(Adnkronos) - A Palermo solo la metà dei giudici ha aderito allo sciopero proclamato dall'Anm contro la riforma della giustizia Cartabia. "Siamo al 50 per cento di astensione, lontani dai numeri dell'altro sciopero", dice all'Adnkronos Clelia Maltese, presidente dell'Anm di Palermo che non asconde un po' di delusione. "Forse si ritiene che non saremmo ascoltati e si ritiene lo sciopero inutile - spiega la giudice - per noi è uno sciopero sofferto, tanto è vero che continuiamo a lavorare, ma era l'unico modo per tentare di fare sentire le nostre proposte". La giudice Maltese, ad esempio, si trova a Napoli per un corso professionale. "Eppure, oggi sono venuta e partecipo al corso nonostante io aderisca allo sciopero", dice. "La riforma - spiega - tradisce i fini, noi non siamo contrari alla riforma ma a questa riforma Cartabia. Sia chiaro". Poi la Presidente dell'Anm distrettuale dice di non sentire "alcuna solidarietà" da "parte della società civile, dei cittadini comuni". "Forse aggiunge la giudice Maltese - è un problema di comunicazione, di informazione". E fa un esempio: "L'altro giorno ero in una scuola e abbiamo detto agli studenti se loro preferissero un chirurgo che fa 40 interventi al giorno, oppure uno che vi dedichi il giusto tempo, che vi faccia le giuste analisi e gli esami adeguati prima di intervenire chirurgicamente? Specie se la diagnosi è più complicata". "Forse facendo questi paragoni con la sanità riusciamo a farci capire meglio - dice - Noi, in questo momento, non sentiamo assolutamente la vicinanza della gente comune e della società civile". E conclude: "Noi stiamo facendo questi sciopero nella prospettiva che inizi un confronto, ma un confronto vero, con il legislatore. Ovviamente non dipende solo da noi". L'Anm di Palermo sta pensando a organizzare una "assemblea a cui invitare l'avvocatura, la stampa, i cittadini". "Dobbiamo continuare a parlare della riforma perché così come è non funziona. Si vuole fare credere che i magistrati stiano facendo uno sciopero illegittimo, ai limiti della Costituzione. Nulla di tutto ciò è vero. I magistrati scioperano solo quando, come in questo caso, viene messo a rischio il sistema costituzionale".
(Adnkronos) - L’altruismo dei giovani italiani va di pari passo con una forte predisposizione all’inclusione. Il 91,3% si dichiara favorevole alle unioni miste, il 74,2% all’adozione di figli per coppie omosessuali. Questa larghezza di vedute investe anche le scelte bioetiche: l’85,7% dice sì alla fecondazione assistita, il 79,7% all’aborto, il 74% al suicidio assistito. Il 67,5% è infine favorevole alla legalizzazione delle droghe leggere. Emerge dal 10° Rapporto di ricerca dell’Osservatorio permanente sui giovani della Link Campus University, con la direzione scientifica del professore Nicola Ferrigni e della professoressa Marica Spalletta. Tra i principali atti di violenza di cui i giovani temono di essere vittima, il 29,5% menziona l’hate speech e il 22,1% il body shaming, mentre bullismo e cyberbullismo si attestano al 17,2%. Tra le molteplici insidie che si celano nel mondo della Rete, a preoccupare maggiormente i giovani è la dimensione connessa alla propria sfera ‘identitaria’: il 30,5% teme in particolare l’eccessivo tracciamento dei dati personali, il 18,2% la clonazione delle proprie carte di pagamento, il 15,5% il furto d’identità, il 15,1% la violazione dei propri account social. In questo quadro dalle tinte fosche si inseriscono inoltre le valutazioni, perlopiù negative, associate al funzionamento degli algoritmi, che i giovani identificano principalmente con l’idea del controllo (29,6%) e della manipolazione (18,8%). “Guardando nello specifico agli atti di violenza a opera di coetanei a destare particolare preoccupazione è il fenomeno delle baby gang”. Il 36,5% degli intervistati teme infatti di poter essere vittima di una baby gang, il cui 'potere di attrazione' viene ricondotto al desiderio dei più giovani di 'sentirsi parte del branco' (29,6%) e al fascino esercitato dal ruolo del cattivo (21,7%), oltre che a un vero e proprio 'bisogno' di sfogare la rabbia repressa (18,1%). Il 22,3% degli intervistati dichiara inoltre di aver personalmente assistito a episodi di violenza a opera di baby gang, cui ha reagito ponendo in essere due modelli di comportamenti 'opposti': il 32,1% si è infatti allontanato per non rimanere immischiato, mentre il 31,9% è intervenuto cercando di risolvere la situazione e il 14,5% dichiara di aver chiamato le forze dell’ordine.