che la Russia è il principale esportatore di fertilizzanti. Tutto questo causa un aumento dei prezzi e una scarsità di fertilizzanti sul mercato mondiale. Questo - spiega Zappacosta - sarà un problema per Paesi poveri, Paesi ricchi e per tutti i prodotti: ci sarà probabilmente una riduzione di prodotti per le aree seminate in quanto gli agricoltori prevedono un aumento dei costi e, nel caso in cui le superfici saranno seminate, ci potrebbe essere una riduzione delle rese causata da una minore applicazione dei fertilizzanti. Quindi: minori rese, minori produzioni, aumento ulteriore dei prezzi degli alimenti che già nel 2021, prima della guerra, erano a livelli record. Parliamo quindi di record su record". "La Fao gestisce un indicatore dei prezzi alimentari internazionali e quello che registriamo è un livello di questo indice che non si è mai verificato da quando la Fao lo ha inventato, nel 1990. Cose mai viste". Prezzi record, dunque, già prima della guerra in Ucraina, "a causa di forti siccità che si erano verificate in alcuni Paesi tra i maggiori produttori del mondo, come America Latina e Stati Uniti, che avevano ridotto le rese. Prima della guerra, già da un paio di anni la situazione dell'insicurezza alimentare era in fase di deterioramento. Alle tante sciagure tradizionali, dal fattore climatico alle crisi economiche locali e i conflitti, si era aggiunta la crisi indotta dal Covid che ha meso in ginocchio le economie locali. E proprio adesso che il Pianeta stava mettendosi alle spalle questo periodo guardando al rilancio economico, è scoppiata la guerra. Piove sul bagnato, come si dice, e a pagare sono sempre i più poveri". "L'allerta è sui Paesi che sono forti importatori e consumatori di grano, dipendenti dal mercato internazionale: Nord Africa e Medioriente. In particolare Yemen e Libano, ma anche Sri Lanka che stiamo seguendo con preoccupazione, e Laos". Con quali conseguenze? "Le primavere arabe furono scatenate da un problema di tipo alimentare, c'è dunque il rischio che il malcontento sociale possa poi essere una conseguenza di questi scenari, abbastanza preoccupante, sui prezzi internazionali". Per quanto riguarda l'Europa, "il prezzo dei fertilizzanti sarà caro anche per noi e questo porterà a un aumento dei costi di produzione e quindi dei prodotti europei. Questo vale un po' per tutti a livello globale". La soluzione? "La Fao lo dice da sempre: la pace è il fattore principale affinché le cose vadano bene, se una regione o un Paese è in guerra tutto diventa più complicato e a volte le strategie diventano sub-ottimali rispetto a una situazione di pace". "La Fao sta lavorando a un meccanismo di finanziamento alle importazioni alimentari. L'idea è di creare un fondo finanziario a livello globale con credito agevolato a cui potrebbero avere accesso i Paesi più vulnerabili a rischio di aumento di insicurezza alimentare nel caso in cui non fossero in grado di acquistare sui mercati internazionali", aggiunge Zappacosta, ricordando che la Fao "sostiene gli agricoltori, in particolare i piccoli agricoltori, affinché possano seminare e portare avanti le produzioni e quindi avere un raccolto, con programmi di distribuzione di semi e input agricoli. Poi, ci sono delle raccomandazioni generali che la Fao rivolge ai vari Paesi, per esempio raccomandiamo che il commercio alimentare e dei fertilizzanti rimanga quanto più aperto perché se cominciamo a mettere barriere doganali e quindi alle esportazioni questo non fa altro che esasperare la situazione sui mercati internazionali con ulteriori incrementi di prezzo".