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(Adnkronos) - Long covid, il 17% dei bambini e degli adolescenti italiani che hanno avuto l'infezione manifesta a distanza di 3 mesi sintomi. I più comuni sono la congestione nasale, il mal di testa e l'affaticamento, mentre il più persistente nel tempo sembra essere l'insonnia. I dati emergono dal primo studio prospettico sul Long Covid condotto sui bambini e gli adolescenti italiani, coordinato dall'Azienda ospedaliera universitaria di Parma, i cui risultati preliminari vengono illustrati oggi al 77esimo Congresso della Società italiana di Pediatra (Sip), in corso a Sorrento. Lo studio, iniziato a novembre 2021 e che terminerà a marzo 2026, condotto su 14 centri sul territorio nazionale, ha arruolato sinora circa 1.000 bambini e adolescenti con una pregressa infezione da SarS-CoV-2 di diversa gravità. "Identificare le potenziali conseguenze a lungo termine del Long Covid e la relazione con l'infezione acuta è importante per la gestione e la riabilitazione dei pazienti. I criteri di inclusione di questo studio sono molto stringenti in quanto prevedono di arruolare in modo longitudinale un grosso numero di soggetti che hanno avuto una recente diagnosi di infezione da SarS-CoV-2, proponendo la ricerca nei centri partecipanti a tutti coloro che sono risultati positivi al tampone molecolare in un preciso intervallo di tempo", afferma la coordinatrice dello studio, Susanna Esposito, ordinaria di Pediatria e direttrice della Clinica pediatrica dell'Università di Parma, responsabile del Tavolo tecnico malattie infettive e vaccinazioni della Sip. Dei 670 pazienti con diagnosi Covid-19 che hanno partecipato allo studio e per i quali sono disponibili i primi dati (51,5% maschi e 48,5% femmine), il 31% aveva una patologia pregressa, solo l'1,8% ha avuto necessità di ricovero, nel 15% dei casi l'infezione è stata asintomatica. A distanza di 3 mesi dall'infezione, 118 bambini (pari al 17,6% del campione) manifestano almeno un sintomo del Long Covid. Tra questi, 110 bambini (16,4%) manifestano almeno 2 sintomi, 84 bambini (12%) almeno 3 sintomi. Ma quali sono le più frequenti manifestazioni del Long Covid nella popolazione censita dallo studio? Congestione nasale (17%), mal di testa (15%), affaticamento (13%), scarso appetito (10%), insonnia (9%), tosse persistente (8%), dolore addominale (6%), confusione e perdita di concentrazione (5,2%) ed eruzione cutanea (4,9%). Tra i bambini che si sentono affaticati (pari al 13% del campione), circa uno su 4 sente il bisogno di riposarsi più del solito, il 19% si sente più assonnato, l'11% ha meno energia del solito. Alcuni sintomi come congestione nasale, scarso appetito, eruzione cutanee tendono a manifestarsi, nella stragrande maggioranza dei casi, in maniera lieve. Ma sintomi come affaticamento, insonnia, perdita di concentrazione e mal di testa si manifestano spesso con una sintomatologia più importante. In particolare, lamentano forme da moderate a gravi di affaticamento e di mancanza di concentrazione circa il 43% dei bambini alle prese con questi disturbi. Quanto alla durata dei sintomi, stando ai dati raccolti sinora, i più persistenti sono il mal di testa con il 10% dei bambini che ne soffre anche a distanza di 4-6 mesi successivi all'infezione e l'insonnia: il 3,6% ne soffre a 6 mesi di distanza; l'1,8% a 7-9 mesi, e analoga è la percentuale di chi ne soffre a un anno di distanza. "Il Long Covid è un problema concreto anche nei bambini e negli adolescenti. La nostra ricerca dimostra la necessità di non sottovalutare sintomi persistenti che possono essere causa di enorme disagio per i più piccoli con la compromissione della loro vita quotidiana e l'importanza di un approccio personalizzato sulla base dei sintomi presenti. Questi risultati sottolineano ancora una volta l'importanza della vaccinazione contro il Covid anche nei più piccoli per evitare complicanze a distanza, che possono verificarsi anche in chi ha avuto un'infezione non particolarmente grave in fase acuta", commenta Esposito.
(Adnkronos) - Individuare le migliori best practice per evitare ricadute economiche e sociali negative dalla transizione energetica. Con questo obiettivo oggi a Roma la Uiltec ha tenuto un incontro nell'ambito di 'Green@Work', progetto pilota finanziato dalla comunità Europea con i sindacati Igbce (Germania), Ekn (Croazia). "Oggi è il secondo incontro previsto dal progetto -ha spiegato Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec- siamo stati prima in Croazia e concluderemo quindi ad Hannover, discutendo attorno a un tema strategico come della transizione e cosa comporta per un settore come quello della chimica". Una riflessione che per Pirani deve essere fatta confrontandosi tutti insieme. E l'incontro di oggi con il sindacato croato e quello tedesco va proprio in questa direzione. "In una situazione mondiale che sta cambiando i paradigmi -ha insistito- dobbiamo ragionare tutti insieme come Europa per affrontare al meglio i cambiamenti che stanno interessando un asset strategico come la chimica, che deve fare fronte ai temi dell'approvviggionamento ma anche della sostenibilità e dell'economia circolare", ha rimarcato. Cambiamenti che di conseguenza per il leader sindacale si rifletteranno sul rapporto di lavoro e che il sindacato deve essere in grado di 'governare'. "Dobbiamo sviluppare un nuovo modello di contrattazione, guardare al modello della partecipazione tedesco", ha sottolineato. E all'appuntamento ha preso parte anche Romina Mura, presidente della commissione Lavoro della Camera dei Deputati. "Ribadisco la necessità che questa transizione verde che è già in corso deve andare di passo con la transizione sociale, nessuno deve essere lasciato indietro. I lavoratori vanno tutelati per essere formati e ricollocati ma è fondamentale far sì che tutte le parti sociali interagiscono per un nuovo mercato del lavoro", ha spiegato. Secondo Mura, "ci sono le condizioni affinchè le risorse pubbliche che vengono utilizzate per la riconversione devono essere condizionate non solo a mantenere occupazione ma anche a dare lavoro di qualità. Noi stiamo lavorando in questa direzione consapevoli che oggi abbiamo l’Europa dei popoli", ha concluso. Per Emma Argutyan, Dg dell’Eceg (European chemical employers group), "gli indicatori di avanzamento del progetto di cui parliamo oggi sono in linea con gli indicatori europei. Sono particolarmente soddisfatta. E concordo con Pirani sull'importanza della sostenibilità e dell'economia circolare a livello europeo. Abbiamo affrontato l’importanza della valorizzazione delle scorte e delle infrastrutture per lo scenario in corso". E per Stefano Soro, capo unità green and circular economy dg grow (Commissione europea) "la transizione verde è già in corso, in particolare per la chimica l'obiettivo è dare sostenibilità sociale e climatica ma anche garantire una sostenibilità sociale di questa transizione sia in termini di occupazione che di formazione", ha concluso.
(Adnkronos) - Due terzi dei consumatori europei dichiara di non sapere chi ha accesso ai propri dati personali e come vengano utilizzati, una percentuale che scende leggermente in Italia , dove si attesta al 55 per cento. Secondo un nuovo studio condotto dalla società Usa VMware su oltre 6000 consumatori. nonostante la maggioranza degli europei - e gli italiani con essi - resti ben disposta verso l'innovazione, esiste un divario tra l'"appetito digitale" dei consumatori e la loro fiducia nell'utilizzo dei loro dati: la maggior parte è sempre più preoccupata per la sicurezza del proprio digital footprint, quasi tre quarti (72% in Europa, 69% in Italia) temono per il ruolo che la tecnologia gioca nella diffusione della disinformazione e circa la metà che le organizzazioni stiano tracciando e registrando le attività dai propri dispositivi. Mentre solo il 10% dei (il 12% in Italia) ritiene che le aziende e i governi siano abbastanza chiari sulle tecnologie che usano e su come le usano.