INFORMAZIONIFrancesca Diciatteo |
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(Adnkronos) - "La propaganda della Russia è passata al contrattacco". E' quanto ha detto Peter Pomerantsev, analista di origini ucraine alla Johns Hopkins University in un seminario, organizzato dalle ambasciate di Ucraina e Stati Uniti. "La narrativa, basata sulle colpe dell'Occidente e sulle ambizioni coloniali degli Stati Uniti in Est Europa, che hanno costretto la Russia ad agire sta andando molto bene", ha spiegato. "La priorità di Mosca ora è quella di spaccare l'Alleanza e la sua determinazione per le sanzioni. Italia, Francia e Germania stanno tutti rompendo i ranghi", ha affermato l'analista, citando anche il recente commento del New York Times in cui sollecitava Kiev a fare concessioni territoriali a Mosca, "moralmente dubbio e strategicamente cieco, ma che deve essere considerato seriamente". "Il problema è che facciamo fatica a vedere la fine del gioco e a definire una nuova architettura di sicurezza, siamo talmente paralizzati da una mancanza di visione strategica che rischiamo di voler tornare alla normalità, senza capire che il normale non c'è più". A fronte di questo obiettivo del Cremlino, sostiene, l'Occidente non ha messo a punto un messaggio per sostenere le sanzioni: "I governi hanno fallito completamente nel creare una infrastruttura comunicativa. E invece dobbiamo davvero trovare il modo per competere con il Cremlino (o con la Cina)". E la propaganda interna funziona? In Russia circa il 30 per cento delle persone sono in favore della guerra e il 30 per cento contro, "una cifra quest'ultima che non è per niente in crescita", spiega Pomerantsev, sottolineando che "esistono molti modi per misurare i sentimenti dell'opinione pubblica anche senza le domande dirette dei sondaggi". Fra questi due poli, ci sono posizioni molto diverse, sostegno alla guerra con molti dubbi, contro la guerra ma con paura di parlare, ma si tratta complessivamente di persone con emozioni negative, di depressione o rabbia. " Al di là delle percentuali, conta che la "temperatura del sostegno, che è molto tiepida". "Non siamo nel 2014, quando si è assistito a una genuina ondata patriottica nella società". Il tema dell'Ucraina nazista non ha preso piede ed "è quasi scomparso dai media e dall'Internet russo. La maggioranza dei russi non ha capito cosa significasse denazificazione, "non riesce neanche a pronunciare denazificazione". "Il messaggio del Cremlino su questo ha fallito". Mentre invece "funziona molto bene" l'umiliazione subita dalla Russia, il risentimento nei confronti dell'Occidente, che si rispecchia nel senso di umiliazione che i russi sentono ogni giorno. "La propaganda più potente risponde a necessità emotive". La società russa, che può informarsi più facilmente che non durante la Guerra fredda, non sembra aver molta voglia di farlo e di apprendere cose orribili sul proprio Paese. L'Occidente ha come obiettivo, quando si tratta di informare, chi già ne condivide le posizione quando invece la sfida invece è quella di raggiungere la popolazione generale, di superare la 'knowledge resistance' che esiste in tutto il mondo, anche negli Stati Uniti. Il problema, quindi, è che in Occidente non ha articolato una strategia su come creare un ambiente informativo basato su principi democratici, a fronte della Cina, dove, come si dice il 5G ha sostituito il Piano quinquennale, e ha una politica molto attiva sulla gestione dei dati. La Russia, che con la Cina ha una agenda globale comune con la narrativa comune sull'Occidente fonte di tutti i mali, è meno sofisticata tecnologicamente. I propagandisti di Vladimir Putin incriminati per crimini di guerra? "E' una delle possibilità di cui i giuristi specializzati in crimini di guerra iniziano a discutere seriamente per la prima volta proprio ora, per la prima volta giuristi seri sono aperti a discuterne", rende noto. Pomerantsev non nasconde la difficoltà di incriminare personalità come Vladimir Solovyov. "Si tratterebbe di dimostrare un legame molto complesso fra media e militari, non a livello strategico ma a livello operativo". I propagandisti russi giustificano la guerra, ma non è sufficiente, per andare oltre bisogna dimostrare "un livello molto più intimo di coesistenza". "Fino a ora si pensava che fosse impossibile", sottolinea l'analista nato a Kiev, autore di 'Nothing is True and Everything is Possible' e di 'This is Not Propaganda', citando i soli casi in cui questo è avvenuto, quello "molto specifico" del Ruanda (con le condanne di giornalisti di Radio Mille colline per il loro ruolo nell'istigare il genocidio, ndr.), gli esponenti nazisti Julius Streicher, assolto a Norimberga, e Hans Fritzsche, che fu invece condannato.
(Adnkronos) - Con i porti bloccati e l'export dei cereali al palo (che ora non si sa nemmeno più bene dove mettere in attesa di poterli portare fuori dal Paese), l'effetto della guerra in Ucraina si fa sentire e preoccupa la sicurezza alimentare dei Paesi più esposti. Ma c'è di più, perché il caro energia si sta traducendo in un 'caro-fertilizzanti' con cui l'agricoltura globale dovrà fare i conti. Primo, i porti. E' dal Mar Nero che i cereali, principalmente grano, viaggiavano verso le proprie destinazioni, prima della guerra. Ora "i porti sono inagibili e quel po' che si riesce a spedire ha costi altissimi di spedizione e assicurazione, praticamente improponibile. La maggior parte delle esportazioni ora funziona su ferro, su gomma o per via fluviale, tre metodi che non hanno la capacità di far uscire dal Paese tonnellate di grano con la stessa velocità con cui uscivano dal Mar Nero: ci sono file lunghissime sulle strade e sulle ferrovie, con veicoli e vagoni in coda per 2, 3, 4 settimane per poter uscire dal Paese", spiega all'AdnKronos Mario Zappacosta, economista senior divisione mercato e commercio della Fao. Ma in Fao c'è anche un'altra "enorme" preoccupazione che riguarda un impatto più trasversale e globale della guerra in Ucraina sulla sicurezza alimentare e l'agricoltura internazionali: "l'aumento del prezzo dell'energia. L'agricoltura è grande utilizzatrice di energia, anche attraverso l'uso dei fertilizzanti azotati che sono un prodotto energetico e il costo della loro produzione è estremamente legato al costo dell'energia: un'energia cara, causa fertilizzanti cari. A questo si aggiunge il fatto che la Russia è il principale esportatore di fertilizzanti. Tutto questo causa un aumento dei prezzi e una scarsità di fertilizzanti sul mercato mondiale. Questo - spiega Zappacosta - sarà un problema per Paesi poveri, Paesi ricchi e per tutti i prodotti: ci sarà probabilmente una riduzione di prodotti per le aree seminate in quanto gli agricoltori prevedono un aumento dei costi e, nel caso in cui le superfici saranno seminate, ci potrebbe essere una riduzione delle rese causata da una minore applicazione dei fertilizzanti. Quindi: minori rese, minori produzioni, aumento ulteriore dei prezzi degli alimenti che già nel 2021, prima della guerra, erano a livelli record. Parliamo quindi di record su record". "La Fao gestisce un indicatore dei prezzi alimentari internazionali e quello che registriamo è un livello di questo indice che non si è mai verificato da quando la Fao lo ha inventato, nel 1990. Cose mai viste". Prezzi record, dunque, già prima della guerra in Ucraina, "a causa di forti siccità che si erano verificate in alcuni Paesi tra i maggiori produttori del mondo, come America Latina e Stati Uniti, che avevano ridotto le rese. Prima della guerra, già da un paio di anni la situazione dell'insicurezza alimentare era in fase di deterioramento. Alle tante sciagure tradizionali, dal fattore climatico alle crisi economiche locali e i conflitti, si era aggiunta la crisi indotta dal Covid che ha meso in ginocchio le economie locali. E proprio adesso che il Pianeta stava mettendosi alle spalle questo periodo guardando al rilancio economico, è scoppiata la guerra. Piove sul bagnato, come si dice, e a pagare sono sempre i più poveri". "L'allerta è sui Paesi che sono forti importatori e consumatori di grano, dipendenti dal mercato internazionale: Nord Africa e Medioriente. In particolare Yemen e Libano, ma anche Sri Lanka che stiamo seguendo con preoccupazione, e Laos". Con quali conseguenze? "Le primavere arabe furono scatenate da un problema di tipo alimentare, c'è dunque il rischio che il malcontento sociale possa poi essere una conseguenza di questi scenari, abbastanza preoccupante, sui prezzi internazionali". Per quanto riguarda l'Europa, "il prezzo dei fertilizzanti sarà caro anche per noi e questo porterà a un aumento dei costi di produzione e quindi dei prodotti europei. Questo vale un po' per tutti a livello globale". La soluzione? "La Fao lo dice da sempre: la pace è il fattore principale affinché le cose vadano bene, se una regione o un Paese è in guerra tutto diventa più complicato e a volte le strategie diventano sub-ottimali rispetto a una situazione di pace". "La Fao sta lavorando a un meccanismo di finanziamento alle importazioni alimentari. L'idea è di creare un fondo finanziario a livello globale con credito agevolato a cui potrebbero avere accesso i Paesi più vulnerabili a rischio di aumento di insicurezza alimentare nel caso in cui non fossero in grado di acquistare sui mercati internazionali", aggiunge Zappacosta, ricordando che la Fao "sostiene gli agricoltori, in particolare i piccoli agricoltori, affinché possano seminare e portare avanti le produzioni e quindi avere un raccolto, con programmi di distribuzione di semi e input agricoli. Poi, ci sono delle raccomandazioni generali che la Fao rivolge ai vari Paesi, per esempio raccomandiamo che il commercio alimentare e dei fertilizzanti rimanga quanto più aperto perché se cominciamo a mettere barriere doganali e quindi alle esportazioni questo non fa altro che esasperare la situazione sui mercati internazionali con ulteriori incrementi di prezzo".