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(Adnkronos) - Quanto accaduto "non è stato all'altezza" degli standard richiesti a una leadership e "molti resteranno sgomenti per il fatto che un comportamento di questo tipo abbia avuto luogo nel cuore del governo". Lo scrive Sue Gray nel rapporto 'partygate' che inchioda alle loro responsabilità funzionari britannici di alto livello, compreso il primo ministro Boris Johnson, per aver violato le norme anti-Covid durante il lockdown. Riferendosi a un evento tenutosi il 18 giugno 2020 - una festa nell'Ufficio di gabinetto per celebrare la partenza di un funzionario di Downing Street - Gray parla di una quantità eccessiva di alcol consumata. "L'evento è durato diverse ore" e "c'è stato un consumo eccessivo di alcol da parte di alcuni individui", afferma il rapporto, che parla anche di "un piccolo alterco" tra due dei presenti. "Mi assumo la piena responsabilità di tutto ciò che è accaduto sotto il mio sguardo". Così il primo ministro britannico, Boris Johnson, parlando ai Comuni dopo la diffusione del rapporto integrale sullo scandalo 'partygate', le feste che si sono tenute a Downing durante il lockdown in violazione delle norme anti-Covid. Nel suo intervento Johnson ha ringraziato l'autrice del rapporto, Sue Gray, e Scotland Yard per le loro indagini e ha ripetuto le sue "scuse" per le feste 'illegali'. Il primo ministro ha sottolineato che questa è la sua prima opportunità per "definire il contesto" e che le proposte di "cambiamento e riforma" di Downing Street sono in fase di attuazione. "Queste persone lavoravano per tantissime ore", ha proseguito il primo ministro, pur riconoscendo che "questi incontri sono andati molto oltre del necessario e hanno chiaramente violato le regole". Sulle polemiche nate dopo le sue precedenti affermazioni in Parlamento, quando a precisa domanda replicò che non c'erano state feste a Downing Street e che tutte le regole erano state rispettate, Johnson ha precisato di non aver fuorviato consapevolmente il Parlamento, dicendo che all'epoca era ciò che "credeva fosse vero". Il primo ministro si è infine detto "mortificato" per quanto accaduto. "Voglio concludere dicendo che, nonostante gli errori, continuo a credere che i dipendenti pubblici e i consiglieri in questione siano brave persone che lavorano sodo, motivate dalla più alta vocazione a fare il meglio per il nostro Paese", ha detto.
(Adnkronos) - "Nel Jobs act troviamo il tentativo di riformare il mercato del lavoro, e non solo il diritto del lavoro, come è avvenuto invece in tutti gli altri tentativi di legiferazione nel settore. E' una riforma che, sia dal punto formale sia dal punto di vista sostanziale, basandosi sul principio della Flexisecurity, ha immaginato il 'movimento' del cittadino-lavoratore all'interno del mercato del lavoro nel corso del tempo. Il Jobs act puntava a creare una struttura del diritto del lavoro così semplice e agile capace di reggere gli urti dei cambiamenti sempre più rapidi del mercato del lavoro, attraverso la semplificazione delle forme e l'attivazione del controllo. Ritorniamo al Jobs Act e completiamo quella riforma. Sì può sintetizzare così il significato di fondo di questo libro". Così, con Adnkronos/Labitalia, il giuslavorista Francesco Rotondi, founder dello studio LabLaw, autore del libro 'Jobs Act for ever', edito da Rubbettino, parla del volume uscito da poche settimane in libreria, in cui ripercorre e descrive i contenuti della riforma del lavoro del Governo Renzi. Il libro verrà presentato oggi a Roma, al Palazzo dell'Informazione del Gruppo Adnkronos, a partire dalle 17.30, nel corso di un appuntamento a cui prenderanno parte, oltre all'autore: Maurizio Del Conte, professore ordinario di Diritto del Lavoro presso Università Bocconi di Milano che ha curato la prefazione; Claudio Durigon, già sottosegretario di Stato al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; Nicola De Marinis, consigliere presso la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro; Nicola Marongiu, coordinatore area della contrattazione e del mercato del lavoro Cgil; Francesco Napoli, vicepresidente nazionale Confapi; Massimo Marchetti, area lavoro welfare e capitale umano Confindustria. "Le politiche attive introdotte dal Jobs act sono tutte quelle di cui oggi si sente la mancanza, trovandoci indietro rispetto ad altri Paesi europei. E' stato sbagliato non prevedere determinare risorse per le politiche attive", spiega Rotondi. Il testo redatto da Rotondi evidenzia gli aspetti più innovativi di questo impianto di riforma e soprattutto la necessità di ripartire dal Jobs Act per portare a compimento quell’idea di cambiamento e per giungere finalmente a un mercato del lavoro più moderno e attuale, capace realmente di coniugare flessibilità e diritti. Il complesso degli interventi di riforma che va comunemente sotto il nome di Jobs Act - si ricorda nel testo - ha interessato tre macro-ambiti nei quali tradizionalmente si articola il diritto del lavoro: mercato del lavoro, forme e regole contrattuali, ammortizzatori sociali. Gli otto decreti legislativi, entrati in vigore nelle tre tornate di marzo, maggio e settembre del 2015, hanno introdotto ex novo o significativamente rivisitato una pluralità di regole del contratto di lavoro: dal contratto di lavoro subordinato 'a tutele crescenti' alla realizzazione di un sistema generalizzato di tutela del reddito contro la disoccupazione involontaria; dalla creazione di una rete nazionale dei servizi per le politiche attive del lavoro alla ridefinizione dell’intervento della cassa integrazione guadagni; dalla introduzione di nuovi strumenti di conciliazione tra tempo di vita e tempo di lavoro a una più efficace tutela della lavoratrice madre; dalla semplificazione delle regole e delle tipologie contrattuali esistenti al rafforzamento del sistema di contrasto al lavoro irregolare. L’obiettivo che ha accomunato il complesso dei provvedimenti è stato la realizzazione nel nostro Paese di un mercato del lavoro più inclusivo ed efficiente, per contrastare il pesante divario di partecipazione tra giovani e adulti, donne e uomini, autonomi e subordinati, precari e protetti" "Nel corso degli ultimi trent’anni -sottolinea Rotondi- abbiamo avuto innumerevoli interventi normativi in materia di lavoro che cercavano di sanare situazioni di crisi con provvedimenti straordinari ma senza un vero e proprio tentativo di ridisegnare le materie secondo le nuove regole che il mercato, non più locale, imponeva. Molti i temi di riforma del lavoro sono stati affrontati in questi anni, consideranti come rilevanti e necessari per immaginare un’economia e una società che possa avere un futuro, ma mai attivati e implementati secondo la loro reale valenza. Mai realmente condivisi sotto il profilo sostanziale". "Solo una lettura politicamente orientata può non vedere come il Jobs Act sia stato, invece, il tentativo più serio e strutturato volto a invertire lo stato dell’arte dell’intero mondo del lavoro. In esso vediamo realizzarsi una vera e propria azione di cambiamento che non si sarebbe attuata unicamente abrogando norme o introducendo commi e provvedimenti straordinari; in esso è evidente il tentativo di ridisegnare, riscrivere alcune parti dello storico diritto del lavoro accogliendo istanze relative all’oggi con uno sguardo verso il futuro”, conclude Rotondi. "Quella sull'articolo 18 e il Jobs act è una polemica sterile, non confortata dai dati statistici, ma culturale, ideologica. L'articolo 18 una protezione dei lavoratori? Secondo me, la protezione dei lavoratori non è l'articolo 18: l'esperienza ci insegna che, anche in presenza del vecchio articolo 18 in periodo pre-riforma Fornero, i contenziosi che avevano come oggetto i licenziamenti si chiudevano per il 90% in forma stragiudiziale e cioè con una transazione di tipo economico, e anche quando si finiva in tribunale c'era una percentuale bassissima che finiva con una reintegrazione", continua Rotondi. Secondo Rotondi, con il Jobs Act si puntava "a un sistema che vede il licenziamento non come la morte civile ma come un passaggio da un lavoro a un altro". "E questo lo puoi fare solo rendendo più semplice la ricollocazione, destinandogli dei fondi e non indirizzandoli a un'attività sanzionatoria come è l'articolo 18", conclude.
(Adnkronos) - Cosmesi naturale: gli ingredienti fermentati sono uno dei trend dell’estate 2022 grazie alla loro capacità di preservare la flora microbica naturale della pelle, il microbiota, e di tutelare il Pianeta attraverso l’utilizzo di fonti vegetali che rendono questi prodotti green e cruelty free. A segnalare la tendenza dell'estate è Natrue, Associazione Internazionale per la Cosmesi Naturale e Biologica. "I cosmetici con estratti fermentati utilizzano un processo naturale già noto in ambito alimentare che negli ultimi anni si è diffuso anche nel settore della cosmesi: la fermentazione, che grazie all’azione di batteri, lieviti e microrganismi rende questi ingredienti più efficaci e compatibili con la pelle - spiega Natrue - In particolare, grazie alla fermentazione si può ottenere un potenziamento dei principi attivi dovuto alla maggiore biodisponibilità dei nutrienti e un aumento del contenuto di antiossidanti, enzimi, vitamine e peptidi che rendono gli ingredienti fermentati protagonisti di molte creme per il viso, tonici e sieri antiage". Efficace sulla pelle, la fermentazione applicata ai cosmetici è anche green. Perché "le sostanze ottenute attraverso la fermentazione di materie prime vegetali (rinnovabili), invece che con processi chimici da fonti fossili, possono ridurre l’impatto ambientale dei cosmetici, in risposta alla crescente attenzione dei consumatori verso questi temi". L’associazione no profit Natrue, che oggi vede sotto il suo marchio di certificazione più di 6.400 prodotti, sostiene e promuove i metodi fermentativi. Grazie a un rigido standard che consente di certificare prodotti e ingredienti a base di ingredienti naturali, biologici e privi di Ogm, nonché l’impiego di processi di approvvigionamento e di packaging sostenibili, l’associazione opera per arginare il fenomeno del greenwashing, la tendenza a dichiarare naturali e biologici prodotti che in realtà non lo sono. “In un settore che si evolve in fretta sotto la spinta della maggiore richiesta di prodotti naturali e biologici da parte dei consumatori, il nostro marchio si impegna non solo ad affiancare i brand ad ampliare l’elenco di prodotti certificati, ma anche a divulgare e far conoscere tendenze e soluzioni efficaci che tutelano l’ambiente e la salute delle persone. In questo senso la fermentazione offre una grande opportunità di innovazione per il settore e rappresenta un’ulteriore strada verso la sostenibilità”, ha commentato Mark Smith, direttore generale di Natrue.