(Adnkronos) - dall’inviata Assunta Cassiano E’ attesa per il prossimo 9 giugno la sentenza d’Appello del processo sul caso dell’espulsione di Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua avvenuta nel 2013. Il collegio presieduto da Paolo Micheli dovrà decidere sui sette imputati tra i quali l’ex capo della Squadra Mobile di Roma ed ex questore di Palermo Renato Cortese e l’ex capo dell’ufficio immigrazione ed ex vertice della Polfer Maurizio Improta. In quella data, concluse le repliche dei difensori che non hanno preso la parola nell’udienza di questa mattina, i giudici entreranno in camera di consiglio. La procura generale di Perugia nell’udienza del 14 aprile scorso al termine della requisitoria aveva sollecitato una condanna a quattro anni per sequestro di persona per Cortese (l'uomo che catturò il boss della mafia Bernardo Provenzano), per Maurizio Improta e per i poliziotti Francesco Stampacchia e Luca Armeni. Due anni e otto mesi la richiesta per Vincenzo Tramma con il riconoscimento delle attenuanti generiche. L’assoluzione è stata sollecitata invece per il poliziotto Stefano Leoni e per il giudice di pace Stefania Lavore "perché il fatto non costituisce reato". Per le accuse di falso la procura generale ha chiesto il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione. In primo grado, il 14 ottobre del 2020, Cortese, Improta, Stampacchia, Armeni erano stati condannati a una pena di cinque anni di reclusione e all’interdizione perpetua dei pubblici uffici, il giudice di pace Stefania Lavore a due anni e sei mesi e gli altri poliziotti, Stefano Leoni a tre anni e mezzo di reclusione mentre Vincenzo Tramma a quattro anni. Condanne che, ad eccezione del giudice di pace, avevano visto il riconoscimento oltre che per i falsi, anche del reato di sequestro di persona. "Questo è un processo delicato - ha detto oggi durante le repliche il procuratore generale di Perugia Sergio Sottani - anche per i principi costituzionali che sono sullo sfondo di questo procedimento. Shalabayeva era un soggetto vulnerabile". "Questi funzionari - ha affermato il sostituto procuratore generale Claudio Cicchella - non hanno voluto vedere la complessità del quadro che avevano davanti. Hanno ancorato la loro azione a presupposti minimi: una ritenuta falsità del passaporto, un pericolo di fuga. Ma il quadro non era così semplice, era molto complesso. L’attenzione è caduta su questa donna perché - ha sottolineato Cicchella - quello che era stato chiesto alla polizia non era stato ottenuto e il suo rimpatrio sarebbe stata comunque un’utilità per i kazaki". Ha invece fatto appello al ruolo svolto dal suo assistito nell'arresto del super boss Provenzano l'avvocato Franco Coppi, difensore di Renato Cortese. "La vostra sentenza - ha sottolineato - cadrà quasi in coincidenza con gli anniversari delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio, e in questi giorni si è sottolineato come con la cattura di Bernardo Provenzano ci fu una svolta nella lotta alla mafia, e il merito - ha detto Coppi - va a Renato Cortese e a tutti gli uomini che lavorarono per quella cattura, un uomo che non ha mai tradito il giuramento di fedeltà fatto. In quest’aula avete ascoltato l’allora procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il pm Eugenio Albamonte. Potete dire che i due magistrati sono stati tratti in inganno? Non c’è stato alcun inganno e tutto si è svolto secondo procedura - ha sottolineato durante le repliche - Se parliamo di un sequestro di persona è necessario che tutto l’ufficio immigrazione lo abbia deciso e che si siano messi d’accordo con la Squadra Mobile e la Digos. Il fatto poi che si continui a dire ‘sospetto’ passaporto falso di un passaporto falso - ha concluso - non è certo una risposta agli argomenti della difesa". "Non c'è stata alcuna pressione per espellere Alma Shalabayeva", ha affermato l’avvocato Bruno Andò, difensore di Maurizio Improta. "Una donna che aveva un documento falso, non una povera migrante venuta dall’Africa senza documenti in cerca di asilo: aveva un documento e quel documento era falso. Improta non è stato né il burattinaio della Procura né l’alfiere del dottor Cortese, ma il supervisore di una procedura che non poteva avere esito diverso", ha aggiunto il penalista. "Non c'è stato nulla di anomalo - ha sostenuto l’avvocato Andò - Se Alma Shalabayeva non fosse stata la moglie del dissidente le cose non sarebbero cambiate perché - ha concluso - era una clandestina con passaporto falso".
(Adnkronos) - E' ora ufficiale: il Vino Nobile di Montepulciano è la prima denominazione italiana ad aver ricevuto il marchio di certificazione di sostenibilità secondo lo standard Equalitas. La notizia è stata annunciata nella sede di Federdoc, tra i partner del percorso, in occasione della presentazione del traguardo che ha riguardato la denominazione toscana come la prima in Italia in questo senso. "L’obiettivo che ci siamo posti fin dall’inizio del percorso - dichiara Andrea Rossi, presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano - lo abbiamo ritenuto da subito strategico poiché per raggiungerlo abbiamo favorito 'un cambiamento culturale' nelle nostre imprese con l’obiettivo di modificare progressivamente il profilo produttivo e organizzativo con metodi e tecniche di produzione più rispettosi dell’ambiente e del paesaggio, ma soprattutto nella direzione di garantire un elevato standard di valori etici, sociali ed economici, che rafforzeranno la coesione tra le nostre imprese e tra queste e il territorio guardando quindi a una dimensione ambientale, economica e etico-sociale dove il rispetto dei valori e dei diritti collettivi gioca un ruolo centrale in questo processo". "Quello dato dal Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano è un segnale importante per l’intero settore delle denominazioni del vino del nostro Paese - sottolinea Riccardo Ricci Curbastro, presidente Equalitas - e giunge a conferma che il percorso intrapreso da Federdoc ha nello standard Equalitas un punto di riferimento di assoluto valore. Il viaggio verso un Italia del vino sempre più sostenibile prosegue spedito e, soprattutto, rappresenta ormai di fatto un valore etico ed economico fondamentale nel posizionamento delle nostre etichette sui mercati mondiali". La visione di sostenibilità a Montepulciano nasce in tempi non sospetti. Negli anni 1985/1990, grazie alla sensibilità del Consorzio e al sostegno del Comune di Montepulciano, fu creata una rete di stazioni meteorologiche installate su tutto l’areale di produzione per la rilevazione dei dati meteo. In base alle condizioni riscontrate, a cadenza settimanale gli esperti agronomi emanavano il 'messaggio verde'. Di fatto uno strumento operativo a favore delle aziende che permetteva di razionalizzare gli interventi di difesa fitosanitaria con la conseguente limitazione dell’utilizzo di presidi chimici. Nei primi anni ’90 il Consorzio fu tra i primi in Italia ad indagare i terreni produttivi tramite un progetto di zonazione denominato 'Vino Nobile Di Montepulciano Zonazione e Valorizzazione Del territorio' che interessò i vigneti di produzione nel triennio 1992/1994. Fu condotto dal gruppo di ricerca in viticoltura presso l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige con il fondamentale apporto dell’allora Istituto Sperimentale per lo studio e la difesa del Suolo di Firenze. La sezione clima fu trattata dall’Istituto Sperimentale per la viticoltura di Arezzo. Il progetto ha prodotto una carta tematica per la gestione del territorio di produzione ancora oggi attuale e basilare per gli studi che si sono susseguiti. Intorno al 2006, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, è nato un progetto per lo smaltimento di scarti biologici dalle vigne per la realizzazione di biomassa da combustione per il sostegno energetico a plessi scolastici e amministrativi. Nel 2015 il progetto della Carbon Footprint del Vino Nobile di Montepulciano diventa un modello su scala nazionale. Il sistema che calcola l’“impronta di carbonio” del ciclo produttivo di una bottiglia di Vino Nobile, ovvero le emissioni di CO2 derivanti dalla realizzazione del pregiato vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita, è stato infatti riconosciuto da un gruppo di istituzioni ed aziende che operano ai massimi livelli nel campo della qualità e delle relative certificazioni e che abbineranno quindi il proprio nome a quello del progetto. L'idea di misurare la Carbon Footprint della Docg di Montepulciano e di attivare una serie di pratiche per la diminuzione o la compensazione della emissioni di anidride carbonica è stata presentata in occasione dell’Anteprima del Vino Nobile 2014 dal Comune di Montepulciano (che ha finanziato il progetto), dal consorzio dei produttori e dall’Università Marconi di Roma, incaricata della realizzazione tecnico-scientifica. Il programma, che ha ricevuto il patrocinio della Regione Toscana, della Provincia di Siena e della Camera di Commercio provinciale, in circa un anno è passato dalla fase progettuale a quella sperimentale grazie a una piattaforma di raccolta dati testata con l’Università Marconi di Roma. I produttori hanno all’epoca prontamente compreso la portata rivoluzionaria del progetto, esprimendo convincimento ed entusiasmo; stesso atteggiamento ha manifestato il Gambero Rosso, voce leader a livello internazionale nell’informazione eno-gastronomica, che ha ugualmente garantito il proprio appoggio per il “lancio” della notizia e per la relativa campagna. Questo progetto è stato premiato nel 2015 alla Smau di Milano come “Smart Communities”. La presenza in Montepulciano di una cantina che è diventata simbolo e modello di queste pratiche, Salcheto, e la vicepresidenza del marchio Equalitas, Michele Manelli, suo titolare, hanno dato un’ulteriore spinta alle attività che hanno oggi portato a questo riconoscimento. Lo standard Equalitas (www.equalitas.it), elaborato dall’omonima società italiana controllata da Federdoc, consente la certificazione di sostenibilità dell’Organizzazione, ovvero della singola impresa vitivinicola, dei prodotti vitivinicoli e delle Denominazioni di Origine. Lo standard è studiato espressamente per il settore vitivinicolo ed è certamente tra i più all’avanguardia a livello internazionale, l’unico a prevedere anche la certificazione delle denominazioni di origine. Equalitas è un protocollo molto impegnativo che implica il rispetto di un numero elevato di requisiti ambientali, come la misurazione dell’impronta carbonica e dell’impronta idrica, e socio economici, come la verifica del rispetto delle libertà sindacali e delle pari opportunità. Inoltre, Equalitas prevede anche il raggiungimento di obiettivi progressivi e la stesura di un bilancio di sostenibilità nel quale presentare e comunicare i risultati ottenuti. Un miliardo di euro circa: è questa la cifra che quantifica il Vino Nobile di Montepulciano tra valori patrimoniali, fatturato e produzione. Circa 65 milioni di euro è il valore medio annuo della produzione vitivinicola, senza contare che circa il 70% dell’economia locale è indotto diretto del vino. Una cifra importante per un territorio nel quale su 16.500 ettari di superficie comunale, circa 2.000 ettari sono vitati, ovvero il 16% circa del paesaggio comunale è caratterizzato dalla vite. Di questi 1.210 sono gli ettari iscritti a Vino Nobile di Montepulciano Docg, mentre 305 gli ettari iscritti a Rosso di Montepulciano Doc. A coltivare questi vigneti oltre 250 viticoltori (sono circa 90 gli imbottigliatori in tutto dei quali 75 associati al Consorzio dei produttori). Circa mille i dipendenti fissi impiegati dal settore vino a Montepulciano, ai quali se ne aggiungono altrettanti stagionali. Nel 2021 sono state immesse nel mercato 6,8 milioni di bottiglie di Vino Nobile (+21,4% rispetto al 2020) e 2,6 milioni di Rosso di Montepulciano (+6,4% rispetto al 2020).
(Adnkronos) - Si è appena celebrata la Giornata Mondiale della Biodiversità (22 maggio), l'occasione per riflettere non solo sulle perdite che stiamo infliggendo agli ecosistemi animali e vegetali, ma anche sulle contromisure da prendere per evitare il peggio. Come la richiesta che arriva dal WWF Italia: l'istituzione del Garante della Natura, una figura di garanzia che sul tema natura possa svolgere funzioni regolatorie, di vigilanza, di controllo e monitoraggio, di accertamento e di risoluzione dei conflitti. In pratica una vera e propria Authority che, come avviene già per altri settori sensibili, vigili sulle azioni rispetto agli obiettivi fissati nella Strategia Nazionale per la Biodiversità, e che sia dotata anche del potere di richiamare i soggetti coinvolti nell’attuazione delle misure. Per sostenere la proposta è anche possibile sottoscrivere una mobilitazione popolare.