(Adnkronos) - "La Russia ha notevolmente superato gli Stati Uniti nello sviluppo di armi ipersoniche". Lo ha dichiarato oggi all'agenzia Tass Vladimir Yermakov, direttore del Dipartimento per la non proliferazione e il controllo degli armamenti del ministero degli Esteri russo, nel giorno in cui le forze armate russe hanno testato un nuovo missile ipersonico, 'Zircon', che ha colpito un bersaglio situato a una distanza di circa mille chilometri. Per la tv russa Zvezda, la velocità del missile è "così alta da impedire al sistema di difesa aerea dell'avversario di rilevarne l'impatto in tempo" e il Cremlino ha descritto lo Zircon come un missile "inarrestabile". Ma cosa sono le armi ipersoniche? Le armi ipersoniche sono veicoli plananti (Hgv) e missili cruise (Hcm) operanti a quote medio-alte e ad altissime velocità su traiettorie non balistiche. Gli studi delle caratteristiche e proprietà del regime ipersonico risalgono agli anni ’30, sviluppati dagli ingegneri aeronautici austriaci Eugen e Irene Sänger, e sono stati ripresi negli Usa e in Urss dagli anni ’50 nel contesto dello sviluppo missilistico e spaziale, in particolare per il rientro in atmosfera di testate nucleari e di veicoli spaziali. Si considera ipersonico un veicolo con velocità rispetto all'aria corrispondente a numero di Mach superiore a 5, spiega l'approfondimento "Armi ipersoniche" pubblicato su Iriad Review, a firma di Alessandro Pascolini. I veicoli ipersonici hanno degli assetti aerodinamici tali da creare nell’atmosfera violente onde d’urto dalle quali ricevono una spinta ascensionale che può giungere a far loro compiere 'salti' al di fuori dell’atmosfera nello spazio esterno, oltre la linea di Kármán a 100 km sul livello del mare, quando l'aria non è più in grado di sostenere un velivolo che non viaggi a velocità orbitale (circa 7,8 km/s). Le onde d'urto riscaldano l'aria a temperature così elevate da indurre varie reazioni chimiche, tra cui la ionizzazione. "Importante da sapere, perché un effetto della ionizzazione è la creazione attorno al velivolo di uno strato di plasma, un involucro che impedisce il passaggio di segnali elettromagnetici di ogni lunghezza d'onda, ottici e a radiofrequenza", spiega Alessandro Pascolini su Iriad Review. Insomma, le potenziali peculiarità degli Hgv e Hcm (alta manovrabilità, traiettoria endoatmosferica e velocità) rendono queste armi ancora più difficili da intercettare da parte di sistemi difensivi rispetto ai missili balistici e missili cruise sub- e super-sonici. Inoltre, la quota di volo endoatmosferica e le modifiche della traiettoria rendono le armi ipersoniche individuabili dai radar solo quando sono ormai vicine ai loro obiettivi, a differenza dei missili balistici, che possono essere osservati e seguiti quando sono ancora nella fase di volo eso-atmosferica. Fattore limitante per l'individuazione radar dei veicoli ipersonici ad altissime velocità è costituito, come si è detto, dall'involucro di plasma che li avvolge e che blocca le onde elettromagnetiche. "Lo sviluppo dei programmi di armi ipersoniche nei vari paesi ha varie motivazioni - spiega Pascolini nel suo approfondimento sul tema - il confronto tecnologico, il timore di restare indietro nel progresso scientifico, le tensioni politiche, i problemi di sicurezza nazionale nel sempre più teso clima politico internazionale e la prospettiva di rafforzare lo status interno e internazionale di un governo", spiega Alessandro Pascolini nello studio, in cui sottolinea anche che "esistono pochissime informazioni ufficiali sulle dottrine militari relative alle armi ipersoniche e ciò rende difficile intuirne i possibili scopi". Certo è che Cina, Russia e Stati Uniti hanno dato alta priorità allo sviluppo della tecnologia ipersonica nella prospettiva di applicazioni militari sia strategiche sia tattiche, ma le informazioni disponibili a osservatori indipendenti sui vari progetti dichiarati e sulle loro caratteristiche operative (portata, velocità, carico utile, tipi di piattaforma e implementazione) sono estremamente scarse. Gli attuali progetti americani per lo sviluppo di armi ipersoniche risalgono al 2003, nel contesto del programma Conventional Propt Global Strike dell’amministrazione di George W. Bush. L'amministrazione Obama ha ridimensionato il programma ma Trump ha decisamente rilanciato lo sviluppo di tali armamenti e la 2018 National Defense Strategy identificava le armi ipersoniche come una delle tecnologie chiave che "[assicurano che gli Stati Uniti] saranno in grado di combattere e vincere le guerre del futuro". Gli Usa sono anche impegnati nello studio e sviluppo di sistemi anti-armi ipersoniche. La Russia ha condotto ricerche sulla tecnologia delle armi ipersoniche sin dagli anni '80, ma ha accelerato i suoi sforzi in risposta agli schieramenti americani di difese antimissile e in risposta al ritiro degli Stati Uniti dal Trattato sui missili anti-balistici nel 2001. Dettagliando le preoccupazioni della Russia, il presidente Putin nel 2018 ha dichiarato che "gli Stati Uniti stanno permettendo una crescita costante e incontrollata del numero di missili anti-balistici, migliorandone la qualità e creando nuove aree di lancio di missili. Se non facciamo qualcosa, alla fine questo si tradurrà nella completa svalutazione del potenziale nucleare della Russia". L’obiettivo russo è la creazione di forze strategiche non intercettabili dagli americani e quindi in grado di garantire la capacità di reazione a una provocazione nucleare. Al 2020, la Russia risultava essere il solo paese dotato di sistemi ipersonici già dichiarati operativi, l'Hgv Avangard (ovvero Project 4202 o Yu-74) e il missile balistico manovrabile Kinzhal (Kh-47 M2), e stava sviluppando l'Hcm 3M22 Tsirkon (Zircon), quello che oggi le forze armate russe hanno testato colpendo un bersaglio situato a una distanza di circa mille chilometri, come annunciato dal ministero della Difesa di Mosca. L'alta penetrabilità delle difese e la gittata intercontinentale di Hgv con armamento nucleare ne fanno armi strategiche difensive come forza di reazione a un attacco nucleare nemico, rafforzando così la deterrenza e la stabilità strategica. "Le armi ipersoniche creano nuove sfide al presente, già di per sé precario, equilibrio strategico globale, aumentando le incertezze e i rischi di escalation del confronto militare in caso di crisi, a causa di inerenti ambiguità", si legge nello studio pubblicato su Iriad Review. "L’ambiguità di armamento (nucleare o convenzionale) costituisce un grave rischio, dato che gli attaccati possono interpretare erroneamente il lancio di un veicolo con armi convenzionali e concludere che il missile trasporti invece armi nucleari, suggerendo la necessità di una risposta nucleare". "Un attacco ipersonico potrebbe verificarsi con brevissimo preavviso (qualche minuto), comprimendo i tempi di risposta del paese attaccato, che deve anche risolvere le ambiguità inerenti all'attacco. Errate valutazioni, incomprensioni e problemi di comunicazione nel corso del conflitto diventano più probabili, contribuendo inavvertitamente ad acuire la crisi e all'escalation militare", sottolinea Pascolini. di Stefania Marignetti
(Adnkronos) - Qualità dell'acqua erogata e di quella depurata, adeguatezza del sistema fognario, smaltimento dei fanghi, perdite idriche e interruzioni di servizio: attraverso questi 6 macro-indicatori gli operatori del servizio idrico sono stati analizzati da Arera, Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, che per i risultati raggiunti e consolidati nel 2018 e 2019 ha attribuito premi e penalità ai gestori. (VIDEO) Tra le società premiate quelle del Gruppo Acea. Come spiega all’Adnkronos Giovanni Papaleo, Chief Operating Officer di Acea: “Le società del Gruppo Acea che hanno avuto accesso alle premialità previste per il 2018-2019 sono la quasi totalità, in particolare abbiamo avuto un riconoscimento di 26 milioni di euro per le società totalmente consolidate all’interno del Gruppo. Questo è stato motivo di particolare orgoglio per il Gruppo Acea che è anche il primo operatore nazionale idrico”. Non solo: “La premialità che abbiamo ottenuto è anche la quota più rilevante riconosciuta ad un gestore idrico italiano e questo conferma la correttezza della strada che abbiamo intrapreso nel governo e nella gestione delle nostre reti”. Un riconoscimento ottenuto grazie a “due fattori fondamentali: il primo è la grande professionalità delle persone che lavorano nel nostro Gruppo, l’altro è il completamento della digitalizzazione delle nostre reti. Noi siamo partiti con una digitalizzazione spinta circa tre anni fa, ad oggi abbiano quasi completato questo processo che ha portato all’inserimento di molti sensori Iot sulle nostre reti: questo ci consente di avere una serie di dati a disposizione che hanno cambiato la gestione delle reti rendendo possibile un approccio Real Time”. A questo si aggiunge la creazione di “una nuova direzione ‘Tutela della risorsa idrica’ che si occupa di gestire tutte queste problematiche di efficientamento delle nostre prestazioni lungo il processo produttivo dell’acqua”. D'altronde una corretta gestione della risorsa idrica appare oggi ancor più necessaria alla luce degli effetti dei cambiamenti climatici. “Il periodo 2018-2021 è stato caratterizzato da una forte siccità e anche nel 2022, in questi primi cinque mesi, abbiamo avuto una piovosità molto scarsa: nella direzione ‘Tutela della risorsa idrica’ vengono analizzate tutte le fonti che abbiamo a disposizione e le loro modalità di ricarica - continua Papaleo - La fonte principale di Roma, per esempio, è l’acquedotto del Peschiera che ha un ciclo di ricarica che va da sei a nove mesi. Quindi noi siamo in grado di avere delle proiezioni rispetto alla disponibilità idrica che traguardano i 2-3 anni e di metterci in sicurezza rispetto a eventi che non governiamo come la pioggia, oltre a garantire un’adeguata riserva di acqua per sopperire ai bisogni di una città come Roma”. Quindi “da una parte un’analisi delle dinamiche di ricarica delle fonti idriche e dall’altra una gestione molto più attenta delle nostre reti che ha portato ad una riduzione delle perdite e ad una gestione molto più efficiente. Ci siamo dotati anche di uno strumento che abbiamo brevettato in Acea, il Water Management System, attraverso il quale raccogliamo i dati dei sensori posizionati sulla nostra rete e riusciamo ad intercettare una serie di fenomeni che ci consentono di ridurre le perdite, di manovrare a pressioni diverse la gestione della rete e di alimentare in diversi modi quartieri differenti delle nostre città. Grazie a questo nuovo sistema che abbiamo messo a disposizione delle nostre società nell’ultimo biennio stiamo facendo grossi passi avanti nella tutela della risorsa idrica”.