(Adnkronos) - L'Inter vince 3-1 sul campo del Cagliari nella 37esima e penultima giornata della Serie A, tenendo aperta la corsa scudetto e rinviando la festa del Milan. I rossoneri comandano la classifica con 83 punti e 2 lunghezze di vantaggio sui nerazzurri. L'Inter nell'ultima giornata ospiterà la Sampdoria, mentre il Milan farà visita al Sassuolo e potrà accontentarsi di un pareggio: in caso di arrivo a pari punti, tricolore al Diavolo. Il Cagliari, fermo a 29 punti, vede la Serie B vicinissima. I sardi nell'ultima giornata fanno visita al Venezia: devono vincere e sperare che l'Udinese fermi la Salernitana, che ha 31 punti. LA PARTITA - Il match tra Cagliari e Inter si accende subito. Dopo 3 minuti primo squillo nerazzurro con il sinistro insidioso di Perisic: Cragno rimedia in corner. Dall'altro lato, al 9', la manovra libera Lykogiannis che prova di sinistro: Handanovic respinge. Al 10' l'Inter passa in vantaggio. Punizione di Calhanoglu da destra, Skriniar colpisce di testa e centra il palo. Il difensore ribadisce in rete, ma il Var scova un tocco di mano: niente gol. Il Cagliari, dopo il pericolo scampato, prova a sfruttare una mischia nell'area nerazzurra al 20': Marin non trova la porta. Al 25' l'Inter segna e stavolta il gol è valido. Perisic scappa a sinistra e crossa, Darmian decolla e incorna: colpo di testa perfetto, 0-1. Il vantaggio non sazia i nerazzurri, che mantengono il controllo del gioco e prima dell'intervallo creano almeno 4 occasioni per il raddoppio. Al 45', in particolare, Lautaro va vicinissimo al bersaglio. Prima colpisce il palo con la girata di sinistro, poi spara di destro e chiama Cragno ad una parata prodigiosa che tiene in partita il Cagliari. In avvio di ripresa, Lautaro ci riprova e stavolta fa centro. Lungo lancio di Barella, l'argentino scatta sul filo del fuorigioco e quando entra in area non esita: destro secco, 0-2 al 51'. Il Cagliari ha il merito di rientrare subito in partita con una prodezza di Lykogiannis. Sinistro potente da 20 metri abbondanti, Handanovic non ci arriva: 1-2 al 53'. Dopo la doppia fiammata, il match si placa. L'Inter riprende a gestire il possesso del pallone, a volte indecisa tra l'opportunità di spingere e la possibilità di congelare il gioco. Il Cagliari fatica a creare azioni offensive degne di nota fino al 68', quando il neoentrato Keita sbaglia la misura del pallonetto davanti ad Handanovic. Dall'altra parte, una lunga manovra nerazzurra si conclude con il cross per Perisic: palla a lato. Il Cagliari si sbilancia e viene colpito all'85'. Contropiede nerazzurro, Gagliardini offre il pallone a Lautaro e l'argentino deposita in rete con un morbido tocco: 1-3. Prima del sipario, chance anche per Dumfries: altro palo, niente poker.
(Adnkronos) - La gran parte dei dirigenti italiani apprezza la riforma del catasto, trova giusta la rivalutazione degli immobili e l’emersione di quelli sconosciuti al fisco, anche se teme che senza opportuni correttivi possa portare ad un aumento indiscriminato della tassazione. Queste sono alcune delle principali posizioni che emergono dal sondaggio realizzato da AstraRicerche per Manageritalia, su un campione significativo di quasi 1.000 manager e professionisti del terziario in tutta Italia, sugli oltre 38.000 associati, che si propone di misurare la conoscenza e l’apprezzamento della riforma fiscale da parte dei dirigenti d’azienda. Così il 75 % dei manager intervistati giudica positivamente l’impegno del Governo di riaggiornare il valore degli immobili con la riforma del catasto, che considera uno degli strumenti principali per recuperare tributi senza appesantire il carico fiscale sul ceto medio che, nella situazione attuale, è il più penalizzato. Oltre alla riforma del catasto, i manager intervistati considerano prioritarie la lotta all’evasione, la semplificazione della normativa tributaria e il bilanciamento del carico fiscale tra lavoratori autonomi e dipendenti, troppo favorevole ai primi. A maggior ragione la flat tax del 15%, oggi riproposta, viene giudicata iniqua dal 73% degli intervistati (condivide il giudizio negativo anche il 65% dei professionisti associati oggetto del sondaggio), mentre oltre il 90% degli intervistati concorda nel ritenere la riforma del fisco un’occasione unica per contribuire, al di là della contingenza del Pnrr, ad un rilancio strutturale dell’economia del paese. Inoltre, per la gran parte degli intervistati non si può prescindere dall’abbattimento del cuneo fiscale, che drena risorse ad aziende e lavoratori senza risolversi in una restituzione di servizi di pari valore da parte dello Stato. La formula progressiva delle aliquote, che aumentano al crescere del reddito, è considerata il migliore dei sistemi applicabili ai redditi da lavoro, la cui pressione dovrebbe essere però mitigata da un innalzamento della tassazione sulle rendite c.d. improduttive (immobiliari, finanziarie, etc.). Il presidente di Manageritalia Mario Mantovani ha commentato l’esito del sondaggio sui propri associati: “I manager italiani con grande senso di responsabilità si dimostrano ancora una volta disponibili a contribuire con risorse proprie alla fiscalità del Paese, ma chiedono che le riforme del fisco siano strutturali e universali, orientate al miglioramento duraturo dei conti pubblici e non utilizzate per inseguire gli interessi particolari di singole categorie”, ha concluso.
(Adnkronos) - di Stefania Marignetti Il biologico ucraino bloccato nei magazzini dove resta invenduto, le esportazioni ferme, un mercato che rischia di saltare completamente, con forti ripercussioni anche sull'Italia che negli anni ha sopperito a una produzione nazionale in costante calo, come quella del mais biologico, attraverso le importazioni, in particolare proprio dall'Ucraina. E' lo scenario che si è aperto con la guerra in corso, "una tempesta perfetta", come la definisce Aldo Cervi, coordinatore della sezione soci e servizi di FederBio. "La situazione che si sta verificando, ad esempio con il mais assolutamente carente in Italia e di cui abbiamo bisogno, viene da lontano. La crisi ucraina ha accentuato questa situazione - spiega Cervi all'AdnKronos - Quello che succede oggi è che abbiamo il mais ucraino bloccato in Ucraina, i contratti sono stati in parte cancellati appellandosi alla causa di forza maggiore perché i produttori ucraini non riescono a farlo uscire dal Paese, il mercato è completamente saltato a fronte di produzioni italiane che hanno vissuto negli anni un costante calo. Una tempesta perfetta che evidenzia criticità precedenti". La produzione biologica ucraina si concentra su seminativi, colture estensive in particolare di frumento, girasole, mais, soia, colza e pisello proteico, colture importanti per l'Italia (soprattutto per il settore dell'allevamento biologico) che importa in particolare mais, soia e girasole. Secondo i dati Sinab, nel 2019 l'Italia ha importato 4.200 tonnellate di mais biologico, di cui 3.000 di origine ucraina; 6mila tonnellate di soia di cui circa 3mila di provenienza ucraina, quindi la metà; 3500 tonnellate di semi di girasole biologici, di cui 2.200 ucraini. Numeri che da soli danno le dimensioni del problema con uno stop delle esportazioni ucraine. E importiamo anche dalla Russia quindi il rischio è quello di un doppio impatto", aggiunge Cervi. "La crisi che stiamo vedendo con le difficoltà di approvvigionamento - spiega Cervi - non è legata alla carenza di prodotto, anche perché in questo momento si sta vendendo il prodotto della campagna agraria dell'anno scorso e sulla base delle informazioni che ho raccolto una buona parte delle semine appena concluse in questi giorni sono state effettuate, pur con difficoltà (si stima che circa un 30% della superficie agricola utilizzata in biologico in Ucraina abbia una accessibilità limitata a causa del conflitto in corso). Il problema è principalmente logistico, legato all'esportazione del prodotto". I principali canali di esportazione prevedono infatti il passaggio e lo stoccaggio del prodotto nei porti e uno spostamento via nave, ma i porti ucraini sono oggi tutti pressoché bloccati. I camion "sono quasi introvabili e con prezzi più che raddoppiati rispetto a febbraio, comunque non adeguati al trasporto di grandi quantità, senza contare che prima di febbraio erano operative nel settore diverse società di trasporto russe e bielorusse - aggiunge l'esperto di FederBio - Si sta cercando di organizzare il trasporto via treno, ma qui si devono rimappare tutti i canali logistici". I produttori ucraini però non sembrano voler gettare la spugna. "Nessun produttore risulta essersi fermato o aver manifestato l'intenzione di uscire dal biologico anche se un 15% si è dichiarato in procinto di fermare l'attività per motivi legati a problematiche quali carenza di carburante o di accesso a risorse finanziarie, e un 32% ha dichiarato un'operatività ridotta rispetto alle normali attività". Di cosa hanno bisogno? "Il 70% ha manifestato la necessità di un sostegno finanziario, poi chiedono sostegno all'esportazione e per la promozione del mercato interno nazionale". Negli ultimi 5-6 anni il settore biologico ucraino si è confermato molto dinamico, vivace e in crescita. La superficie agricola biologica ucraina è passata dai circa 300mila ettari del 2018 ai 460mila nel 2022, un aumento in tre anni del 50%. Se l'Italia ha una superficie agricola nazionale utilizzata in biologico pari al 16% del totale, l'Ucraina viaggia attorno all'1% ma con questa crescita ha sicuramente delle grandissime potenzialità. Ad oggi sono circa 650 gli operatori certificati stimati (erano circa 500 nel 2018), di cui 400 aziende agricole e circa 200 tra trasformatori, esportatori e stoccatori di prodotto e per la restante parte piccole realtà, dagli apicoltori alla raccolta spontanea. "Seicentocinquanta può sembrare un numero ridotto rispetto agli 80mila italiani ma le aziende del biologico ucraino hanno una dimensione diversa dalle nostre: sono aziende di grandi e medie dimensioni, da diverse centinaia ad alcune migliaia di ettari di superficie agricola utilizzata, mentre in Italia la media delle aziende agricole biologiche è di 28 ettari", spiega Cervi. Un biologico, quello ucraino, soprattutto concentrato sull'esportazione. Nel 2020, l'export bio del Paese è stato calcolato in circa 300mila tonnellate, 200mila delle quali verso l'Europa.