(Adnkronos) - Ruggero Tita e Caterina Banti, Alberto Riva, Giancarlo Pedote, Checco Bruni, Enrico Chieffi e Antonio Squizzato. Questi i finalisti del premio 'velista dell'anno' che sarà assegnato il 6 giugno a Villa Miani a Roma. Ruggero Tita 30 anni da Rovereto in Trentino e Caterina Banti 34 anni, romana, sono la coppia d’oro della vela italiana: campioni Olimpici a Tokyo 2020 hanno riportato in Italia una medaglia d’oro nella vela (classe Nacra 17) che mancava da Sydney 2000 (Alessandra Sensini classe Mistral). La coppia azzurra ha dominato le regate di qualificazione, arrivando alla Medal Race già con la certezza della medaglia d’argento. L’oro è arrivato al termine una regata finale controllata con autorità dai due atleti italiani. Alberto Riva, milanese, classe 1992, laureato in ingegneria fisica specializzato in nanotecnologie, ha navigato con alcuni fra i più conosciuti navigatori italiani (Giovanni Soldini, Andrea Fantini, Ambrogio Beccaria) e, come ingegnere, svolge data analysis per team di regata (Azzurra TP52) e segue ricerca e sviluppo di nuovi dispositivi elettronici per la navigazione. Nel 2021 ha tagliato il traguardo in seconda posizione alla Mini-Transat. Oggi Alberto insieme al suo main Sponsor EdiliziAcrobatica cerca partner per un nuovo progetto Class 40. Giancarlo Pedote ha rappresentato l’Italia al Vendée Globe 2020/21, il giro del mondo in solitario senza scalo e senza assistenza, concludendo dopo 80 giorni e 28.490 miglia di navigazione, il 28 gennaio 2021 in ottava posizione, a sole 19 ore dal primo classificato. Giancarlo è il primo italiano a ottenere questo risultato su una regata che si tiene ogni 4 anni e che rappresenta la prova più estrema della vela d’altura. Checco Bruni è uno dei velisti italiani in attività più completi, eclettici e titolati: in 30 anni di carriera sportiva ha partecipato a tre olimpiadi e ha al suo attivo 7 titoli Mondiali, 5 Europei e 15 Nazionali in varie classi. La prossima sarà la sua sesta America’s Cup. Timoniere di Luna Rossa a Auckland nel 2021 insieme a Jimmy Spithill, si é aggiudicato la PRADA Cup. Enrico Chieffi, 59 anni e Nando Colaninno 55 anni: protagonisti entrambi di una lunga carriera agonistica di successo tra titoli mondiali, America’s Cup e partecipazioni alle Olimpiadi: nel 2021 hanno vinto il Campionato Italiano ed Europeo della classe Star. Antonio Squizzato, 48 anni, nel 2021 si laurea vicecampione del mondo nella categoria parasailing della classe 2.4mR a Warnemünde in Germania, in un evento che ha visto la partecipazione di 33 concorrenti provenienti da 10 nazioni. Questi i finalisti del premio 'Barca dell'Anno'. Luna Rossa Prada Pirelli è il team italiano che rappresenta il Circolo della Vela Sicilia nella sfida alla 37^ edizione dell’America’s Cup che si terrà a Barcellona a settembre e ottobre del 2024. Alla sua sesta partecipazione, ha giá vinto in due edizioni le regate di selezione dei Challenger. Nel Match finale della 36^ America’s Cup Luna Rossa ha registrato il miglior punteggio di uno sfidante italiano nella storia del trofeo. ARCA SGR 100’: un 2021 ricco di successi per il Maxi 100 piedi del Fast and Furio Sailing Team: in ordine cronologico queste le sette ‘line honours’: la 151 Miglia, la Giraglia Rolex Cup, la Palermo – Montecarlo, la Trieste - S. Giovanni - Trieste, la Portopiccolo Maxi Race, la Barcolana e in ultimo, ma soltanto in ordine di tempo, la Veleziana. Oltre al titolo di Campione della prima edizione della Maxi Yacht Adriatic Series. A bordo un equipaggio di campioni, guidato da Furio Benussi, skipper di ARCA SGR. Nacira 69, progetto di Axel de Beaufort e Guillaume Verdier, realizzato da Vismara Marine Concept per gli armatori Diego di San Giuliano e Federico Marchi, ha conquistato la line honours e la vittoria overall in classe regata all’ ARC 2021, regata transatlantica con 141 iscritti da 38 nazioni, partita da Las Palmas (Grand Canaria) domenica 21 novembre e conclusa a Rodney Bay, Santa Lucia, dopo 11 giorni e 18 ore di navigazione e 3.188 miglia percorse. Un risultato eccezionale di grande valore sportivo e di squadra. A bordo insieme agli armatori, lo skipper Federico Dosso e in equipaggio Ambrogio Beccaria, Axel de Beaufort, Matteo Grassi, Edoardo Mazzucco, Matteo Tognetti e Bernardo Zin. Infine i finalisti del premio 'armatore dell'anno'. Enzo de Blasio: con il suo Italia Yachts 11.98 Scugnizza, nel 2021 De Blasio e il suo equipaggio hanno vinto il titolo di Campioni Europei e Italiani ORC. A conclusione di una stagione eccezionale, per Enzo De Blasio è arrivato anche il Premio Armatore dell’Anno UVAI. Andrea Racchelli: Il timoniere armatore del Melges 24 Altea ha vinto il campionato europeo Melges 24 disputato nel settembre 2021 a Portorose (Slovenia) con 40 imbarcazioni iscritte provenienti da 14 nazioni. Sempre nel 2021, Racchelli si è aggiudicato anche il titolo italiano della classe. Claudia Rossi, 28 anni, anconetana, nel settembre 2021 ha vinto il Double Mix Offshore World Championship, in coppia con Pietro D’Alì, a bordo di un Figaro 3 monoscafo foiling. Una regata in tre tappe da Bari fino a Venezia, che ha visto i dieci migliori equipaggi della vela d’altura internazionale misurarsi per il titolo mondiale. Una settimana dopo per la neocampionessa del mondo è arrivato anche il titolo italiano della classe J70, a Punta Ala.
(Adnkronos) - Delusi da una classe politica ritenuta incompetente ed esibizionista, vedono nella democrazia diretta la soluzione all’attuale crisi di rappresentanza. E’ l’identikit della Generazione Proteo tracciato dal 10° Rapporto di ricerca dell’Osservatorio permanente sui giovani della Link Campus University.
(Adnkronos) - di Stefania Marignetti Il biologico ucraino bloccato nei magazzini dove resta invenduto, le esportazioni ferme, un mercato che rischia di saltare completamente, con forti ripercussioni anche sull'Italia che negli anni ha sopperito a una produzione nazionale in costante calo, come quella del mais biologico, attraverso le importazioni, in particolare proprio dall'Ucraina. E' lo scenario che si è aperto con la guerra in corso, "una tempesta perfetta", come la definisce Aldo Cervi, coordinatore della sezione soci e servizi di FederBio. "La situazione che si sta verificando, ad esempio con il mais assolutamente carente in Italia e di cui abbiamo bisogno, viene da lontano. La crisi ucraina ha accentuato questa situazione - spiega Cervi all'AdnKronos - Quello che succede oggi è che abbiamo il mais ucraino bloccato in Ucraina, i contratti sono stati in parte cancellati appellandosi alla causa di forza maggiore perché i produttori ucraini non riescono a farlo uscire dal Paese, il mercato è completamente saltato a fronte di produzioni italiane che hanno vissuto negli anni un costante calo. Una tempesta perfetta che evidenzia criticità precedenti". La produzione biologica ucraina si concentra su seminativi, colture estensive in particolare di frumento, girasole, mais, soia, colza e pisello proteico, colture importanti per l'Italia (soprattutto per il settore dell'allevamento biologico) che importa in particolare mais, soia e girasole. Secondo i dati Sinab, nel 2019 l'Italia ha importato 4.200 tonnellate di mais biologico, di cui 3.000 di origine ucraina; 6mila tonnellate di soia di cui circa 3mila di provenienza ucraina, quindi la metà; 3500 tonnellate di semi di girasole biologici, di cui 2.200 ucraini. Numeri che da soli danno le dimensioni del problema con uno stop delle esportazioni ucraine. E importiamo anche dalla Russia quindi il rischio è quello di un doppio impatto", aggiunge Cervi. "La crisi che stiamo vedendo con le difficoltà di approvvigionamento - spiega Cervi - non è legata alla carenza di prodotto, anche perché in questo momento si sta vendendo il prodotto della campagna agraria dell'anno scorso e sulla base delle informazioni che ho raccolto una buona parte delle semine appena concluse in questi giorni sono state effettuate, pur con difficoltà (si stima che circa un 30% della superficie agricola utilizzata in biologico in Ucraina abbia una accessibilità limitata a causa del conflitto in corso). Il problema è principalmente logistico, legato all'esportazione del prodotto". I principali canali di esportazione prevedono infatti il passaggio e lo stoccaggio del prodotto nei porti e uno spostamento via nave, ma i porti ucraini sono oggi tutti pressoché bloccati. I camion "sono quasi introvabili e con prezzi più che raddoppiati rispetto a febbraio, comunque non adeguati al trasporto di grandi quantità, senza contare che prima di febbraio erano operative nel settore diverse società di trasporto russe e bielorusse - aggiunge l'esperto di FederBio - Si sta cercando di organizzare il trasporto via treno, ma qui si devono rimappare tutti i canali logistici". I produttori ucraini però non sembrano voler gettare la spugna. "Nessun produttore risulta essersi fermato o aver manifestato l'intenzione di uscire dal biologico anche se un 15% si è dichiarato in procinto di fermare l'attività per motivi legati a problematiche quali carenza di carburante o di accesso a risorse finanziarie, e un 32% ha dichiarato un'operatività ridotta rispetto alle normali attività". Di cosa hanno bisogno? "Il 70% ha manifestato la necessità di un sostegno finanziario, poi chiedono sostegno all'esportazione e per la promozione del mercato interno nazionale". Negli ultimi 5-6 anni il settore biologico ucraino si è confermato molto dinamico, vivace e in crescita. La superficie agricola biologica ucraina è passata dai circa 300mila ettari del 2018 ai 460mila nel 2022, un aumento in tre anni del 50%. Se l'Italia ha una superficie agricola nazionale utilizzata in biologico pari al 16% del totale, l'Ucraina viaggia attorno all'1% ma con questa crescita ha sicuramente delle grandissime potenzialità. Ad oggi sono circa 650 gli operatori certificati stimati (erano circa 500 nel 2018), di cui 400 aziende agricole e circa 200 tra trasformatori, esportatori e stoccatori di prodotto e per la restante parte piccole realtà, dagli apicoltori alla raccolta spontanea. "Seicentocinquanta può sembrare un numero ridotto rispetto agli 80mila italiani ma le aziende del biologico ucraino hanno una dimensione diversa dalle nostre: sono aziende di grandi e medie dimensioni, da diverse centinaia ad alcune migliaia di ettari di superficie agricola utilizzata, mentre in Italia la media delle aziende agricole biologiche è di 28 ettari", spiega Cervi. Un biologico, quello ucraino, soprattutto concentrato sull'esportazione. Nel 2020, l'export bio del Paese è stato calcolato in circa 300mila tonnellate, 200mila delle quali verso l'Europa.