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Workitect srl - Luca Brusamolino
Area: Human Resource Management Luca Brusamolino |
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(Adnkronos) - Il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelenskiy ha respinto nuovamente l'idea che il suo Paese ceda una porzione di territorio in nome della pace con la Russia. Zelensky ha criticato l'ex segretario di Stato americano Henry Kissinger per aver suggerito all'inizio della settimana che l'Ucraina cedesse alcuni territori alla Russia in nome della pace affermando che Kissinger "emerge dal profondo passato" e il suo "calendario non è il 2022, ma il 1938" e che "pensi di parlare a un pubblico non a Davos ma a Monaco di Baviera". "Dietro a tutte queste speculazioni geopolitiche di coloro che consigliano all'Ucraina di cedere qualcosa alla Russia, i 'grandi geopolitici' sono sempre restii a vedere la gente comune", ha detto ancora il presidente ucraino. "Qualunque cosa faccia lo stato russo, c'è qualcuno che dice: teniamo conto dei suoi interessi - ha aggiunto in un video - Nonostante migliaia di missili russi abbiano colpito l'Ucraina. Nonostante le decine di migliaia di ucraini uccisi". Zelensky ha giurato che l'Ucraina combatterà "fino a quando non riconquisterà tutti i suoi territori" e nel suo ultimo discorso ha detto che "tutti coloro che difendono lo Stato stanno resistendo all'offensiva estremamente feroce delle truppe russe nell'est". Kuleba L'Ucraina non cederà alcun suo territorio alla Russia aveva sottolineato ieri anche il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. "Rispetto Henry Kissinger, ma apprezzo il fatto che non ricopra alcuna posizione ufficiale nell'Amministrazione statunitense. Ha la sua opinione, ma non siamo assolutamente d'accordo con essa", ha detto Kuleba al World Economic Forum. "Non è qualcosa che faremo", ha aggiunto il ministro, sottolineando che la politica di dialogo seguita da Kiev nei confronti della Russia "non ha mai funzionato e alla fine ci ha portato tutti alla più grande guerra in Europa dalla seconda guerra mondiale. Se ha fallito una volta, fallirà due volte". Poi l'accusa alla Nato di non fare "assolutamente nulla" contro l'invasione del suo Paese da parte russa. "Vediamo la Nato come un'alleanza, come un'istituzione messa da parte e che non fa assolutamente nulla", ha affermato Kuleba lodando al contrario l'Unione europea per aver preso decisioni "rivoluzionarie" a sostegno di Kiev. Quanto al piano di pace dell'Italia, "il ministro degli Esteri Luigi di Maio è un amico e quindi in linea di principio non ho niente contro qualcosa che viene proposto da un amico. Parlando politicamente voglio che capiate una cosa: noi diamo il benvenuto a ogni tipo di piano che non implichi la creazione di un'altra contact-line o che preveda concessioni ucraine sulla nostra sovranità. Siamo disposti a discutere di qualunque altra cosa". Per Kuleba "un piano che congeli la situazione attuale non verrà sostenuto dall'Ucraina". Anche Kiev, ha aggiunto, "ritiene necessario al 100% un cessato il fuoco e apprezziamo ogni sforzo diplomatico. Ma finora le decisioni del Cremlino sono focalizzate sulla guerra non sulla diplomazia".
(Adnkronos) - "Nel Jobs act troviamo il tentativo di riformare il mercato del lavoro, e non solo il diritto del lavoro, come è avvenuto invece in tutti gli altri tentativi di legiferazione nel settore. E' una riforma che, sia dal punto formale sia dal punto di vista sostanziale, basandosi sul principio della Flexisecurity, ha immaginato il 'movimento' del cittadino-lavoratore all'interno del mercato del lavoro nel corso del tempo. Il Jobs act puntava a creare una struttura del diritto del lavoro così semplice e agile capace di reggere gli urti dei cambiamenti sempre più rapidi del mercato del lavoro, attraverso la semplificazione delle forme e l'attivazione del controllo. Ritorniamo al Jobs Act e completiamo quella riforma. Sì può sintetizzare così il significato di fondo di questo libro". Così, con Adnkronos/Labitalia, il giuslavorista Francesco Rotondi, founder dello studio LabLaw, autore del libro 'Jobs Act for ever', edito da Rubbettino, parla del volume uscito da poche settimane in libreria, in cui ripercorre e descrive i contenuti della riforma del lavoro del Governo Renzi. Il libro verrà presentato oggi a Roma, al Palazzo dell'Informazione del Gruppo Adnkronos, a partire dalle 17.30, nel corso di un appuntamento a cui prenderanno parte, oltre all'autore: Maurizio Del Conte, professore ordinario di Diritto del Lavoro presso Università Bocconi di Milano che ha curato la prefazione; Claudio Durigon, già sottosegretario di Stato al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; Nicola De Marinis, consigliere presso la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro; Nicola Marongiu, coordinatore area della contrattazione e del mercato del lavoro Cgil; Francesco Napoli, vicepresidente nazionale Confapi; Massimo Marchetti, area lavoro welfare e capitale umano Confindustria. "Le politiche attive introdotte dal Jobs act sono tutte quelle di cui oggi si sente la mancanza, trovandoci indietro rispetto ad altri Paesi europei. E' stato sbagliato non prevedere determinare risorse per le politiche attive", spiega Rotondi. Il testo redatto da Rotondi evidenzia gli aspetti più innovativi di questo impianto di riforma e soprattutto la necessità di ripartire dal Jobs Act per portare a compimento quell’idea di cambiamento e per giungere finalmente a un mercato del lavoro più moderno e attuale, capace realmente di coniugare flessibilità e diritti. Il complesso degli interventi di riforma che va comunemente sotto il nome di Jobs Act - si ricorda nel testo - ha interessato tre macro-ambiti nei quali tradizionalmente si articola il diritto del lavoro: mercato del lavoro, forme e regole contrattuali, ammortizzatori sociali. Gli otto decreti legislativi, entrati in vigore nelle tre tornate di marzo, maggio e settembre del 2015, hanno introdotto ex novo o significativamente rivisitato una pluralità di regole del contratto di lavoro: dal contratto di lavoro subordinato 'a tutele crescenti' alla realizzazione di un sistema generalizzato di tutela del reddito contro la disoccupazione involontaria; dalla creazione di una rete nazionale dei servizi per le politiche attive del lavoro alla ridefinizione dell’intervento della cassa integrazione guadagni; dalla introduzione di nuovi strumenti di conciliazione tra tempo di vita e tempo di lavoro a una più efficace tutela della lavoratrice madre; dalla semplificazione delle regole e delle tipologie contrattuali esistenti al rafforzamento del sistema di contrasto al lavoro irregolare. L’obiettivo che ha accomunato il complesso dei provvedimenti è stato la realizzazione nel nostro Paese di un mercato del lavoro più inclusivo ed efficiente, per contrastare il pesante divario di partecipazione tra giovani e adulti, donne e uomini, autonomi e subordinati, precari e protetti" "Nel corso degli ultimi trent’anni -sottolinea Rotondi- abbiamo avuto innumerevoli interventi normativi in materia di lavoro che cercavano di sanare situazioni di crisi con provvedimenti straordinari ma senza un vero e proprio tentativo di ridisegnare le materie secondo le nuove regole che il mercato, non più locale, imponeva. Molti i temi di riforma del lavoro sono stati affrontati in questi anni, consideranti come rilevanti e necessari per immaginare un’economia e una società che possa avere un futuro, ma mai attivati e implementati secondo la loro reale valenza. Mai realmente condivisi sotto il profilo sostanziale". "Solo una lettura politicamente orientata può non vedere come il Jobs Act sia stato, invece, il tentativo più serio e strutturato volto a invertire lo stato dell’arte dell’intero mondo del lavoro. In esso vediamo realizzarsi una vera e propria azione di cambiamento che non si sarebbe attuata unicamente abrogando norme o introducendo commi e provvedimenti straordinari; in esso è evidente il tentativo di ridisegnare, riscrivere alcune parti dello storico diritto del lavoro accogliendo istanze relative all’oggi con uno sguardo verso il futuro”, conclude Rotondi. "Quella sull'articolo 18 e il Jobs act è una polemica sterile, non confortata dai dati statistici, ma culturale, ideologica. L'articolo 18 una protezione dei lavoratori? Secondo me, la protezione dei lavoratori non è l'articolo 18: l'esperienza ci insegna che, anche in presenza del vecchio articolo 18 in periodo pre-riforma Fornero, i contenziosi che avevano come oggetto i licenziamenti si chiudevano per il 90% in forma stragiudiziale e cioè con una transazione di tipo economico, e anche quando si finiva in tribunale c'era una percentuale bassissima che finiva con una reintegrazione", continua Rotondi. Secondo Rotondi, con il Jobs Act si puntava "a un sistema che vede il licenziamento non come la morte civile ma come un passaggio da un lavoro a un altro". "E questo lo puoi fare solo rendendo più semplice la ricollocazione, destinandogli dei fondi e non indirizzandoli a un'attività sanzionatoria come è l'articolo 18", conclude.
(Adnkronos) - I nostri mari si stanno riscaldando anche in profondità e l’aumento delle temperature sta causando drastici cambiamenti della biodiversità marina, dalla scomparsa delle specie più sensibili caratteristiche del nostro mare all’invasione di altre, spesso aliene, che meglio si adattano a un mare sempre più caldo. A lanciare l'allarme è Greenpeace che si è immersa in questi giorni nelle acque dell’Area marina protetta (Amp) di Miramare, a Trieste, dove un anno fa, nell’ambito del progetto Mare Caldo, sono stati posizionati dei sensori per la misurazione della temperatura lungo la colonna d’acqua. Insieme ai ricercatori dell’Amp e dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), l’associazione ambientalista ha inoltre partecipato a un’immersione scientifica sulle Trezze al largo di Grado, dove si stanno monitorando gli effetti dei cambiamenti climatici su specie sensibili come la madrepora a cuscino e Pinna nobilis nell’ambito dei progetti Tretamara e Life Pinna. A bordo della nave di Greenpeace Rainbow Warrior, ormeggiata a Trieste, è stato quindi diffuso oggi il secondo rapporto annuale del progetto. Sono state effettuate oltre 535 mila misurazioni della temperatura, raccolte insieme al Dipartimento di scienze della terra, dell’ambiente e della vita (Distav) dell’Università di Genova, partner scientifico del progetto, e con il supporto tecnico di ElbaTech. Nonostante le temperature registrate durante l’estate del 2021 non abbiano evidenziato valori da record in profondità, il confronto degli andamenti con l’anno precedente ha permesso di individuare un’anomala e repentina 'ondata di calore' a giugno 2020 all’Isola d’Elba e all’Amp di Portofino, con temperature che in pochi giorni e per un periodo di tre settimane hanno registrato un aumento di circa 1,5 gradi centigradi rispetto al valore medio mensile, che ha coinvolto tutta la colonna d’acqua fino a 35-40 metri di profondità. Questi shock termici, registrati anche in Spagna e Francia, nello stesso periodo, dalla rete TmedNet, sono particolarmente dannosi per gli organismi sensibili come le gorgonie, specie simbolo dell’habitat a coralligeno del Mediterraneo. Come avviene ai coralli tropicali che si 'sbiancano', anche diverse specie mediterranee mostrano evidenti segnali di necrosi con conseguente mortalità delle colonie a causa dell’aumento delle temperature. È proprio ciò che hanno osservato i ricercatori del Distav durante i monitoraggi realizzati nell’ambito del progetto Mare Caldo in cinque aree della rete. I maggiori segnali di sofferenza sono stati registrati sulle gorgonie rosse, bianche e gialle della Amp di Capo Carbonara (Sardegna). A sbiancarsi sono anche le alghe corallinacee incrostanti, particolarmente colpite da questo fenomeno nelle Amp di Torre Guaceto (Puglia) e Capo Carbonara, e il madreporario mediterraneo Cladocora caespitosa, per il quale i ricercatori hanno messo in evidenza anche una significativa riduzione delle dimensioni delle colonie dagli anni Novanta a oggi. A Miramare, anche grazie alla rete di termometri installati per il progetto, nell’agosto 2021 è stato possibile evidenziare la relazione tra una moria di spugne nere dovute alla presenza di solfobatteri e un’ondata di calore in mare. L’aumento delle temperature porta alla scomparsa di alcune specie mentre altre, dette termofile, proliferano espandendo il loro areale di distribuzione. È il caso del vermocane (Hermodice carunculata) che è aumentato in modo considerevole nelle Amp più meridionali, o di alcune specie aliene, come il mollusco gasteropode di origine polinesiana Lamprohaminoea ovalis, osservato per la prima volta all’isola d’Elba durante i monitoraggi del progetto, segnalazione più settentrionale nel Mediterraneo per questa specie. Il progetto Mare caldo è iniziato a fine 2019 con una stazione pilota per la misurazione delle temperature fino a 40 metri di profondità installata da Greenpeace nel mare dell’Isola d’Elba. Dopo l’adesione nel 2020 di quattro Amp (Portofino in Liguria, Plemmirio in Sicilia, Capo Carbonara e Tavolara-Punta Coda Cavallo in Sardegna), nel 2021 si sono aggiunte l’Amp di Torre Guaceto in Puglia, Miramare in Friuli Venezia Giulia, Isola dell’Asinara in Sardegna e Isole di Ventotene e Santo Stefano nel Lazio. Oggi con l'adesione dell’Amp delle Cinque Terre e dell’Amp delle Isole Tremiti sono ben dieci le Aree Marine Protette che hanno deciso di aderire alla rete e di lavorare insieme a Greenpeace.