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(Adnkronos) - "Ognuno deve mettere il suo mattoncino, non ho certezze che andrò" in Russia, "ci è stato prospettato, ci stiamo lavorando, non è un week end a Forte dei Marmi, è qualcosa di più complicato da tutti i punti di vista e soprattutto si fa se serve. Certezze non ce ne sono". Lo ha affermato il segretario della Lega, Matteo Salvini, ospite di 'Sabato anch'io', su Radiouno Rai. "Ci sono buone relazioni - ha aggiunto il leader del Carroccio - le richieste che andiamo a fare le andiamo a fare a tutti, rappresentiamo milioni di italiani, rappresentiamo la voglia di pace, abbiamo votato come Lega l'invio di tutti gli aiuti possibili e immaginabili all'Ucraina, economici, umanitari, l'Italia sta accogliendo, sta abbracciando, sono terrorizzato dall'idea di un espandersi del conflitto". In Russia "non è un viaggio di piacere, in una terra tranquilla, in un momento tranquillo. Si fa se serve, a me interessa che tornino a dialogare le parti che adesso si stanno sparando. Io sono piccolissimo, però la storia è fatta di piccolissimi mattoncini, non vado a nome del Governo, vado rappresentando il sentimento della maggioranza degli italiani, poi certezze di ascolto e di successo nessuno ne ho, ma è meglio una proposta di pace, di cessate il fuoco in più che in meno. Se poi il viaggio non dovesse realizzarsi, continueremo a fare queste richieste da lontano", sottolinea ancora Salvini. L'iniziativa, assicura il leader del Carroccio, non è una sfida, "semmai è un supporto" al presidente del Consiglio, Mario Draghi, che "ha chiamato ieri l'altro a Mosca ed è rimasto a lungo al telefono sulla questione dei porti, del grano, della mediazione e del cessate il fuoco. Quindi semplicemente è un ribadire, un sostenere, un aggiungere, un rafforzare, poi non mi voglio sostituire a niente e a nessuno". "Potrei più comodamente, come altri miei colleghi parlamentari o altri italiani, passarmi il ponte del 2 giugno con i miei figli, magari sarà così. Se invece ci fosse l'opportunità di riuscire a portare queste richieste di cessate il fuoco, di dialogo, non dipende da me - continua il leghista -, è l'idea che mi spinge: posso essere utile, piccolissimo tra tanti altri piccoli o altri grandi, a spingere alla riflessione, al cessate il fuoco? Qualunque politico, di qualunque idea, di qualunque area culturale dovrebbe chiedersi: cosa posso fare io? Qualcuno preferisce il nulla, lo rispetto, per come sono fatto assistere ad altre settimane, ad altri mesi di distruzione senza neanche provare a fare nulla...". "In questo periodo - ha ricordato il leader del Carroccio - abbiamo tenuto aperti canali diplomatici con tutti, sono andato in ambasciata ucraina, turca, cinese, ho incontrato gli americani, ci sono contatti a livello europeo. È chiaro, che chi è che ha scatenato il conflitto? La Russia. A chi devo chiedere dei segnali di distensione? A chi ha cominciato il conflitto". Quanto ai possibili interlocutori in caso di viaggio in Russia, "non voglio entrare nel merito - ha aggiunto Salvini - di qualcosa che si sta costruendo e magari non sarà, qualcuno che comunque può avere voce in capitolo sicuramente". "È mio dovere - rimarca Salvini - fare di tutto per cercare di dare un contributo per il raggiungimento di una pace giusta, usando l'arma più forte: la diplomazia. Un grande padre della nostra Costituzione, Giorgio La Pira, nel momento più critico della guerra fredda, ebbe il coraggio di andare a Mosca per parlare di pace". "Mi dispiace che qualche collega politico parli, attacchi, critichi senza sapere di cosa si sta parlando. Mi piacerebbe che le iniziative di pace coinvolgessero tutti, si potesse andare tutti a Mosca, a Kiev" e "mi sembra non da leader, con una guerra in corso, fare battute di dubbio gusto", come quella del segretario del Pd, Enrico Letta, secondo cui il segretario della Lega andrebbe "dove lo porta il cuore", con "iniziative strampalate e protagonistiche". "Non vado mica a giocare a bocce, non vado a vedere il Milan, si parla con i Governi, con le Istituzioni - ha rivendicato Salvini - si parla con gli ambasciatori". Quanto ad una possibile visita del Papa a Mosca, "sicuramente il Santo Padre non ha bisogno di mediazioni o di mediatori. Sicuramente da parte russa sarebbe un bellissimo segnale accogliere una missione di pace di Papa Francesco, penso che il Vaticano abbia sicuramente canali di dialogo, a me personalmente se fosse chiesto piacerebbe molto, sarebbe un bel segnale".
(Adnkronos) - Uno sguardo verso il futuro del mercato del lavoro, ripartendo dalle indicazioni del Jobs Act. E' il messaggio che arriva dalla presentazione dell'ultimo libro, 'Jobs Act forever' (ed. Rubbettino), del giuslavorista e avvocato Francesco Rotondi, founder dello studio LabLaw, tenutasi ieri pomeriggio al Palazzo dell'Informazione Adnkronos a Roma. "Credo che conoscere il passato e confrontarsi -ha detto Rotondi- con esso sia necessario per costruire il futuro. L'idea di scrivere il libro mi è venuto mentre concludevo il precedente, con le interviste ai ministri del Lavoro degli ultimi 20 anni. E' in questo arco di tempo il Jobs act è l'unico tentativo di riforma dell'intero sistema e non solo del diritto del lavoro. E credo che è stata la più grande occasione di riforma degli ultimi 50 anni". "Dal confronto di oggi emerge una prospettiva, che va perseguita", ha sottolineato Rotondi che ha rimarcato come "dobbiamo guardare al complesso normativo senza immaginare rigidità. Nel Jobs act c'era già tutto, dobbiamo riprendere quella strada". Un concetto condiviso dalle imprese, con Massimo Marchetti, area Lavoro, welfare e capitale umano di Confindustria che ha sottolineato come "il Jobs act" avesse "una visione del futuro del mondo del lavoro, oggi interventi ci sono interventi frammentati, con un livello tecnico molto basso. Nel Jobs act invece troviamo un livello tecnico molto elevato", ha aggiunto ancora. E Maurizio Del Conte, giuslavorista e tra i 'padri' del Jobs Act ha sottolineato che nel provvedimento "c'ho messo l'anima, c'era un'idea di lavoro, un'operazione di ricomposizione del quadro. E' stato un lavoro certosino quello che abbiamo fatto e se si parla di Jobs act oggi si parla della legge fondamentale del lavoro anche se alcune modifiche sono state fatte", ha sottolineato l'ex-presidente dell'Anpal. Per Del Conte se c'è una cosa che nel Jobs Act non ha funzionato "sono le politiche attive, non si possono riformare i servizi per l'impiego a invarianza di spesa". Per Nicola De Marinis, consigliere presso la Corte di Cassazione, sezione Lavoro "ci troviamo in un contesto sfidante, in cui, provocatoriamente, possiamo dire che il lavoro è tornato ad essere una merce, e in cui quindi è centrale la qualità del lavoro stessa", ha spiegato. Per De Marinis "la discussione sul lavoro agile è la discussione sul lavoro del futuro". E per De Marinis non ci si può fermare "a guardare al passato, anche sotto il punto di vista della normativa del lavoro. Dobbiamo traguardare il futuro, e nel Jobs Act c'era già tutto per farlo, come si legge anche nel libro". Secondo Nicola Marongiu, coordinatore area contrattazione e mercato del lavoro della Cgil "il giudizio sul Job act della nostra organizzazione vedeva positivamente alcuni aspetti che si confermati tali e individuava delle criticità che anch'esse sono rimaste invariate, come ad esempio il finanziamento delle politiche attive. Per quanto riguarda l'articolo 18 noi non lo abbiamo mai considerato un 'totem' ma qualcosa di pratico", ha concluso.
(Adnkronos) - Otto delle 10 città più grandi degli Stati Uniti hanno perso popolazione durante il primo anno della pandemia. E’ quanto emerge dai dati delll’U.S. Census Bureau, che spiega come tra luglio 2020 e luglio 2021, New York abbia perso più di 305.000 residenti, mentre Chicago e Los Angeles si sono ridotte rispettivamente di 45.000 e 40.000 abitanti. San Francisco ha subito il tasso di declino più alto, perdendo quasi 55.000 residenti, pari al 6,3% della sua popolazione, la percentuale più alta di tutte le città statunitensi.