(Adnkronos) - A un anno dalla morte di Franco Battiato, Rai Documentari gli dedica una prima serata con 'Il coraggio di essere Franco' in onda il 18 maggio, alle 21.20 su Rai 1. Scritto e diretto da Angelo Bozzolini e prodotto da Aut Aut Production in collaborazione con Rai Documentari, il film ripercorre la vita e la carriera di uno degli autori più rivoluzionari della musica italiana, pioniere di nuovi mondi musicali. Con la voce narrante di Alessandro Preziosi, il documentario cerca di restituire anche un ritratto intimo dell’artista, grazie al racconto della nipote Cristina Battiato e al materiale inedito degli archivi fotografici della famiglia, della Rai, della Cineteca di Bologna, della Universal Music, nonché alle riprese esclusive nelle case di Milano e Milo in Sicilia, oltre che nei luoghi della spiritualità così profondamente cara a Battiato. Tra i documenti inediti, i testi autografi del 1966 e le foto esclusive del suo primo duo con Gregorio Alicata, 'Gli ambulanti', insieme ad un brano mai ascoltato prima. Nessuno come Battiato è riuscito a scardinare le regole del gioco in così tanti ambiti, da quello musicale, cinematografico e televisivo, ma anche mistico e spirituale, votando la sua creatività al risveglio della coscienza del pubblico. Ancora oggi si parla del “genio di Battiato”, come colui che ha ridisegnato il concetto di musica pop in Italia. Mai prima di lui era stato possibile scalare le classifiche raccontando storie secondo una grammatica nuova, ispirata da contenuti fuori dal mainstream e alla ricerca continua di una dimensione sacrale dell’arte. Dall’inizio di carriera all’incontro con la musica elettronica di Karlheinz Stockhausen, dal primo album “Fetus” (1972), fino a “La Voce del Padrone” (1981), l’album più venduto in Italia. Oltre a successi intramontabili come “L’era del cinghiale bianco”, “La Cura”, “Centro di gravità permanente”, “Cuccurucucù”. Battiato ha vissuto molte vite, diceva di sé di non essere mai nato e quindi mai morto. E forse per questo è riuscito in ogni decade della sua vita a regalarci un personaggio nuovo. La sua musica è anche un viaggio attraverso il nostro Paese: dalla Sicilia del Dopoguerra, ancora carica di valori cristiani, alla Milano degli anni ’60 e del boom economico, fino all’incontro con le filosofie orientali e il Buddismo. Il documentario è arricchito dalle testimonianze di artisti e personalità che maggiormente hanno contribuito al successo di Battiato, ognuna rappresentativa di un mondo artistico su cui si è espresso in prima persona: tra gli altri, Alice, Luca Madonia, Sonia Bergamasco, Willem Dafoe, Antonio Scurati, Giovanni Caccamo, Vittorio Sgarbi, Marco Travaglio. E Morgan, che esegue in anteprima "Battiato mi spezza il cuore”, il brano composto in occasione della malattia di Battiato. “Non voglio comandare e non voglio essere comandato”: questo uno dei motti che rappresenta l’essenza di Franco Battiato, la sua costante ricerca interiore e il desiderio di affermare il suo innovativo concetto di musica all’insegna della contaminazione. Impossibile catalogarlo o inserirlo in un qualsiasi genere, proprio per la facilità con cui riusciva a spaziare dal rock al pop, dall’elettronica alla lirica. Non a caso, infatti, la musica è stata la sua compagna di vita. “Siamo felici di poter raccogliere la sfida di proporre un documentario per la prima serata di Rai 1, grazie a questo progetto così riuscito e così esauriente e approfondito nel tratteggio del percorso umano e artistico del compianto Franco Battiato” – dichiara Fabrizio Zappi, direttore di Rai Documentari. “Il docufilm è arricchito dalla partecipazione dell'attore Alessandro Preziosi che racconta, commenta e accompagna lo spettatore in un viaggio mai banale e pieno di emozioni, suoni, colori e riflessioni”.
(Adnkronos) - La gran parte dei dirigenti italiani apprezza la riforma del catasto, trova giusta la rivalutazione degli immobili e l’emersione di quelli sconosciuti al fisco, anche se teme che senza opportuni correttivi possa portare ad un aumento indiscriminato della tassazione. Queste sono alcune delle principali posizioni che emergono dal sondaggio realizzato da AstraRicerche per Manageritalia, su un campione significativo di quasi 1.000 manager e professionisti del terziario in tutta Italia, sugli oltre 38.000 associati, che si propone di misurare la conoscenza e l’apprezzamento della riforma fiscale da parte dei dirigenti d’azienda. Così il 75 % dei manager intervistati giudica positivamente l’impegno del Governo di riaggiornare il valore degli immobili con la riforma del catasto, che considera uno degli strumenti principali per recuperare tributi senza appesantire il carico fiscale sul ceto medio che, nella situazione attuale, è il più penalizzato. Oltre alla riforma del catasto, i manager intervistati considerano prioritarie la lotta all’evasione, la semplificazione della normativa tributaria e il bilanciamento del carico fiscale tra lavoratori autonomi e dipendenti, troppo favorevole ai primi. A maggior ragione la flat tax del 15%, oggi riproposta, viene giudicata iniqua dal 73% degli intervistati (condivide il giudizio negativo anche il 65% dei professionisti associati oggetto del sondaggio), mentre oltre il 90% degli intervistati concorda nel ritenere la riforma del fisco un’occasione unica per contribuire, al di là della contingenza del Pnrr, ad un rilancio strutturale dell’economia del paese. Inoltre, per la gran parte degli intervistati non si può prescindere dall’abbattimento del cuneo fiscale, che drena risorse ad aziende e lavoratori senza risolversi in una restituzione di servizi di pari valore da parte dello Stato. La formula progressiva delle aliquote, che aumentano al crescere del reddito, è considerata il migliore dei sistemi applicabili ai redditi da lavoro, la cui pressione dovrebbe essere però mitigata da un innalzamento della tassazione sulle rendite c.d. improduttive (immobiliari, finanziarie, etc.). Il presidente di Manageritalia Mario Mantovani ha commentato l’esito del sondaggio sui propri associati: “I manager italiani con grande senso di responsabilità si dimostrano ancora una volta disponibili a contribuire con risorse proprie alla fiscalità del Paese, ma chiedono che le riforme del fisco siano strutturali e universali, orientate al miglioramento duraturo dei conti pubblici e non utilizzate per inseguire gli interessi particolari di singole categorie”, ha concluso.
(Adnkronos) - Decarbonizzazione e sicurezza energetica sono le parole d’ordine in tema di energia oggi, alla luce degli impegni europei sul clima ma anche per via dell’attuale contesto geopolitico e del conflitto in Ucraina oltre che del caro materie prime. Il ruolo delle rinnovabili in questo scenario risulta centrale ma non basta: una loro crescita accelerata deve essere accompagnata dallo sviluppo delle infrastrutture di trasporto dell’energia e dei sistemi di accumulo. Ecco di cosa si tratta. “I sistemi di accumulo sono un insieme di batterie che possono accumulare l’energia in eccesso prodotta da un impianto a fonte rinnovabile, come ad esempio un impianto fotovoltaico, nei momenti di massima produzione. L’energia accumulata potrà essere utilizzata o immessa in rete in un momento successivo, caratterizzato da produzione minore o assente. Questo è un aspetto di fondamentale importanza, considerando la caratteristica non prevedibilità delle energie rinnovabili che, grazie ai sistemi di storage, può essere risolta", spiega all’Adnkronos Raffaello Teani, Commercial&Marketing Manager di Saet, azienda che fa parte di Falck Renewables Next Solutions, con sede a Padova, e che realizza sistemi e impianti per la produzione, trasmissione e distribuzione di energia elettrica. "Ma questo non è l’unico vantaggio offerto dall’accumulo dell’energia: esse, infatti, permettono di gestire meglio i picchi di domanda e offerta sulla rete, rendendola più stabile e nello stesso tempo di gestire in modo ottimale il mercato dell’energia in acquisto e in vendita. Questo perché l’energia potrà essere rilasciata in rete quando il mercato è più favorevole, o acquistata dalla rete e stoccata nelle batterie nel momento in cui il prezzo e più conveniente”, aggiunge. “Non meno importante, considerando il periodo storico, lo storage permette di favorire gli autoconsumi o di migliorare l’efficienza della rete e la sicurezza di approvvigionamento a costi controllabili, o comunque mitigabili, dell'energia, favorendo così il percorso di transizione energetica”, aggiunge. In questa direzione, “a livello infrastrutturale servono strutture di connessione adeguate (stazioni di alta-media tensione) per poter immettere e prelevare energia dalla rete ed erogare i servizi alla medesima. Non da ultimo sono necessari investimenti in innovazione, ricerca e sviluppo per la realizzazione di un’adeguata filiera tecnologica nel Paese”. Quindi, in sintesi, “i sistemi di accumulo sono una tecnologia che garantisce flessibilità e che può assicurare lo stoccaggio di sovrapproduzioni di energia, di ritiro di energia in momenti di convenienza di mercato e soprattutto di fornire servizi ancillari per la stabilità della rete. Grazie ai sistemi di accumulo, un mix di fonti rinnovabili (per definizione non prevedibili) può diventare prevedibile. Questi sistemi non sono un semplice magazzino dove stoccare energia. Sono una risorsa necessaria a garantire flessibilità, sicurezza di tutti i parametri di rete, oltre che prezzi di acquisto e vendita dell’energia più vantaggiosi”. Ma a che punto è la loro implementazione? E' possibile immaginare un’Italia 100% rinnovabile al 2050? “È possibile - spiega Teani - ma il recente scenario globale ci impone delle riflessioni in quanto, con estrema franchezza, il mercato delle tecnologie di accumulo, le batterie e nello specifico i sistemi al litio in particolare, è legato alle così dette ‘terre rare’, rendendoci dipendenti da un’area geografica del mondo”. Questo "rende ancora più evidente la necessità di essere autonomi dal punto di vista energetico, da una parte sviluppando i sistemi di accumulo e, dall’altra, implementando una strategia che sviluppi un mix energetico tale da favorire la nostra transizione". In questo senso, “le risorse principali di cui disponiamo a livello Paese sono il sole, il vento e l’acqua, ma è chiaro che non possono bastare ad arrivare a quel principio di neutralità energetica a cui miriamo in questi target, sia temporale sia in termini di energia prodotta”. Secondo Teani, “serve un percorso graduale e che si sviluppi di pari passo con la disponibilità di materie prime in modo da mitigarne i costi di investimento e di produzione. Necessitiamo quindi di una strategia di medio-lungo respiro”. In ogni caso, “partendo dall’attuale contesto che vede il fabbisogno nazionale coperto per un terzo dalle rinnovabili e sostenuto da 8 GW di accumulo installato, di cui 400 MW elettrochimico e 7,6 GW di pompaggio (Dati Terna e Anie), va considerato che, come riportato da Terna nei dati utilizzati per il Piano di Sviluppo, non basterà limitarsi a perseguire uno sviluppo della produzione di rinnovabili. Questo deve essere accompagnato dallo sviluppo delle infrastrutture di trasporto dell’energia, sia di trasmissione che di distribuzione, e poi dai sistemi di accumulo sia tradizionali da pompaggio che elettrochimico, di grande e piccola taglia”. Procedendo in questa maniera “coordinata e coerente, ossia prevedendo più rinnovabili, più infrastrutture e più accumulo, si riuscirà sicuramente ad arrivare al 2050 con una quota residuale di produzione da fonte fossile che potrebbe rispondere a esigenze molto localizzate di sicurezza e di adeguatezza, mentre la gran parte del nostro fabbisogno potrà essere soddisfatto dalle fonti rinnovabili". In sostanza: "Più rinnovabili, più infrastrutture, più accumulo”.