INFORMAZIONIQui! Group spa Gestione Risorse Umane e Formazione Aziendale, Commercio e Distribuzione Ruolo: Sales Manager Servizi Elettronici Area: Sales Management Flavio Molinari |
INFORMAZIONIQui! Group spa Gestione Risorse Umane e Formazione Aziendale, Commercio e Distribuzione Ruolo: Sales Manager Servizi Elettronici Area: Sales Management Flavio Molinari |
(Adnkronos) - Maurizio Casasco, Presidente della Fmsi, la Federazione Medico Sportiva Italiana, è stato confermato oggi all’unanimità Presidente dell’Efsma, la Federazione Europea dei Medici dello Sport riunitasi a Brighton. Casasco guida la Federazione italiana e sta guidando quella europea dal novembre 2017. “Sono molto onorato per questa conferma - ha dichiarato Casasco - e voglio ringraziare tutti i colleghi europei per la grande fiducia che hanno confermato nei miei confronti. Un grazie particolare alla Federazione Medico Sportiva Italiana per il suo contributo fondamentale che da 93 anni contribuisce a rendere la medicina sportiva un’eccellenza italiana universalmente riconosciuta”. “Sono già 16 i paesi dell’Unione europea - continua Casasco - che contemplano la specializzazione in Medicina dello Sport, ma dobbiamo puntare al riconoscimento in tutti gli stati del Continente, non dimenticando che la prima Scuola è nata proprio in Italia, a Milano nel 1957. I progressi scientifici, maturati grazie ad una consolidata esperienza ai massimi livelli sportivi - devono continuare a essere messi a patrimonio comune, per migliorare la salute e il benessere di tutti, un obiettivo da sviluppare in piena sintonia con la Federazione Internazionale, del cui board ho l’onore di essere parte”. “Nel corso del mio primo mandato alla guida dell’EFSMA – spiega Casasco – abbiamo raggiunto diversi importanti obiettivi: primo fra tutto il rafforzamento della produzione scientifica. Continueremo a impegnarci in un rinnovamento culturale che insista sulla promozione della tutela della salute attraverso lo sport e l’attività motoria a tutte le età. Per questo, è necessario insistere sulla formazione capillare e sulla diffusione delle linee-guida, a partire da quelle sull’’Exercise Prescription for Health’, che rappresentano la nostra cultura ippocratica della ‘giusta dose’ di esercizio per la prevenzione -primaria, secondaria e terziaria -nonché elemento essenziale per la riduzione del rischio dalle malattie non trasmissibili. Tutto ciò con conseguenti ricadute positive sulla vita sociale e sulla sostenibilità economico-sanitaria”. “Durante questo secondo mandato, che porterò avanti in stretta collaborazione con la Federazione Internazionale di Medicina dello Sport, presieduta dal professor Fabio Pigozzi - conclude Casasco – continueremo, inoltre, a lavorare per contribuire alla costruzione di una medicina europea dello sport sempre all’avanguardia attraverso un confronto culturale, tecnico e scientifico indirizzato alla protezione della salute di chi pratica attività sportive ad ogni livello e alla lotta contro il doping”.
(Adnkronos) - Uno sguardo verso il futuro del mercato del lavoro, ripartendo dalle indicazioni del Jobs Act. E' il messaggio che arriva dalla presentazione dell'ultimo libro, 'Jobs Act forever' (ed. Rubbettino), del giuslavorista e avvocato Francesco Rotondi, founder dello studio LabLaw, tenutasi ieri pomeriggio al Palazzo dell'Informazione Adnkronos a Roma. "Credo che conoscere il passato e confrontarsi -ha detto Rotondi- con esso sia necessario per costruire il futuro. L'idea di scrivere il libro mi è venuto mentre concludevo il precedente, con le interviste ai ministri del Lavoro degli ultimi 20 anni. E' in questo arco di tempo il Jobs act è l'unico tentativo di riforma dell'intero sistema e non solo del diritto del lavoro. E credo che è stata la più grande occasione di riforma degli ultimi 50 anni". "Dal confronto di oggi emerge una prospettiva, che va perseguita", ha sottolineato Rotondi che ha rimarcato come "dobbiamo guardare al complesso normativo senza immaginare rigidità. Nel Jobs act c'era già tutto, dobbiamo riprendere quella strada". Un concetto condiviso dalle imprese, con Massimo Marchetti, area Lavoro, welfare e capitale umano di Confindustria che ha sottolineato come "il Jobs act" avesse "una visione del futuro del mondo del lavoro, oggi interventi ci sono interventi frammentati, con un livello tecnico molto basso. Nel Jobs act invece troviamo un livello tecnico molto elevato", ha aggiunto ancora. E Maurizio Del Conte, giuslavorista e tra i 'padri' del Jobs Act ha sottolineato che nel provvedimento "c'ho messo l'anima, c'era un'idea di lavoro, un'operazione di ricomposizione del quadro. E' stato un lavoro certosino quello che abbiamo fatto e se si parla di Jobs act oggi si parla della legge fondamentale del lavoro anche se alcune modifiche sono state fatte", ha sottolineato l'ex-presidente dell'Anpal. Per Del Conte se c'è una cosa che nel Jobs Act non ha funzionato "sono le politiche attive, non si possono riformare i servizi per l'impiego a invarianza di spesa". Per Nicola De Marinis, consigliere presso la Corte di Cassazione, sezione Lavoro "ci troviamo in un contesto sfidante, in cui, provocatoriamente, possiamo dire che il lavoro è tornato ad essere una merce, e in cui quindi è centrale la qualità del lavoro stessa", ha spiegato. Per De Marinis "la discussione sul lavoro agile è la discussione sul lavoro del futuro". E per De Marinis non ci si può fermare "a guardare al passato, anche sotto il punto di vista della normativa del lavoro. Dobbiamo traguardare il futuro, e nel Jobs Act c'era già tutto per farlo, come si legge anche nel libro". Secondo Nicola Marongiu, coordinatore area contrattazione e mercato del lavoro della Cgil "il giudizio sul Job act della nostra organizzazione vedeva positivamente alcuni aspetti che si confermati tali e individuava delle criticità che anch'esse sono rimaste invariate, come ad esempio il finanziamento delle politiche attive. Per quanto riguarda l'articolo 18 noi non lo abbiamo mai considerato un 'totem' ma qualcosa di pratico", ha concluso.
(Adnkronos) - La stagione degli uragani statunitensi sarà più distruttiva della media per il settimo anno consecutivo. Lo hanno di dichiarato gli scienziati della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) che prevedono da 14 a 21 tempeste, di cui da sei a dieci diventeranno uragani, e da tre a sei di queste si svilupperanno in uragani maggiori, durante la stagione che va dal 1° giugno al 30 novembre. La causa principale è il riscaldamento climatico, dato che le temperature stagionalmente elevate e oceani più caldi della media forniscono energia ai cicloni tropicali.