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(Adnkronos) - "Io continuo a essere convinto tuttora che se Giovanni Falcone fosse rimasto a Palermo sarebbe stato meglio anche per lui e per la sua difesa personale. Ciò che non sapevo all'epoca e che mi portò ad avere questo tono polemico con il giudice Falcone, era che Giovanni nell'immediato non ha potuto dirlo, ma aveva raggiunto un punto di rottura con l'allora Procuratore di Palermo, Pietro Giammanco. E a quel punto Falcone decise di raccogliere l'invito dell'allora ministro della Giustizia Claudio Martelli e lavorare a quel livello a Roma". A dirlo, in una intervista all'Adnkronos, è l'avvocato Alfredo Galasso. Il riferimento è al botta e risposta tra il legale e il giudice Giovanni Falcone, nel corso del Maurizio Costanzo Show del 26 settembre del 1991. Durante la puntata, Galasso attaccò Falcone dicendogli "Giovanni Falcone farebbe bene ad allontanarsi il prima possibile dai palazzi ministeriali perché mi pare che l'aria non gli fa bene proprio". Immediata la replica del magistrato: "Questo vuol dire mancanza di senso dello Stato". E Galasso: "No, è il senso della indipendenza della magistratura. Oltre al Csm i magistrati in ogni momento della loro carriera non devono rispondere a nessuno". Falcone dice: "Chi è indipendente deve sempre rispondere": Chiude il botta e risposta Galasso: "Comunque, Giovanni, non mi piace che stai dentro il palazzo del Governo, non mi piace". L'avvocato Galasso non risparmia poi critiche alle celebrazioni per il trentennale delle stragi: "C'è una retorica diffusa che, per certi versi, è insopportabile. Io credo che bisognerebbe avere non solo un senso di rispetto per la memoria di questi personaggi, ma cercare di capire cosa successe allora e cosa sta succedendo adesso". "Cioè - aggiunge -che c'è un sistema sotterraneo in cui mafia e ndrangheta hanno costruito un sistema solidissimo. Finora un sistema che non ha avuto la necessità di azioni militari". Poi l'avvocato Galssso, che ha avuto tra i suoi clienti, il collaboratore di giustizia Angelo Siino, ex 'ministro dei Lavori pubblici di Cosa nostra' di Riina, aggiunge: "Proprio recentemente ho letto un verbale del 1990 che è stato desecretato dalla Commissione nazionale antimafia, in cui Falcone parlava di una 'centrale del sistema', che io chiamo politico, economico e criminale, che gestiva gli appalti dal Nord al Sud. E devo dire che questo, io credo, rimanga la ragione fondamentale per la quale bisognava eliminare un personaggio 'pericoloso' come Falcone". "Tanto più che che come aveva predetto Lima, parlando con Ignazio Salvo, 'Questo si mette l'Italia nelle mani' - aggiunge ancora Galasso - Stava per assumere una posizione molto attiva e pericolosa per gli affari di Cosa nostra in quel momento. Tanto più che c'era all'ordine del giorno quella Procura nazionale voluta fortemente da Giovanni Falcone, che poi si è tradotta in maniera molto efficace nelle procure distrettuali". "Quindi si stava preparando un apparato istituzionale molto pericoloso per questo genere di sistema che si era costruito, questa sorta di 'centrale di sistema', come la chiamava Falcone nella deposizione alla Commissione antimafia, avvertiva un rischio - prosegue Galasso - E quando, come io ritengo, si sia in presenza di un vero sistema di potere, ognuno dei soggetti che ne fa parte si muove in maniera indipendente ma assolutamente coerente rispetto all'obiettivo: cioè eliminare l'ostacolo. In quel momento con riferimento alle vicende di grande importanza, per la mafia e tutti i suoi complici, imprenditori e politici, che fosse la presenza di una persona incorruttibile come Falcone e in più in stretto collegamento con Paolo Borsellino, perché insieme stavano analizzando questo sistema di potere, avrebbe impedito lo sviluppo di questo sistema, che invece poi si è ulteriormente sviluppato nel periodo successivo". Per Alfredo Galssso "Ciò che rimane un punto importante da chiarire è come mai e perché mai dopo la strage di Capaci, Riina, di sua iniziativa, e contro il parere e il consiglio dei suoi alleati, e soprattutto contro gli interessi dei mafiosi che stavano in carcere, che infatti se ne lamentarono, decise questa ulteriore strage", dice l'avvocato. "Qui c'è qualcosa che si inserisce, secondo me, in quei giorni famosi - aggiunge- E si inserisce con riferimento a questa traccia che già nel 1990 Falcone aveva disegnato davanti alla Commissione antimafia, questa 'centrale'. E dall'altra parte, io che ho assistito, un collaboratore di giustizia come Angelo Siino, il 'ministro dei Lavori pubblici di Totò Riina', ricordo che proprio Siino ha mandato in galera personaggi come Panzavolta, che dal Nord alla Sicilia, in questo asse, che era rappresentato in Sicilia da un imprenditore di rango mafioso, portavoce di Riina, come Buscemi, era in stretto collegamento con personaggi della imprenditoria del Nord". E Galasso ricorda il processo del 'tavolino', sulle tangenti pagate dagli imprenditori a Cosa nostra, che a quanto ha raccontato Siino questo 'tavolino' aveva sostituito quel sistema di cui si occupava lui fino quel momento e che c'era stato fino a quel momento. Non c'era più bisogno di far pagare il pizzo, gli affari si gestivano così, in maniera diretta e immediata. Si incontravano due personaggi capaci, competenti, e consapevoli di quello che stava accadendo. Ora, a distanza di tanti anni, scopriamo che nel 1990 Falcone ne aveva già parlato". E parlando dell'arringa difensiva di parte civile del processo sul depistaggio sulla strage di via D'Amelio, in cui l'avvocato Fabio Trizzino che detto che "ad accelerare la strage Borsellino è stato il 'dossier mafia e appalti' del Ros", archiviato a Palermo subito dopo l'uccisione di Borsellino, Galasso dice: "Sono assolutamente convinto che il dossier mafia e appalti c'entri con la strage Borsellino. C'era il rischio che andasse per aria un progetto strategico per gli interessi affaristici di Cosa nostra e dei politici che stavano accanto, ora sappiamo anche i nomi e cognomi di questi personaggi. Ricordiamo ancora cosa disse Salvo Lima e Ignazio Salvo...". (di Elvira Terranova)
(Adnkronos) - Cambio della guardia ai vertici del Consorzio Alta Langa: il nuovo presidente è Mariacristina Castelletta (Tosti 1820). Ad affiancarla come vicepresidente, in continuità con gli anni precedenti, sarà Giovanni Carlo Bussi, viticoltore di San Marzano Oliveto. Castelletta succede a Giulio Bava, che ha guidato la compagine per tre mandati consecutivi tra il 2013 e il 2022. Presidente e vice sono stati eletti dal Consiglio di amministrazione dell’ente, scelto a sua volta nell’Assemblea dei soci della scorsa settimana. Oggi, nel Cda guidato da Castelletta e Bussi, siedono: Piero Bagnasco (Fontanafredda), Giulio Bava (Giulio Cocchi), Umberto Bera (Bera), Domenico Conta (Enrico Serafino), Sergio Germano (Ettore Germano), Antonio Massucco (Banfi), Alessandro Picchi (Fratelli Gancia), Giacinto Balbo (viticoltore di Bubbio e Cassinasco), Luciano Ferrero (viticoltore di Mango), Gianpaolo Menotti (viticoltore di Castel Rocchero). Da otto anni nel Consiglio di amministrazione del Consorzio Alta Langa, Mariacristina Castelletta si occupa del marketing dell’azienda di famiglia, Tosti1820, e fa parte anche del Consiglio di amministrazione del Consorzio del Vermouth di Torino. “Sono onorata ed entusiasta di rappresentare la denominazione Alta Langa Docg. Un grazie infinito va a Giulio Bava, che con la sua presidenza ha traghettato la nostra denominazione in questa importante fase di affermazione e sviluppo. Un ringraziamento sincero anche a Giovanni Carlo Bussi: sono felice di ritrovarlo al mio fianco, per la sua grande esperienza e generosità nei confronti del Consorzio. I miei prossimi tre anni alla guida del Consorzio saranno all’insegna della continuità con ciò che è stato fatto finora. L’obiettivo è quello di proseguire nel percorso di crescita della denominazione, sia in termini di autorevolezza che di numeri”, dice il neoeletto presidente. “La denominazione Alta Langa Docg - spiega ancora Castelletta - sta crescendo e lo sta facendo bene. Più di 50 produttori oggi fanno parte del Consorzio, le cuvée prodotte sono complessivamente 90. Costante la base agricola, composta da circa 90 viticoltori. Il vigneto si estende adesso per 377 ettari (175 in provincia di Cuneo, 164 in provincia di Asti, 38 in provincia di Alessandria) e dalla vendemmia 2021 abbiamo avuto 3 milioni di bottiglie”. Sul fronte della promozione, i passi sono stati consistenti. Lunedì 6 giugno si svolgerà una nuova edizione de La Prima dell’Alta Langa, la grande degustazione di tutte le cuvée dei soci del Consorzio aperta a un pubblico di operatori professionali (buyer, enotecari, ristoratori, distributori, barman, giornalisti). Dopo il successo delle due edizioni di Grinzane Cavour e di quella di Milano, l’evento si svolgerà stavolta a Torino, nel Museo di Italdesign, fra modelli di auto futuristiche, contemporanee. Saranno ben 115 le diverse etichette di Alta Langa in degustazione - tra vini bianchi, rosati, riserve, grandi formati, millesimi rari - per 46 diversi produttori presenti all’evento: numeri che – rapportati alla prima edizione della manifestazione, nella primavera 2018, quando al Castello di Grinzane Cavour si riunirono gli allora 18 produttori del Consorzio per presentare le loro 40 cuvée – raccontano la veloce crescita e il consolidamento della denominazione delle 'alte bollicine piemontesi'. Chi parteciperà a La Prima dell’Alta Langa quest’anno vedrà in anteprima assoluta 'Terra', il nuovo, iconico calice istituzionale che verrà presentato proprio durante l’evento: dalla collaborazione con Italdesign è nato, infatti, un calice che intende rappresentare il giusto connubio tra funzione e aspetto, dove la forma conserva le prestazioni tecniche ma allo stesso tempo valica i canoni estetici tradizionali di un calice da vino. La collaborazione tra Consorzio e Italdesign è iniziata dieci anni fa, nel 2012, quando fu presentato al pubblico il calice 'Grande', ideato da Giorgetto Giugiaro in esclusiva per il Consorzio Alta Langa. Prosegue anche la partnership con la Fiera internazionale del Tartufo Bianco d’Alba: da sette anni 'alte bollicine piemontesi' sono Official Sparkling Wine della manifestazione, accompagnando i momenti istituzionali e tutti i cooking show degli chef italiani e internazionali che preparano i loro piatti a base di tartufo. Lo scorso settembre, poi, è stato avviato l’importante progetto con il Centro nazionale Studi Tartufo per la sensibilizzazione dei soci viticoltori che dedicano una porzione di terreno alla piantumazione di alberi simbionti del tartufo, nell’ottica del mantenimento delle tartufaie sul territorio delle colline alte di Langa. In dirittura d’arrivo i lavori per l’articolato dossier tecnico e di racconto completo della denominazione iniziato lo scorso anno: attraverso la collaborazione di esperti, sono stati approfonditi e codificati aspetti rilevanti che vanno dai miti e dalla storia delle alte bollicine piemontesi fino alle caratteristiche del terroir; dalla conservazione delle bottiglie fino alle tecniche di servizio, la degustazione dei vini e gli abbinamenti. Lo studio sarà indirizzato in primo luogo ad accrescere la consapevolezza e la cultura dell’Alta Langa Docg tra i produttori e avrà una funzione divulgativa.
(Adnkronos) - Nella Giornata Mondiale delle Api l'allarme del WWF: il 40% delle specie selvatiche di api e degli altri impollinatori - come vespe, coleotteri e farfalle - è a rischio di estinzione. Una perdita irrimediabile, visto da loro dipende che circa il 90% di tutte le piante selvatiche con fiore e l’80% delle piante produttrici di cibo e prodotti per il consumo umano, pari al 35% della produzione agricola mondiale, con un valore economico stimato ogni anno di oltre 153 miliardi di euro a livello globale e 22 miliardi di euro in Europa. Per dare una risposta concreta il WWF ha varato il progetto “Diamo una casa alle api”: realizzare e gestire in 20 Oasi WWF su tutto il territorio nazionale - aperte in via straordinaria questo e il prossimo weekend - aree per facilitare la vita a questi importantissimi insetti. Ma non basta, occorre mettere al bando i pesticidi più nocivi, lasciando più spazio alla biodiversità anche negli ambienti agricoli.