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(Adnkronos) - Lunedì prossimo, nel pomeriggio, i capi di Stato e di governo dell’Ue si riuniranno a Bruxelles in un Consiglio Europeo straordinario convocato tempo fa dal presidente Charles Michel come tappa intermedia in vista del Consiglio ordinario di giugno, per distribuire il lavoro ed evitare di ‘caricare’ troppo l’appuntamento di metà anno. I leader discuteranno e si confronteranno, lunedì e martedì, su tre materie: guerra in Ucraina, sicurezza e difesa comune, energia. Appare improbabile, allo stato, che dal vertice esca una soluzione per sbloccare il sesto pacchetto di sanzioni Ue contro la Russia, che comprende un embargo graduale all’import di petrolio, pacchetto che resta bloccato dall’Ungheria. Il premier olandese Mark Rutte ha detto che si augura che venga sbloccato nel summit della settimana prossima "oppure il più presto possibile". Il premier ungherese Viktor Orban ha chiesto a Michel di non mettere l'argomento all’ordine del giorno del vertice, dato che uno sblocco non è in vista ed è inutile che i leader discutano di un dossier, se non ci sono soluzioni pronte. E’ probabile che i capi di Stato e di governo nelle conclusioni demandino al lavoro alla Commissione e agli Stati interessati, a meno che nelle riunioni del Coreper previste di qui a lunedì (una o due) non emergano novità dirompenti, cosa che appare allo stato improbabile. In prima battuta i leader dovrebbero parlare dell’Ucraina, nelle sue varie angolazioni, che ha preso il posto della Covid-19 come ‘item’ fisso dei vertici dal 24 febbraio, quando è scoppiata la guerra decisa dalla Russia. I leader nelle conclusioni dovrebbero ribadire l’impegno "incrollabile" ad aiutare Kiev su diversi piani, incluso quello militare. Secondo una bozza provvisoria delle conclusioni riportata dall’Eu Observer, il Consiglio Europeo prometterà di continuare a finanziare e armare l’Ucraina davanti alle "indicibili" atrocità commesse dalle forze russe, che continuano a provocare "sofferenza e distruzione". Il Consiglio Europeo dovrebbe anche "compiacersi" di qualsiasi "misura di confisca" legale che venga proposta, anche se occorrerà discutere per essere sicuri al 100% che misure di confisca degli asset russi reggano ad un ricorso alla Corte di Giustizia. Gli asset confiscati dovrebbero essere utilizzati per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina, nelle intenzioni della Commissione, anche se alcuni Paesi, come la Germania, hanno forti garanzie costituzionali che proteggono i beni dei privati dalla confisca dello Stato, dunque è una materia della quale i leader dovranno discutere. Verrà ovviamente ribadito l’appoggio dell’Ue al diritto di autodifesa degli ucraini, affermando che l’Ue "resta impegnata ad aumentare la capacità dell’Ucraina di difendere la sua integrità e sovranità territoriale". Alcuni Paesi, tra cui l’Italia, ma anche l’Ungheria e Cipro, stanno chiedendo che, oltre a tutto questo, venga inserito un appello almeno ad un cessate il fuoco: Polonia e Paesi Baltici, che vivono la Russia come una minaccia esistenziale, a maggior ragione dopo l’invasione dell’Ucraina, si sono opposti, ma il lavoro di ‘drafting’ non è ancora finito. Di fatto, inserendo questo passaggio si intende delineare anche un fine, oltre ai mezzi, di un'azione che comprende l’assistenza finanziaria a breve termine, per il funzionamento dello Stato ucraino, e a lungo termine, per la ricostruzione, che dovrebbe essere finanziata dall’Ue mediante una piattaforma cui dovrebbero partecipare, oltre all’Ucraina, anche altri partner. I leader dovrebbero anche toccare il tema della crisi alimentare generata dalla guerra in Ucraina, con il blocco del porto di Odessa (chiuso dalle navi da guerra russe e dalle mine messe in acqua dagli ucraini a fini difensivi) che impedisce l’esportazione dei cereali ucraini. E’ un tema cui l’Italia è molto sensibile, visto che diversi Paesi del Nordafrica, inclusa la dirimpettaia Tunisia, stanno avendo grosse difficoltà ad approvvigionarsi di grano. Il pane nel Maghreb è una componente essenziale dell’alimentazione quotidiana e la Primavera araba, con tutto quel che ne seguì, scoppiò anche a causa dei rincari dei cereali. Se dovesse accadere la stessa cosa a causa della guerra in Ucraina, i flussi migratori da sud verso le nostre coste potrebbero aumentare di molto. Si lavora, come ha detto ieri il vicepresidente Valdis Dombrovskis, per cercare di creare corridoi sicuri nel Mar Nero, ma lo stesso politico lettone ha sottolineato che occorrerebbe una qualche scorta armata per garantire la sicurezza delle navi. I russi hanno dato una disponibilità strumentale, chiedendo di togliere le sanzioni per consentire l’esportazione dei cereali, mentre gli ucraini, sotto attacco da parte di Mosca, non si fidano, temendo che, se le acque venissero sminate, i russi ne approfittino per occupare Odessa. La Commissione sta lavorando per aprire vie terrestri verso altri porti, ma per esportare i 20 mln di tonnellate abbondanti di cereali che giacciono nei depositi ucraini le infrastrutture di terra non bastano. Non si dovrebbe parlare, invece, dello status di candidato all'adesione all'Ue dell'Ucraina, un argomento più divisivo che dovrebbe essere trattato nel Consiglio del 23-24 giugno. In materia di sicurezza e difesa, i leader discuteranno delle proposte avanzate dalla Commissione per far sì che l’Europa spenda di più in campo militare, ma soprattutto che spenda meglio. L’Ue, nel suo insieme, spende molto più della Russia, più o meno quanto la Cina, ma in modo inefficiente, perché ogni Paese ha la sua industria della difesa, anche per ragioni strategiche, con il risultato di avere una grandissima diversificazione e una scarsa interoperabilità degli asset e, quindi, una cospicua inefficienza della spesa rispetto, ad esempio, a quella della Federazione Russa che, a differenza dell’Ue, è uno Stato nazionale. I leader discuteranno dell’argomento, anche perché alcuni Paesi, tra cui l’Italia, sono sì d’accordo sullo ‘spendere europeo’, ma a patto che ciò non significhi tagliare fuori le collaborazioni con partner vitali come gli Usa e il Regno Unito. Ultimo ma non meno importante, il tema dell’energia, sulla scia delle conclusioni di Versailles. I leader cominceranno a discutere del pacchetto RePowerEu, che si innesta e potenzia il pacchetto Fit for 55, alzando alcuni obiettivi e puntando fortemente sulle rinnovabili. Uno degli aspetti più innovativi del piano presentato dalla Commissione, tra i tanti, è l’approccio suggerito per tagliare i tempi burocratici che oggi soffocano in molti Paesi, Italia inclusa, lo sviluppo degli impianti eolici e solari. La Commissione propone di individuare delle zone deputate, di interesse ambientale o paesaggistico scarso o relativo, per l’installazione di questi impianti e di condurre a livello di zona le valutazioni di impatto ambientale, anziché a livello di singolo impianto. In questo modo l’obiettivo è di tagliare i tempi a un anno per gli impianti nuovi, a sei mesi per l’ampliamento di quelli già esistenti. I leader dovrebbero parlare anche di gas, in particolare delle infrastrutture necessarie ad aumentare le importazioni di gas naturale liquefatto dagli Usa e da altri Paesi (infrastrutture 'convertibili' al trasporto di idrogeno), per ridurre la dipendenza dalla Russia, che resta forte in alcuni Stati manifatturieri come l’Italia e, ancora di più, la Germania. La Penisola Iberica è ricca di rigassificatori, ma è poco connessa con il resto del continente, al punto che la ‘Isla’ energetica costituita da Spagna e Portogallo è riuscita ad ottenere una deroga, nell’ultimo Consiglio Europeo, fissando un tetto al prezzo del gas. Entrambi i Paesi usano molto poco il metano ma, a causa del meccanismo di formazione del prezzo nel mercato elettrico Ue, si trovavano bollette alle stelle per via del prezzo del gas, schizzato alle stelle con l’invasione dell’Ucraina. Il premier spagnolo Pedro Sanchez è riuscito ad ottenere la deroga solo alzandosi e lasciando la sala del summit, cosa che ha costretto gli altri leader a piegarsi, dinanzi alla prospettiva di un fallimento del Consiglio Europeo davanti alla guerra scatenata dai russi contro Kiev. L’Italia continua a chiedere che venga introdotto un price cap, un tetto massimo al prezzo del gas, per calmierare un mercato sotto pressione: davanti ad un evento bellico, il libero mercato non funziona più come in tempo di pace. Germania e Olanda si oppongono all’introduzione di un price cap, che costituirebbe anche una sanzione indiretta contro la Russia, dato che si applicherebbe anzitutto al gas che arriva via gasdotto da est. Il presidente del Consiglio Mario Draghi fa notare anche, da tempo, che davanti agli enormi investimenti necessari per la transizione energetica e anche nella difesa, i bilanci nazionali non bastano. RePower Eu attinge ai prestiti di Next Generation Eu lasciati inutilizzati dagli Stati (diversi Paesi non hanno convenienza ad usarli, perché si finanziano sui mercati a tassi minori di quelli che paga la Commissione), circa 200 mld di euro, al reindirizzamento (volontario) di una parte dei fondi di coesione e per la Pac (il Parlamento Europeo si è già detto contrario) e ai proventi di una parte delle quote della riserva dell’Ets, il sistema Ue di scambio delle quote di emissione, ma è opinione diffusa che occorrerebbero più risorse. I Paesi nordici, la Germania in testa con il liberale Christian Lindner alle Finanze, ribattono che Next Generation Eu è uno strumento una tantum, eccezionale, e che non occorre ripeterlo. Nessuno, comunque, si aspettava che Berlino, che ha accettato un piano da 800 mld di euro di debito sostanzialmente comune (Eurobond, o qualcosa di molto simile, in tutto tranne che nel nome), desse il via libera a un Next Generation Eu bis senza battere ciglio, né che lo facesse l’Olanda. Ogni leader politico deve rispondere alla propria opinione pubblica, quindi occorre tempo per far ‘digerire’ certe cose. Mark Rutte ha concesso all’Italia (e altri Paesi del Sud), flagellati dalla pandemia, il debito in comune, anatema per una parte dell’elettorato olandese, appena due anni fa. Anche lui ha bisogno di tempo. In Germania, poi, governa una coalizione intrisencamente più instabile di quella precedente, che vedeva un partner senior, la Cdu-Csu, e uno junior, l’Spd. Con Olaf Scholz c’è una coalizione a tre, in cui i pesi delle forze sono diversi, quindi anche a Berlino occorrerà tempo. Intanto, i leader discuteranno dei modi per riempire le scorte di gas in vista del prossimo inverno, cosa che si prospetta non facilissima, degli stoccaggi comuni e anche del progetto di acquistare gas in comune a livello Ue, come è stato fatto con i vaccini anti-Covid. Come ha detto Christine Lagarde, un cartello dei compratori avrebbe un effetto calmierante sui prezzi del gas. Certo, la Russia potrebbe decidere di non venderlo, ma l’Ue conta per il 75% del mercato mondiale del gas via tubo. Se Mosca non vende il suo gas all’Ue, deve bruciarlo, per non danneggiare i giacimenti, dato che il gasdotto transiberiano che collega la Russia alla Cina ha una portata limitata e che, oltretutto, i cinesi pagano il gas meno degli europei. Una cosa che appare abbastanza chiara, comunque, è che la Commissione difficilmente insisterà troppo perché le compagnie europee disattendano il decreto russo che impone l’apertura di un conto in rubli presso Gazprombank. Diverse compagnie europee, inclusa l’italiana Eni, si sono adeguate in via precauzionale, riservandosi ricorsi, chiarendo che il rischio di cambio non è a loro carico e che i pagamenti si considerano conclusi al versamento del corrispettivo in euro (o in dollari). Lo stesso Valdis Dombrovskis ha lasciato intendere che per la Commissione il pagamento deve considerarsi concluso al momento del versamento del corrispettivo in euro o dollari, e tanto basta. I Paesi membri più dipendenti dal gas, con ogni probabilità, devono aver fatto capire alla Commissione che non possono rischiare una recessione grave, reduci dalla crisi da Covid, perché secondo i giuristi di Bruxelles l’apertura di un conto in rubli viola le sanzioni. Per ora si va avanti così, nella zona grigia, anche se il rublo ha toccato i massimi dal 2020 nel cambio con l’euro. Per quanto riguarda il sesto pacchetto di sanzioni, che prevede l’embargo graduale all’import di petrolio, allo stato attuale non è facile prevedere quando potrà vedere la luce. Al punto che a Bruxelles ci si inizia a chiedere se verrà mai approvato. E’ abbastanza chiaro, ormai, che la strategia di vendere la pelle dell’orso (ungherese in questo caso) prima di averlo ucciso (fuor di metafora, aver convinto Orban a dire di sì) adottata da Ursula von der Leyen e Josep Borrell è fallita. Il pacchetto è bloccato da più di tre settimane, perché l’Ungheria, molto dipendente dal petrolio russo, chiede garanzie sulla sicurezza degli approvvigionamenti e sulle compensazioni economiche per i costi che dovrà affrontare, tra l’altro, per ‘ritirare’ su altri greggi raffinerie che da decenni lavorano il petrolio trasportato dall’oleodotto Druzhba (amicizia, in russo) dal Tatarstan. E il leader ungherese, sottotraccia, probabilmente chiede altre contropartite, come lo sblocco del Pnrr ungherese, bloccato da tempo dalla Commissione. Uno scambio simile non è mai stato esplicitato, né l’esecutivo Ue vi ha mai accennato (tra l’altro, il Parlamento Europeo insorgerebbe). Ma è evidente che al Berlaymont hanno sottovalutato la tenacia del leader nazionalista magiaro, fresco di rielezione. Forse qualcuno sperava che Berlino intervenisse, riportando Orban a più miti consigli, com è avvenuto in passato con Angela Merkel, vista la fortissima dipendenza ungherese dall’automotive tedesco. Apparentemente, almeno finora, non è successo. Tanto che a Bruxelles non manca chi pensa che Orban, bloccando l’embargo al petrolio, in fondo arrechi un male che non viene del tutto per nuocere. Infatti, alla luce dello stallo in cui è precipitato l’embargo sul petrolio, proporre e approvare un embargo alle importazioni di gas, che avrebbe conseguenze molto pesanti per diverse economie dell’Ue, in primis per la Germania ma anche per l’Italia che pure hanno dato via libera all’embargo sull’oro nero, diventa più difficile, o meno scontato. Di certo lo stallo cui si assiste da settimane sul petrolio non è un incentivo. Intanto, ci si consola pensando che si guadagnano settimane per trovare fornitori alternativi. Ma, al di là di questi aspetti a breve, i pacchetti di sanzioni che sono stati approvati finora sono destinati a mordere nel lungo termine. Soprattutto perché, a tendere, sono misure definitive, poiché l’Ue ha un progetto per affrancarsi dal gas russo, embargo o non embargo. E, quando riuscirà a farlo, Mosca si troverà probabilmente in grosse difficoltà, perdendo il suo primo cliente. Anche perché la Cina, l'acquirente sostitutivo potenziale, difficilmente cadrebbe nell’errore in cui è caduta l’Ue, lasciandosi avviluppare in una dipendenza dal gas russo. In ogni caso, in assenza di una soluzione pronta per sbloccare l’embargo sul petrolio, è difficile che Michel scelga di far discutere i leader del problema tenendoli chiusi nell’Europa Building fino alle cinque di martedì mattina.
(Adnkronos) - Una startup che offre a coloro che hanno una disabilità permanente o temporanea la possibilità di prenotare una o più corse via App, nel pieno rispetto delle diverse esigenze e con tempi di attesa ridotti. Al momento della prenotazione, chi deve spostarsi scopre subito qual è il costo e la durata prevista del viaggio, visualizzando le informazioni sullo smartphone. E' Mbility, in crowdfunding su crowdfundme.it, che, dopo aver superato ampiamente l’obiettivo minimo di 100mila euro, punta al mezzo milione di goal massimo. "Il nostro desiderio - spiega Marco Amico, Ceo e co-founder di Mbility - è quello di consentire alle persone che per qualunque ragione vivono con una disabilità di muoversi liberamente nei contesti urbani, favorendo la socializzazione e l’opportunità di accedere ai luoghi di studio, lavoro, cura e svago. Come accade per altri servizi di trasporto automobilistico, come Uber o Free Now, il passeggero può valutare gli autisti. Inoltre, abbiamo pensato che fosse importante dare la possibilità ai parenti e ai care giver di monitorare il percorso per essere sicuri che tutto vada per il meglio". Mbility rappresenta il punto di incontro tra la domanda di trasporti professionali da parte degli utenti con disabilità e le società attrezzate per il trasporto di carrozzine con personale qualificato. La startup è già attiva su Milano e hinterland grazie al supporto del Comune di Milano (che ha premiato e finanziato l’iniziativa) e a una serie di collaborazioni con trasportatori locali. "Ci siamo accorti che molte aziende di trasporto per persone con difficoltà motorie non riescono a impiegare al meglio le loro flotte. C’è una grande frammentazione nell’offerta di servizi di trasporto attrezzati e una scarsa o assente digitalizzazione dei gestori di questi servizi. Collaborando con Mbility queste realtà hanno la possibilità di lavorare di più, mentre noi facciamo conoscere più velocemente la piattaforma", sottolinea il presidente e co-founder Alfonso Correale. Mbility è molto più di una semplice applicazione. Accanto all’App utente di Mbility che permette di prenotare le corse, c’è anche una App per i driver. Quando un autista la attiva diventa visibile sulla piattaforma e può accettare una corsa, alla tariffa calcolata dall’algoritmo. "Abbiamo pensato a una serie di servizi - spiega Marco Amico - modulati sulle esigenze dei diversi utilizzatori. All’interno della piattaforma c’è una dashboard per le aziende di trasporto che offre vantaggi come la geo-localizzazione dei veicoli e una completa digitalizzazione del flusso di lavoro. Grazie a Mbility i gestori possono risparmiare sui costi di esercizio e di back-office. Ma Mbility ha anche un’interfaccia B2B che offre agli operatori turistici, alle associazioni e alle aziende di ogni tipo la possibilità di prenotare servizi di trasporto per dipendenti, utenti e clienti con ridotta capacità motoria". Al 31 dicembre 2021, in soli due mesi di attività, Mbility ha totalizzato oltre 100 download dell’app utente e realizzato 563 corse, per un costo medio a corsa pari a 37 euro. Per il 2022 il fatturato transato previsto è di circa 150mila euro. Dopo Milano, i founder hanno pianificato di estendere il servizio a Roma, Torino e Genova, ma il modello di business è pensato per essere portato in qualsiasi territorio urbano. Mbility può contare su un team dalle competenze variegate, con anni di esperienza alle spalle sia manageriale a livello internazionale e imprenditoriale (Alfonso Correale), sia It (Daniele Dolci) e nell’ambito dei trasporti e del sociale (Marco Amico). Nell’ultimo mese si sono aggiunti al gruppo dei founder due consulenti di esperienza: Matteo Brambilla, che coordinerà gli aspetti amministrativi e le partnership, e Daria Illy, che si occuperà di Hr, organizzazione, Pr e inclusion. Daria sarà anche parte dell’Advisory Board composto da personalità di spicco del mondo imprenditoriale e sociale come Oscar di Montigny (Chief Innovability & Value Strategy Officer di Banca Mediolanum), Francesco Galli (presidente Gruppo Sandonato), Luigi Passetto (consigliere nazionale Anglat), Alfredo Lovati (Ceo di Beta80), Riccardo Zagaria (Ceo Doc Generici) e Stefano Storti (Partner Jakala).
(Adnkronos) - Consigli utili contro il caro bollette, per tutelare l’ambiente e contribuire a ridurre la dipendenza dal gas metano anche con l’utilizzo ‘intelligente’ dei condizionatori. All’inizio della stagione estiva Enea fornisce un vademecum con alcune indicazioni pratiche per utilizzare in modo ottimale gli impianti di climatizzazione. Un insieme di misure che, unite all’installazione di modelli ad alta efficienza e di pannelli solari per produrre acqua calda sanitaria, consentirebbero di risparmiare a livello nazionale fino a 1,8 miliardi di metri cubi di gas metano all’anno, circa il 2,5% del consumo italiano nel 2021 (76 miliardi di m3). “Nella climatizzazione estiva, le misure essenziali per ottenere bollette più leggere consistono nell’aumentare di due gradi il settaggio della temperatura interna, portando il termostato da 26 a 28°C, e chiudere le persiane quando non si è in casa. In particolare, nel periodo estivo è fondamentale schermare le finestre esposte a sud e a est”, sottolinea Nicolandrea Calabrese, responsabile del Laboratorio Enea di Efficienza energetica negli edifici e sviluppo urbano. Con questi due accorgimenti si potrà ridurre fino al 50% circa il consumo di energia elettrica per la climatizzazione estiva, risparmio variabile in funzione dell’esposizione alla radiazione solare dell’abitazione. “Ipotizzando che il 30% delle circa 25,7 milioni di famiglie italiane abbia due unità interne di condizionamento in funzione per 350 ore l’anno, con queste due semplici azioni si potrebbero risparmiare fino a oltre 1,3 miliardi di kWh elettrici corrispondenti a circa 100 milioni di m3 di metano in un anno”, sottolinea Calabrese. Sostituire un vecchio condizionatore in classe D con un nuovo modello in classe A+++ può far risparmiare 140 kWh elettrici, pari a circa il 60%. “Se anche solo il 5% delle famiglie sostituisse il proprio condizionatore energivoro con un modello alla massima efficienza, si potrebbe ottenere un risparmio di 180 milioni di kWh elettrici, corrispondenti a 14 milioni di m3 di gas in un anno”, aggiunge Calabrese. A questi tagli annui legati alla sola climatizzazione estiva (circa 115 milioni di m3 di metano), si potrebbe aggiungere il risparmio di gas di gran lunga più significativo, pari a 1,7 miliardi di m3 all’anno, grazie all’installazione di pannelli solari termici per la produzione di acqua calda sanitaria. “Questo dato lo abbiamo calcolato ipotizzandone l’installazione da parte dell’80% delle famiglie residenti in case unifamiliari, per le quali l’intervento è di semplice attuazione, e dal 20% di quelle che abitano in condominio, per un totale di circa 9,75 milioni di nuclei familiari. Il ricorso a pannelli solari termici può infatti coprire interamente il fabbisogno di una famiglia per la produzione di acqua calda sanitaria da aprile fino ad ottobre, con un risparmio di circa 175 m3 di gas, considerando un consumo medio di 25 m3 al mese”, conclude Calabrese. Di seguito il dettaglio delle azioni possibili in ambito residenziale: Indipendentemente dalla tecnologia - spiega Enea - sono sempre da preferire i condizionatori in classe energetica superiore alla A in quanto, oltre a una riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera, consumano molto meno. Il consumo energetico annuo indicato sull’etichetta di un climatizzatore da 2,5 kW è relativo a 350 ore in modalità raffreddamento a cui è sommato il consumo di energia in altre modalità quali lo standby. La normativa prevede che durante la stagione estiva la temperatura interna non debba scendere sotto i 24-26 °C ma, il più delle volte, due o tre gradi in meno rispetto alla temperatura esterna sono già sufficienti. Inoltre, per scongiurare la sensazione di caldo opprimente, spesso può bastare l’attivazione della funzione 'deumidificazione'. Chiudere le persiane, abbassare le tapparelle o comunque schermare i serramenti nelle ore centrali delle giornate estive consente di ridurre gli apporti solari in ingresso all’abitazione e, conseguentemente, l’energia richiesta dai climatizzatori. In un condizionatore con sistema di controllo inverter - continua Enea - la velocità di rotazione del compressore viene regolata costantemente e questo permette di avere prestazioni ottimali in qualsiasi condizioni di impiego, adeguando la potenza frigorifera e termica erogata all’effettiva necessità. In fase di installazione, è importante collocare il climatizzatore nella parte alta della parete: l’aria fredda tende infatti a scendere e si mescolerà più facilmente con quella calda che invece tende a salire. Occorre assolutamente evitare di posizionare il climatizzatore dietro divani o tende: l’effetto-barriera blocca la diffusione dell’aria fresca. Installare un condizionatore potente in corridoio sperando che rinfreschi l’intera abitazione è inutile. L’ingresso nella stanza di 'nuova' aria calda obbliga l’apparecchiatura a compiere un lavoro supplementare per riportare la temperatura e l’umidità ai livelli richiesti, con un conseguente dispendio di energia. Per evitare inutili dispersioni è necessario isolare termicamente i tubi del circuito refrigerante presenti all’esterno dell’abitazione. È inoltre opportuno assicurarsi che la parte esterna del climatizzatore non sia esposta al sole e alle intemperie. Grazie a queste funzioni è possibile ridurre al minimo il tempo di accensione dell’apparecchio e aumentare il comfort. Inoltre, consentono di accendere e spegnere il climatizzatore anche a distanza e di tenerlo in funzione per il solo periodo di tempo in cui se ne ha realmente bisogno. I filtri dell’aria e le ventole, spiega ancora Enea, devono essere ripuliti alla prima accensione stagionale e almeno ogni due settimane, perché si tratta del luogo dove più di frequente si annidano muffe e batteri dannosi per la salute. È importante inoltre controllare la tenuta del circuito del gas. Enea ricorda inoltre che la normativa prevede l’obbligo del libretto impianto e di controlli periodici per gli impianti con una potenza superiore a 10 kW per quelli invernali e a 12 kW per quelli estivi. Le lampade a incandescenza trasformano in calore il 90% dell'energia elettrica assorbita, in parte dissipato nell’ambiente per radiazione (80%), in parte per convezione e conduzione (10%). Il carico termico interno può essere ridotto sostituendo le lampadine esistenti con altre a tipologia a Led. L’installazione di pannelli solari termici e fotovoltaici può permettere alle abitazioni di essere completamente indipendenti dalle forniture esterne di corrente elettrica e di altri combustibili, ad esempio il gas per l’acqua calda. Chiedere a un tecnico di effettuare una diagnosi energetica dell’edificio è il primo passo utile per valutare lo stato dell’isolamento termico di pareti e finestre e l’efficienza degli impianti di climatizzazione. La diagnosi suggerirà gli interventi da realizzare valutandone il rapporto costi-benefici. Per agevolare la sostituzione degli impianti esistenti e l’installazione di soluzioni tecnologiche ad elevata efficienza energetica, esistono varie forme di incentivo. In particolare, per l’installazione di impianti solari termici è possibile accedere al Conto Termico 2.0, alle detrazioni fiscali del 50% (bonus casa) e del 65% (ecobonus). La stessa cosa vale per l’installazione di pompe di calore, se destinate a sostituire il vecchio impianto termico. Per quanto riguarda gli impianti fotovoltaici, invece, l’incentivo da considerare è il bonus casa con detrazione al 50%.