INFORMAZIONIStefano Manzini |
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(Adnkronos) - "In questo momento mi trovo in una stazione di servizio per fare il pieno: mi sto occupando di far riparare la mia auto che è stata danneggiata da un'esplosione, e sabato partirò per Lisiansk e Severodonetsk, le zone più calde in questo momento. Ci dirigiamo nei luoghi dove ci sono più feriti, per fare di tutto per salvarli". Ha un elastico con i colori del suo Paese, giallo e blu, che le tiene i capelli e un cappellino militare Olha Krokha Bashei, paramedico militare in forza all'esercito ucraino, mentre parla all'Adnkronos in collegamento su Zoom da Kiev. La sua specialità è la medicina tattica: "Per medicina tattica si intende la medicina militare -spiega- Nelle zone di guerra è il primo soccorso ai militari feriti. Noi abbiamo la zona di combattimento, la zona rossa, dove il militare viene ferito, e in questa zona deve essere applicato il primo bendaggio per fermare il sangue. Poi c'è la zona gialla, dove portiamo il ferito subito dopo e procediamo con il successivo soccorso. Io insegno proprio questo". Le donne al fronte, in diversi ruoli, sono tantissime, ci dice. E fa un distinguo: "Queste due guerre, quella del 2014 e quella del 2022, sono molto diverse. In questa guerra in particolare ci sono moltissime donne, e molte che lavorano come paramedici". Il rapporto con i militari è strettissimo e collaborativo. "Gli uomini al fronte ci trattano come sorelle -ci rivela- ci aiutano, ci proteggono, al fronte per gli uomini le donne sono la cosa più importante, siamo come un talismano per loro". E ci racconta il suo primo giorno in trincea: "Mi accudivano, mi portavano i loro materassini e si assicuravano che avessi tutto, cibo, riposo -dice sorridendo- Mi sono trovata a dover spiegare che sapevo bene che eravamo nel mezzo di una guerra, avevo il mio sacco a pelo e non avevo bisogno che si preoccupassero, avrei fatto di tutto per essere utile alla causa". La paura in guerra è una compagna di viaggio consueta, ma Olha non è una tenera: "A chi mi chiede se ho paura, io rispondo così: se vai nella zona di combattimento, ci vai perché non sei uno che ha paura, se hai paura non ci vai. Io personalmente la paura non ce l'ho. Voglio starci io al fronte, perché non vogliono che i miei cari vedano quello che ho visto io". Sulla trentina, vedova (ha perso il marito nel 2005), Olha non ha figli ma ha molti affetti familiari a cui è legatissima e che non la lasciano un secondo, almeno virtualmente: "Ho cinque nipoti, 7 e 11 anni, e tre più grandi, uno è nell'esercito. Sto in contatto continuamente con loro, con videochiamate, per loro è un grande stress sapermi al fronte, li tranquillizza sentirmi, non siamo mai stati lontani così tanto". Lei, che è al fronte dal 2014, spiega alcune differenze strategiche tra le due guerre: "Dal punto di vista strategico, sono molto diverse. Se per esempio nel 2014 era uno scontro di carri armati e artiglieria, ora ci sono razzi e bombe. Questa è la maggiore difficoltà, per questo è stata rasa al suolo Mariupol. Altrimenti saremmo già più vicini ai nostri confini e ci saremmo già ripresi quello che ci hanno rubato". Come per molti suoi colleghi al fronte, l'ipotesi di una sconfitta non è contemplata, e la richiesta di armi incessante. "Non è semplice, ma se ci verranno date le armi questa guerra finirà il prima possibile, entro Capodanno. E finirà con la ripresa dei nostri territori, dalla Crimea al Donbass". Sì, perché questa guerra finirà, Olha ha le sue fonti certe. "I miei nipotini mi hanno detto al telefono che vinceremo. Le parole dei bambini dicono la verità. Io ci credo". (di Ilaria Floris)
(Adnkronos) - Con il progetto Prevenzione cardiovascolare l’Inps punta all’individuazione precoce di fattori di rischio nonché dell’assetto cardiovascolare dei dipendenti. Il progetto sarà così articolato: visita cardiologica con compilazione di una scheda per individuare le caratteristiche individuali e i principali fattori di rischio e rilevazione dei principali parametri (obiettività cardiovascolare, pressione arteriosa, saturazione di O2), effettuazione di analisi di base (identificazione di dismetabolismi), elettrocardiogramma a riposo a 12 derivazioni (valutare lo stato cardiocircolatorio) Il progetto si propone due principali obiettivi: la sensibilizzazione dei dipendenti nei confronti di uno stile di vita sano; l’identificazione dei fattori di rischio cardiovascolare e il loro trattamento, con riduzione della morbilità e mortalità per cardiovasculopatie. L’Inps ha istituito questo progetto perché la prevenzione rappresenta uno strumento concreto per ridurre il peso delle patologie cardiovascolari nel processo medico basato su interventi corroborati da evidenze scientifiche e non più soltanto da osservazioni di carattere epidemiologico. Essa è classicamente suddivisa in prevenzione primaria, quando l’intervento precede qualsiasi manifestazione clinica di una patologia sottostante, e in prevenzione secondaria, quando l’intervento avviene a seguito di un evento clinicamente manifesto. Le strategie di prevenzione delle malattie cardiovascolari (mcv) rivestono un ruolo fondamentale nel limitarne lo sviluppo nella popolazione, concorrendo a determinare una riduzione della mortalità associata a esse, delle morbilità, in particolare in termini di cronicità e ospedalizzazioni, a limitarne il carico socio-economico, garantendo nel contempo la liberazione di risorse economiche, tecnologiche e strutturali per altre necessità. A tale riguardo, sono stati proposti modelli che mostrano il ‘network’ completo delle istituzioni e figure professionali che possono interagire positivamente al fine di promuovere il bene salute e prevede interazioni a vari livelli (agenzie governative, organizzazioni professionali, ambiente di lavoro, Sistema sanitario nazionale, scuole, comunità, famiglia). I fattori di rischio cardiovascolare sono condizioni cliniche che determinano un’aumentata suscettibilità a sviluppare eventi cardiovascolari (infarto acuto del miocardio, cardiopatia ischemica, ictus cerebrale, scompenso cardiaco congestizio, insufficienza renale, morte per cause cardiovascolari). Il rischio è definito come la probabilità di sviluppare un evento cardiovascolare, in un periodo di tempo compreso tra 5-10 anni successivi rispetto ad un soggetto con le stesse caratteristiche, ma senza la presenza di fattori di rischio. I fattori di rischio cardiovascolare tradizionali sono l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia, il diabete mellito, il fumo di sigaretta, la familiarità per malattie cardiovascolari, l’età avanzata (al di sopra di 65 anni) e il sesso maschile. La presenza di uno o più di questi fattori di rischio e in grado di predire oltre il 90% degli eventi cardiovascolari maggiori. Oltre a questi, sono riconosciuti altri fattori di rischio cosiddetti ‘non convenzionali’, tra cui l’obesità, la circonferenza addominale, la sedentarietà, lo stress emotivo e/o fisico, l’ipertrigliceridemia, i bassi valori di colesterolo Hdl, la sindrome metabolica, l’aumento dei valori di apolipoproteine, di acido urico, di proteina C-reattiva e di altri marcatori dell’infiammazione. La prevenzione cardiovascolare deve in primo luogo prevedere la diagnosi e il trattamento dei fattori di rischio, promuovendo un approccio basato sulla gestione integrata e multidisciplinare del rischio cardiovascolare totale. La strategia di popolazione prevede programmi di promozione della salute e, in particolare, di stili di vita e ambienti favorevoli alla salute della popolazione, finalizzati a creare le condizioni per rendere facile l’adozione di comportamenti salutari. Dati alla mano, inoltre, le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nel mondo con una stima di circa 17 milioni di decessi/anno e le malattie cerebrovascolari sono responsabili di circa 230 decessi/anno. La mortalità per cause cardiovascolari rappresenta ancora oggi il principale determinante dell’aspettativa di vita nella popolazione generale, nonostante i progressi terapeutici abbiano consentito di registrate una significativa diminuzione della morbilità e mortalità per cause cardiovascolari1. A fronte di questa riduzione, il carico di malattia legato alle cardiopatie è ancora al primo posto, seguito dalle malattie neoplastiche Ne consegue che il peso delle mcv sui ricoveri ospedalieri è in costante e continuo aumento. I dati di dimissione indicano, infatti, che oltre la metà dei ricoveri per queste malattie sono dovuti ad evoluzione cronica e complicanze di eventi acuti oltre che a complicanze dell’ipertensione, dell’ipercolesterolemia, del diabete e dell’insufficienza renale cronica.
(Adnkronos) - Torna a crescere sensibilmente, dopo l’anno della pandemia, il riciclo del legno in Italia, raggiungendo il suo massimo storico. Sono, infatti, 1.985.251 le tonnellate di legno raccolto e avviato a riciclo nel 2021 dal sistema Rilegno con un incremento dei volumi del 7,83% sull’anno precedente e una percentuale del 64,75% nel riciclo degli imballaggi di legno (gli imballaggi nuovi immessi sul mercato nel 2021 hanno raggiunto i 3,4 milioni di tonnellate), doppiando così l’obiettivo fissato dall’Unione Europea al 30% entro il 2030. Cresce anche l’attività di rigenerazione dei pallet, fondamentale in ottica di prevenzione, con oltre 908mila tonnellate recuperate pari a circa 70 milioni di pallet usati, ripristinati per la loro funzione originaria e reimmessi sul mercato. A livello territoriale è sempre la Lombardia a primeggiare con 541.915 tonnellate (il 27% del totale), seguita dall’Emilia-Romagna con 222.866 ton., dal Piemonte con 156.566 ton. e dalla Toscana con 155.272 ton. Questi, in sintesi, i principali risultati che emergono dal Rapporto 2022 sull’attività svolta da Rilegno, il Consorzio nazionale per il recupero e il riciclo degli imballaggi di legno, approvato dall’Assemblea annuale tenutasi a Cesenatico, dove il Consorzio ha la sua sede operativa. L’assemblea ha, inoltre, rinnovato il Consiglio di amministrazione e le cariche sociali. Confermato Nicola Semeraro alla Presidenza per il prossimo triennio. Rilegno da 25 anni si occupa di raccogliere e riciclare gli imballaggi in legno in Italia e gestisce una filiera basata su 1.944 consorziati, 394 piattaforme private che raccolgono il legno e 15 impianti di riciclo. Questi, insieme ai cittadini e alle imprese italiane, sono gli attori dell’economia circolare del legno. Va ricordato, infatti, che oltre il 95% del legno riciclato diventa nuova materia prima sotto forma di pannelli truciolati, vera linfa vitale per tutto il settore del legno-arredo soprattutto in una congiuntura come l’attuale caratterizzata da una drammatica scarsità di materia prima. Un sistema che tiene insieme in un equilibrio virtuoso dai produttori di cassette per l’ortofrutta della Sicilia ai mobilieri della Brianza, generando un impatto economico di 2 miliardi di euro, oltre 10mila posti di lavoro diretti e soprattutto un "risparmio" nel consumo di CO2 pari a quasi 2 milioni di tonnellate, che equivalgono a compensare 1 milione di veicoli che circolano in un anno. “La sostenibilità ambientale, sociale ed economica è ormai diventato il traguardo da raggiungere per le imprese e per le comunità, così come raccomandato dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030 che si preoccupa anche del riciclo dei materiali, fissando l’obiettivo di raggiungere entro il 2030 una gestione sostenibile e l’uso efficiente delle risorse naturali e di ridurre in modo sostanziale la produzione di rifiuti attraverso la prevenzione, la riduzione, il riciclo e il riutilizzo" afferma Nicola Semeraro, presidente di Rilegno, che aggiunge: "dalla sostenibilità e dalla circolarità non si può prescindere e il legno è certamente la risposta migliore per un’economia che vada di pari passo con il rispetto dell’ambiente e dell’uomo”. “Per quanto riguarda le sfide che ci attendono nel prossimo triennio punteremo soprattutto su sistemi innovativi quali la tracciabilità e una logistica sostenibile. L’economia circolare - conclude il presidente Semeraro - è sistemica, non si fa da soli. Il Consorzio Rilegno è al servizio delle aziende e del Paese ed è in tal senso che lavoriamo.”