(Adnkronos) - Aumentare gli sforzi e le pressioni per arrivare alla pace in Ucraina. Perché, oltre al costo in termini di vite umane, la guerra sta erodendo l'economia e uropea e italiana . Nel frattempo, per ridurre i danni all'economia, il governo italiano deve intervenire sul cuneo fiscale per ridare potere d'acquisto alle famiglie e sostenere con misure più incisive le imprese energivore, in forte sofferenza per l'aumento del prezzo dell'energia. "Condivido la linea del presidente del Consiglio Mario Draghi" sulla richiesta che Stati Uniti e Russia si parlino per trovare un accordo in Ucraina, dice all'Adnkronos il presidente di Confindustria Lombardia, Francesco Buzzella. Oltre alla distruzione in Ucraina, la guerra sta provocando "danni incredibili per noi europei, che rischiamo una profonda crisi, e per Africa e Medio Oriente, che comprano il 90% delle derrate alimentari, come grano e frumento, da Russia e Ucraina". Il conflitto, che dura da quasi tre mesi, ha acuito i problemi legati ai rincari di materie prime ed energia dovuti alle strozzature nelle catene di approvvigionamento. E ora le economie europea, italiana e lombarda stanno iniziando a subirne gli effetti. Il Pil dell’eurozona, secondo le previsioni economiche della Commissione europea, è ora fissato al 2,7% nel 2022 e al 2,3% nel 2023. Nelle precedenti stime era rispettivamente al 4% e al 2,8%. E per l’Italia la frenata è ancora più brusca: la crescita sarà del 2,4% quest'anno e dell'1,9% il prossimo, contro i precedenti 4,1% e 2,3%. "Se ci sarà una frenata dei consumi, se i prezzi non scenderanno abbastanza e se la guerra continuerà prolungando il clima di incertezza, l'impatto sarà importante", continua Buzzella. Nel primo trimestre del 2022 la produzione industriale della Lombardia ha registrato un incremento dell'1,8% sul trimestre precedente contro un dato nazionale negativo. "Non illudiamoci sui dati dei primi tre mesi, perché i prossimi trimestri saranno negativi". Tanto che il secondo trimestre dovrebbe segnare una flessione del 2% del Pil a livello nazionale. A pesare sull'economia, sottolinea il presidente di Confindustria Lombardia, ci sono ora due elementi in particolare. Il primo è che con il continuo aumento dei prezzi dovuto al tasso di inflazione "si è arrivati al punto che il consumatore finale si 'ribella'". Il secondo punto "è la guerra, che crea incertezza, il principale nemico dell'economia. E con l'incertezza tante idee di acquisto vengono accantonate". Con un armistizio o una pace e il ritorno di un clima di fiducia "la gente potrebbe tornare a vivere e spendere, ma fino a quel momento la sfiducia e l'incertezza avranno un impatto importante sugli acquisti". Il governo, dice Buzzella, deve quindi intervenire in maniera decisa. Sul lato delle famiglie, "che hanno un problema di potere di acquisito, bisogna agire sul cuneo fiscale. Visto che si parla di un extragettito importante per quest'anno, si potrebbe destinarne una parte alla riduzione del cuneo per dare più potere d'acquisto". Sul fronte delle imprese "bisogna limitare veramente il prezzo dell'energia per le imprese energivore, altrimenti diventa veramente difficile competere con i concorrenti stranieri. Occorre fare uno sforzo ulteriore". Il governo, riconosce Buzzella, ha approvato qualche intervento contro il caro energia, "ma è difficile compensare un aumento che fra famiglie, imprese e terziario arriva a superare i 100 miliardi di euro". Tenere i conti pubblici italiano in ordine "è corretto -conclude- ma bisogna anche pensare che le aziende danno lavoro e crescita. Bisogna dosare molto bene gli sforzi".
(Adnkronos) - In Italia possiamo ormai parlare di un ‘paradosso giovani’ perché calano numericamente, ma non riescono a trovare lavoro: senza un dialogo strutturale fra scuola e imprese e nuove politiche di accompagnamento nelle fasi di transizione, non si riuscirà a garantire un’offerta di lavoro non precario alle nuove generazioni. E’ quanto emerso durante un dibattito sull’ultimo numero dell’Osservatorio Cida-Adapt dedicato al lavoro giovanile, fra Mario Mantovani, presidente di Cida, la confederazione dei dirigenti pubblici e privati e delle alte professionalità, Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt e lo studente universitario Davide Ravaioli, follower del programma Aurora. “L’Osservatorio trimestrale sul mondo del lavoro - ha spiegato Mantovani - nasce dall’esigenza di una lettura non convenzionale dei dati statistici per avere una visione delle dinamiche occupazionali più aderente alla realtà e fornire ai manager uno strumento utile ai loro processi decisionali e organizzativi". "I dati - ha aggiunto - una volta ‘spacchettati’ e analizzati mostrano, ad esempio, la scarsa affidabilità delle ‘medie’ statistiche, poco adatte a leggere una realtà molto differenziata sul territorio. Nell’Osservatorio, altro esempio, ci si è concentrati sulla fascia d’età 25-34 anni, perché in quella precedente, 15-24 anni, l’incidenza di chi studia è troppo alta per poterne ricavare dati realistici su disoccupazione e precariato". “Ma - ha ribadito - il fattore che ha pesato di più per capacità di interpretare andamento e tendenze del mondo del lavoro è quello demografico. In 10 anni, dal 2010 al 2020, la coorte dei 25-34enni è diminuita di circa un milione di unità. Una tendenza che non sembra arrestarsi e che, comunque, può essere invertita solo in un lungo arco di tempo. Normalmente, meno giovani domandano lavoro, più dovrebbe essere facile trovarlo. E’ qui che troviamo il ‘paradosso’ del lavoro giovanile, visto che il nostro tasso di occupazione in quella fascia d’età è troppo basso nel confronto con i partner europei: insomma i giovani diminuiscono, ma l’attuale mercato del lavoro non riesce ad assorbirli. Lavoro giovanile scarso e anche caratterizzato da un’alta incidenza di contratti a termine che tende a renderlo sostanzialmente precario e poco pagato". “Come Cida - ha spiegato - esortiamo il decisore politico a intervenire su queste basi, su questi dati rappresentativi di una realtà che spesso sfugge ad un’analisi superficiale. I numeri indicano le strade da seguire: riallacciando il dialogo fra scuola e lavoro, gestendo le fasi di transizione, investendo sulla formazione continua che deve accompagnare tutto l’arco della vita lavorativa". "Come manager - ha chiarito - siamo consapevoli di quanto sia importante la qualità del lavoro che va perseguita investendo sulle risorse umane e che va adeguatamente retribuita. Anche quello delle retribuzioni, infatti, è un tema che va messo al centro di quel ‘patto sociale’ proposto dal Governo: l’Italia non può essere un Paese ‘low cost’ con lavoro poco qualificato, sostanzialmente privo di formazione, distante dal mondo dell’università e della ricerca e poco retribuito. Così ci avvitiamo verso il basso, perdendo potere d’acquisto e impoverendo il Paese".
(Adnkronos) - Il 12 maggio il mondo ha celebrato la prima Giornata internazionale della Salute delle Piante. Per tutelare una risorsa essenziale alla sopravvivenza nostra e del Pianeta - le piante forniscono il 98% del nostro ossigeno e costituiscono l'80% del nostro cibo - il direttore generale della Fao QuU Dongyu ha chiesto "maggiori investimenti per l’innovazione, per sostenere la sicurezza alimentare e rendere il modo di produrre, distribuire e consumare il cibo più efficiente, inclusivo e sostenibile. Cinque gli obiettivi della Giornata: sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della salute delle piante; sostenere campagne per ridurre al minimo il rischio di diffusione delle infestazioni parassitarie; rafforzare il monitoraggio e i sistemi di allerta rapida per proteggere le piante le la loro salute; favorire una gestione sostenibile di parassiti e pesticidi; promuovere gli investimenti in campo fitosanitario, a favore di innovazione, ricerca, sviluppo delle capacità e divulgazione.