INFORMAZIONIEnel spa Energia, Acqua e Ambiente Ruolo: Coach - Rapporti con le Università, Recruiting, People & Organization (P&O Empow) Area: Altro Maria Cristina Corsaro |
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(Adnkronos) - Con la stagione estiva alle porte, quest’anno più che mai, gli italiani iniziano a pensare e a programmare le proprie vacanze, che in molti passeranno sulle spiagge della Penisola. Nel frattempo, il Parlamento si appresta a licenziare il ddl delega sulla Concorrenza che ha nelle concessioni balneari uno dei punti cardine. In questo scenario, Altroconsumo ha realizzato un’inchiesta sui lidi balneari per guidare gli italiani nella scelta delle proprie mete estive e, al contempo, analizzare la loro opinione intorno al tema delle concessioni, che dovranno essere soggette a revisione entro la fine del 2023. L’indagine ha analizzato, in primis, le tariffe applicate dai gestori degli stabilimenti riscontrando un aumento dei prezzi rispetto all’anno precedente, inoltre, attraverso un questionario rivolto ad un campione della popolazione, ha approfondito le abitudini di scelta di chi trascorre le vacanze in località balneari italiane, individuandone le preferenze e la propensione alla spesa. In secondo luogo, agli intervistati è stato chiesto se fossero a conoscenza del concetto di “concessione balneare” e le loro aspettative riguardo la riforma delle concessioni. Relativamente alle preferenze degli italiani per quanto riguarda le tipologie di spiaggia che preferiscono, l’indagine di Altroconsumo riscontra che il 28% di coloro che trascorrono le vacanze in località balneari della Penisola, preferisce lo stabilimento balneare. L’11% dei rispondenti preferisce invece la spiaggia libera attrezzata a pagamento, il 16% la spiaggia libera e gratuita con servizi (come bar, docce e wc) e il 19% la spiaggia libera e gratuita senza servizi. Sul totale degli intervistati, il 39% predilige spiagge a pagamento, mentre il 35% preferisce frequentare spiagge gratuite. Il restante 26% del campione decide di volta in volta dove preferisce andare a seconda delle circostanze quali località, periodo, lunghezza della vacanza. Chi sceglie lo stabilimento balneare o spiagge libere attrezzate a pagamento lo fa, in primis, per l’equipaggiamento offerto (74%); tra le principali motivazioni di scelta troviamo anche la sicurezza di avere il proprio posto (44%), i servizi di ristorazione della struttura (44%) e la possibilità di usare la doccia (43%). Chi frequenta spiagge gratuite, con o senza servizi, lo fa innanzitutto perché sono gratuite (per il 68% dei rispondenti) e per la libertà di scegliere dove andare di giorno in giorno (60%). L’inchiesta di Altroconsumo si è focalizzata innanzitutto sulla consapevolezza intorno al concetto di “concessione balneare”, un tema di grande attualità poiché nella giornata di ieri è stata trovata l’intesa di maggioranza sulla riforma, uno dei punti più spinosi del Ddl Concorrenza che si appresta ad essere varato dal Parlamento. L’86% dei rispondenti è a conoscenza che per concessione balneare si intende l’autorizzazione grazie alla quale uno stabilimento può, a pagamento, gestire la propria attività sul suolo pubblico. Dall’indagine emerge che 3 intervistati su 4 (cioè il 76% del campione) hanno sentito parlare della riforma delle concessioni balneari, e di questi il 91% ha consapevolezza del fatto che riguardi la riassegnazione periodica delle concessioni per la gestione degli stabilimenti. Le aspettative riguardo i risultati della riforma sono, però, piuttosto negative. Più della metà degli intervistati (il 52%) pensa che le tariffe degli stabilimenti aumenteranno (solo il 4% che diminuiranno). Allo stesso tempo i cittadini non prevedono un miglioramento della qualità dei servizi offerti, secondo la maggioranza (65%), questi rimarranno sugli standard attuali. Per quanto riguarda il ricambio dei gestori, il 43% dei rispondenti ritiene che verrà stimolato un maggiore rinnovamento, ma una quota simile di intervistati, il 36%, non prevede particolari cambiamenti a riguardo. "Bene che il ddl concorrenza sia finalmente uscito dal pantano parlamentare: è di per sé una buona notizia per il Paese, che da troppo tempo attende l’approvazione di questa misura fondamentale per il rilancio e l’innovazione. Per questo va riconosciuto l’impegno, anche personale, del presidente Draghi che ha spinto a più riprese il Parlamento a superare l’impasse che rischiava di insabbiare del tutto la legge. Ma, almeno riguardo alle concessioni balneari, le misure per i consumatori rischiano di rimanere sul bagnasciuga", sottolinea Federico Cavallo, responsabile Relazioni Esterne di Altroconsumo. "Da un lato, l’art. 2 del provvedimento nel suo complesso va nella direzione giusta e risponde all’esigenza di mettere al centro la varietà e qualità dei servizi ai consumatori premiando l’attenzione all’ambiente, alla disabilità, all’inclusione di genere. Punti che, come Altroconsumo avevamo evidenziato sia nella nostra lettera di agosto 2021 all’Agcm e al Governo, sia sollevato durante l’audizione dello scorso marzo in Senato. Dall’altro lato, però, vediamo forti rischi nella formula uscita dall’accordo tra le forze politiche sui contenziosi, con un testo vago che offre, di fatto, una scappatoia per sospendere la liberalizzazione almeno per un altro anno". Altroconsumo da tempo, rileva Cavallo, "sostiene che la concorrenza rappresenti un elemento fondamentale in questo settore sia per portare il miglioramento dei servizi, sia per affrontare il tema dei prezzi, entrambi molto sensibili per i consumatori come dimostrato anche da questa inchiesta. Ora, chiediamo al Governo di continuare a lavorare per garantire, nell’attuazione della delega, una riforma vera per favorire, finalmente, un’offerta di servizi maggiormente variegata e dia alle persone più possibilità di scelta. Un quadro diverso da quello attuale dove, a fronte di scarso o nessun miglioramento del servizio, i prezzi sono comunque in aumento. Per questo, Altroconsumo continuerà a far sentire forte la sua voce anche durante l’iter attuativo della delega per garantire la tutela dei cittadini e dei loro diritti di utenti dei servizi balneari".
(Adnkronos) - L’errore giudiziario il tema scelto quest’anno e nel corso dell'iniziativa Federpol ha festeggiato il riconoscimento pubblico del tesserino professionale. Un obiettivo importante che certifica la professionalità e la competenza degli investigatori privati
(Adnkronos) - Dall'inizio della guerra in Ucraina, Greenpeace è scesa in campo, anzi in mare. Una lotta di Davide contro Golia che vede gli attivisti, sulle loro piccole imbarcazioni, andare a intercettare le grandi petroliere russe nei mari di Danimarca, Svezia, Regno Unito, Belgio, Olanda, ma anche in Italia di fronte a Siracusa e Trieste. L'obiettivo delle azioni di protesta è sempre questo: il petrolio russo non deve sbarcare. Azioni di protesta che voglio anche "denunciare l'atteggiamento ipocrita dell'Unione Europea" perché con il petrolio venduto all'Ue, Regno Unito compreso, "la Russia sta guadagnando circa 200 milioni di euro al giorno, secondo i nostri calcoli", dice all'AdnKronos Alessandro Giannì, direttore Campagne di Greenpeace. L'associazione ambientalista monitora e intercetta le petroliere russe con i loro carichi da decine e decine di milioni di euro. Per farlo, ha messo a punto un sistema su twitter, "il Tanker Tracker - spiega Giannì - che si basa su dati pubblici liberamente disponibili anche dal sito Marine Traffic, dati di un sistema di segnalazione di posizionamento delle grandi navi (Automatic Electrification System) che serve per identificare una nave che poi fornisce la sua rotta, insomma è una misura di sicurezza. Ovviamente le navi possono sempre cambiare rotta e destinazione ma il sistema ha funzionato più di una volta". " L'embargo al petrolio russo non è ancora iniziato, ma la situazione è curiosa: c'è stata sì una contrazione dell'import in Europa che si attesta attorno a un milione di tonnellate al giorno, ma nel frattempo in Italia le importazioni sono raddoppiate. Oggi importiamo 450mila tonnellate al giorno, soprattutto a Siracusa dove c'è una raffineria riconducibile alla Lukoil che al momento lavora solo petrolio russo, e a Trieste, da dove parte un oleodotto verso la Germania dove si trovano raffinerie controllate da Gazprom. L'Italia si mostra ancora un porta importante per queste importazioni". "La proposta dell'embargo al petrolio russo, oltre a essere lenta, è soprattutto curiosa perché di fatto dice che dobbiamo andare a cercare questo petrolio da qualche altra parte - spiega il direttore Campagne di Greenpeace - E' come avere un figlio tossicodipendente a cui improvvisamente viene meno il pusher e quello che faccio è andare a cercare un altro pusher invece di disintossicarlo". Invece, secondo Greenpeace, l'Ue potrebbe ridurre la propria dipendenza dal petrolio russo intervenendo sul settore dei trasporti, che per il 70% dipendono dal petrolio russo assorbendo i due terzi del greggio che arriva in Europa. Con soli 5 interventi questa domanda si potrebbe ridurre: vietare i voli a corto raggio, ridurre i limiti di velocità, costi ragionevoli per il trasporto pubblico e più smart working. Solo con queste semplici azioni si potrebbe ridurre la domanda di petrolio del 7%, considerando che il 25% del petrolio che si consuma in Ue viene dalla Russia. Il fatto che l'Ue non ci pensi nemmeno non ci sembra andare nella direzione corretta, oltre al fatto che così diamo il tempo ai russi di trovare altri acquirenti per il proprio petrolio". "Situazione molto grave per gli attivisti in Russia, anche di altre associazioni" "In Russia c'è un ufficio di Greenpeace che, ovviamente, è in grande difficoltà - dice Giannì - Ed è in difficoltà non solo Greenpeace: bisogna rendere merito a tante altre organizzazioni che sin dalla prima settimana dello scoppio del conflitto hanno preso una posizione molto netta contro la guerra. La situazione è molto grave. Noi, anche per motivi di sicurezza, manteniamo al minimo le comunicazione con i nostri colleghi però è chiaro che è una situazione terrificante nella quale non pensavamo davvero di ritrovarci ancora. Il clima di guerra riduce sempre gli spazi di democrazia. In Ucraina non c'è un ufficio di Greenpeace ma operiamo con numerose associazioni sul posto ed è un legame che continuiamo a tenere vivo soprattutto dal versante dei Paesi Est europei. Greenpeace, per quello che può, continua a sostenere l'impegno di chi offre rifugio e assistenza alle troppe persone che fuggono da questo conflitto insensato". di Stefania Marignetti