(Adnkronos) - Il Tribunale supremo federale del Brasile ha respinto all'unanimità un ricorso e confermato l'estradizione in Italia di Rocco Morabito, detenuto nel penitenziario federale di Brasilia. Lo riporta Cnn Brasil. Tra i massimi esponenti della 'ndrangheta calabrese, Morabito era stato catturato in Brasile nel 2021. I carabinieri del Ros erano sulle sue tracce dal 2019, quando era riuscito a evadere insieme ad altri tre detenuti dalla terrazza del carcere 'Central' di Montevideo, in Uruguay, forse grazie all'aiuto di membri dei Bellocco residenti tra Buenos Aires e Montevideo. Da allora Morabito, principale punto di riferimento dei cartelli del narcotraffico, era diventato il numero due tra i latitanti più ricercati. Gli investigatori hanno seguito le sue tracce lungo tutto il Sudamerica. Considerato il numero uno tra i broker che gestiscono il traffico di cocaina per i cartelli del Sudamerica, Morabito è cugino del boss Giuseppe Morabito, detto "'u tiradrittu': ha gestito, secondo gli inquirenti, un gigantesco traffico di droga che dal Sudamerica si diramava verso la Sicilia, quindi la Lombardia e la Calabria, inondando l’Italia di cocaina. In Uruguay era conosciuto col nome di 'Souza'. Il boss, infatti, come accertò la polizia, era riuscito a procurarsi documenti brasiliani su cui compariva il nome di Francisco Antonio Capeletto Souza di Rio de Janeiro. Nell’ottobre del 1994 era riuscito a sfuggire alla cattura, per poi trasferirsi in Sudamerica.
(Adnkronos) - "Nel Jobs act troviamo il tentativo di riformare il mercato del lavoro, e non solo il diritto del lavoro, come è avvenuto invece in tutti gli altri tentativi di legiferazione nel settore. E' una riforma che, sia dal punto formale sia dal punto di vista sostanziale, basandosi sul principio della Flexisecurity, ha immaginato il 'movimento' del cittadino-lavoratore all'interno del mercato del lavoro nel corso del tempo. Il Jobs act puntava a creare una struttura del diritto del lavoro così semplice e agile capace di reggere gli urti dei cambiamenti sempre più rapidi del mercato del lavoro, attraverso la semplificazione delle forme e l'attivazione del controllo. Ritorniamo al Jobs Act e completiamo quella riforma. Sì può sintetizzare così il significato di fondo di questo libro". Così, con Adnkronos/Labitalia, il giuslavorista Francesco Rotondi, founder dello studio LabLaw, autore del libro 'Jobs Act for ever', edito da Rubbettino, parla del volume uscito da poche settimane in libreria, in cui ripercorre e descrive i contenuti della riforma del lavoro del Governo Renzi. Il libro verrà presentato oggi a Roma, al Palazzo dell'Informazione del Gruppo Adnkronos, a partire dalle 17.30, nel corso di un appuntamento a cui prenderanno parte, oltre all'autore: Maurizio Del Conte, professore ordinario di Diritto del Lavoro presso Università Bocconi di Milano che ha curato la prefazione; Claudio Durigon, già sottosegretario di Stato al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; Nicola De Marinis, consigliere presso la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro; Nicola Marongiu, coordinatore area della contrattazione e del mercato del lavoro Cgil; Francesco Napoli, vicepresidente nazionale Confapi; Massimo Marchetti, area lavoro welfare e capitale umano Confindustria. "Le politiche attive introdotte dal Jobs act sono tutte quelle di cui oggi si sente la mancanza, trovandoci indietro rispetto ad altri Paesi europei. E' stato sbagliato non prevedere determinare risorse per le politiche attive", spiega Rotondi. Il testo redatto da Rotondi evidenzia gli aspetti più innovativi di questo impianto di riforma e soprattutto la necessità di ripartire dal Jobs Act per portare a compimento quell’idea di cambiamento e per giungere finalmente a un mercato del lavoro più moderno e attuale, capace realmente di coniugare flessibilità e diritti. Il complesso degli interventi di riforma che va comunemente sotto il nome di Jobs Act - si ricorda nel testo - ha interessato tre macro-ambiti nei quali tradizionalmente si articola il diritto del lavoro: mercato del lavoro, forme e regole contrattuali, ammortizzatori sociali. Gli otto decreti legislativi, entrati in vigore nelle tre tornate di marzo, maggio e settembre del 2015, hanno introdotto ex novo o significativamente rivisitato una pluralità di regole del contratto di lavoro: dal contratto di lavoro subordinato 'a tutele crescenti' alla realizzazione di un sistema generalizzato di tutela del reddito contro la disoccupazione involontaria; dalla creazione di una rete nazionale dei servizi per le politiche attive del lavoro alla ridefinizione dell’intervento della cassa integrazione guadagni; dalla introduzione di nuovi strumenti di conciliazione tra tempo di vita e tempo di lavoro a una più efficace tutela della lavoratrice madre; dalla semplificazione delle regole e delle tipologie contrattuali esistenti al rafforzamento del sistema di contrasto al lavoro irregolare. L’obiettivo che ha accomunato il complesso dei provvedimenti è stato la realizzazione nel nostro Paese di un mercato del lavoro più inclusivo ed efficiente, per contrastare il pesante divario di partecipazione tra giovani e adulti, donne e uomini, autonomi e subordinati, precari e protetti" "Nel corso degli ultimi trent’anni -sottolinea Rotondi- abbiamo avuto innumerevoli interventi normativi in materia di lavoro che cercavano di sanare situazioni di crisi con provvedimenti straordinari ma senza un vero e proprio tentativo di ridisegnare le materie secondo le nuove regole che il mercato, non più locale, imponeva. Molti i temi di riforma del lavoro sono stati affrontati in questi anni, consideranti come rilevanti e necessari per immaginare un’economia e una società che possa avere un futuro, ma mai attivati e implementati secondo la loro reale valenza. Mai realmente condivisi sotto il profilo sostanziale". "Solo una lettura politicamente orientata può non vedere come il Jobs Act sia stato, invece, il tentativo più serio e strutturato volto a invertire lo stato dell’arte dell’intero mondo del lavoro. In esso vediamo realizzarsi una vera e propria azione di cambiamento che non si sarebbe attuata unicamente abrogando norme o introducendo commi e provvedimenti straordinari; in esso è evidente il tentativo di ridisegnare, riscrivere alcune parti dello storico diritto del lavoro accogliendo istanze relative all’oggi con uno sguardo verso il futuro”, conclude Rotondi. "Quella sull'articolo 18 e il Jobs act è una polemica sterile, non confortata dai dati statistici, ma culturale, ideologica. L'articolo 18 una protezione dei lavoratori? Secondo me, la protezione dei lavoratori non è l'articolo 18: l'esperienza ci insegna che, anche in presenza del vecchio articolo 18 in periodo pre-riforma Fornero, i contenziosi che avevano come oggetto i licenziamenti si chiudevano per il 90% in forma stragiudiziale e cioè con una transazione di tipo economico, e anche quando si finiva in tribunale c'era una percentuale bassissima che finiva con una reintegrazione", continua Rotondi. Secondo Rotondi, con il Jobs Act si puntava "a un sistema che vede il licenziamento non come la morte civile ma come un passaggio da un lavoro a un altro". "E questo lo puoi fare solo rendendo più semplice la ricollocazione, destinandogli dei fondi e non indirizzandoli a un'attività sanzionatoria come è l'articolo 18", conclude.
(Adnkronos) - Negli ultimi 20 anni persi 5 Km di costa naturale all'anno a causa della costruzione di nuove strutture artificiali. Si tratta, spiega Ispra, di una misura che equivale all'intero litorale di una località balneare come Fregene. L’artificializzazione è ancora più rilevante nelle zone retrostanti le spiagge, nelle quali ogni anno dune costiere, terreno coltivato, vegetazione e formazioni naturali vengono sostituite da oltre 10 Km di opere antropiche. Sono i dati che emergono dall’aggiornamento della banca dati Linea di Costa Italiana 2020, presentato oggi da Ispra che analizza la fascia costiera italiana. Secondo i dati Ispra, la linea di costa italiana misura circa 8.300 Km, di cui il 13% è occupato da opere artificiali come porti, opere di difesa costiera, opere idrauliche di impianti industriali, strutture artificiali a supporto della balneazione. Negli ultimi 20 anni, la costa artificializzata è aumentata complessivamente di oltre 100 km. Un discorso parallelo riguarda l'interfaccia tra le spiagge ed il territorio circostante. Nell'insieme, la linea di retrospiaggia misura circa 4.000 Km, di cui solo metà restano naturali, mentre oltre il 20% è completamente occupato da opere artificiali, come infrastrutture viarie, abitazioni, lidi, siti produttivi. L'incremento in questo caso è stato di oltre 200 Km negli ultimi 20 anni. Il restante 30% si caratterizza come 'urbano sparso', occupato quindi in maniera parziale e discontinua da opere antropiche.