INFORMAZIONIAcli - Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani No profit Civili ed Umanitarie Ruolo: Responsabile progetti innovativi e assistente Presidente Nazionale Area: Communication & External Relation Management Elisa Agolini |
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(Adnkronos) - Rincari contenuti per la pasta in Italia. L'aumento del prezzo del grano duro resterà contenuto quest'anno e dovrebbe tradursi in un incremento massimo del costo della pasta di tre euro a testa l'anno , calcolato sui 24 chili consumati pro capite in Italia. Il prezzo del grano duro non è influenzato dalla guerra in Ucraina, che produce quello tenero e le cui esportazioni sono bloccate dall'embargo imposto dalla Russia. "Un rincaro contenuto", sottolinea all'Adnkronos Francesco Divella, amministratore delegato del pastificio Divella, che ogni giorno produce mille tonnellate di pasta secca, 35 tonnellate di pasta fresca e 90 tonnellate di biscotti. Un rincaro su cui pesa maggiormente il prezzo dell'energia e del gas, che si è impennato proprio a causa del conflitto in Ucraina, e degli imballaggi, altra settore che soffre dell'invasione decisa dal presidente russo Vladimir Putin. Sul fronte del grano duro la produzione interna italiana soddisfa il 60-65% della domanda, mentre il resto viene importanto da Francia, Grecia e Nord America. Comprare pasta costa quindi di più, ma, sottolinea Divella, "bisogna aspettare di vedere la nuova campagna di giugno-luglio e le produzioni quest'anno. L'annata scorsa è stata siccitosa e ha contribuito all'aumento dei prezzi, mentre quest'anno è stato piovoso". Cosa che potrebbe frenare la corsa dei prezzi. Discorso diverso per il grano tenero, utilizzato per produrre pane, biscotti e dolci, anche se non c'è il pericolo di trovare gli scaffali vuoti. "Nessun rischio", assicura Divella, nonostante l'incremento "mai visto prima" del prezzo del grano tenero, con il raddoppio dei prezzi. In questo caso l'Italia soddisfa con la propria produzione circa il 55% della domanda interna e con gli altri canali di approvvigionamento non c'è pericolo di restare senza pane. Ma, oltre a un incremento della materia prima alimentare, le aziende del comparto molitorio devono affrontare l'impennata del prezzo dell'energia, del gas e degli imballaggi, "balzati dopo l'inizio della guerra. Per imprese energivore come la nostra sono costi pesanti", che contribuiscono all'aumento dei prezzi finali, dice Divella. La speranza "è che la guerra e il blocco delle esportazioni ucraine finiscano al più presto". Anche se, conclude, "bisogna capire cosa succede dopo" e vedere se la Russia sceglierà di esportare il proprio grano principalmente verso l'India.
(Adnkronos) - Con il progetto Prevenzione cardiovascolare l’Inps punta all’individuazione precoce di fattori di rischio nonché dell’assetto cardiovascolare dei dipendenti. Il progetto sarà così articolato: visita cardiologica con compilazione di una scheda per individuare le caratteristiche individuali e i principali fattori di rischio e rilevazione dei principali parametri (obiettività cardiovascolare, pressione arteriosa, saturazione di O2), effettuazione di analisi di base (identificazione di dismetabolismi), elettrocardiogramma a riposo a 12 derivazioni (valutare lo stato cardiocircolatorio) Il progetto si propone due principali obiettivi: la sensibilizzazione dei dipendenti nei confronti di uno stile di vita sano; l’identificazione dei fattori di rischio cardiovascolare e il loro trattamento, con riduzione della morbilità e mortalità per cardiovasculopatie. L’Inps ha istituito questo progetto perché la prevenzione rappresenta uno strumento concreto per ridurre il peso delle patologie cardiovascolari nel processo medico basato su interventi corroborati da evidenze scientifiche e non più soltanto da osservazioni di carattere epidemiologico. Essa è classicamente suddivisa in prevenzione primaria, quando l’intervento precede qualsiasi manifestazione clinica di una patologia sottostante, e in prevenzione secondaria, quando l’intervento avviene a seguito di un evento clinicamente manifesto. Le strategie di prevenzione delle malattie cardiovascolari (mcv) rivestono un ruolo fondamentale nel limitarne lo sviluppo nella popolazione, concorrendo a determinare una riduzione della mortalità associata a esse, delle morbilità, in particolare in termini di cronicità e ospedalizzazioni, a limitarne il carico socio-economico, garantendo nel contempo la liberazione di risorse economiche, tecnologiche e strutturali per altre necessità. A tale riguardo, sono stati proposti modelli che mostrano il ‘network’ completo delle istituzioni e figure professionali che possono interagire positivamente al fine di promuovere il bene salute e prevede interazioni a vari livelli (agenzie governative, organizzazioni professionali, ambiente di lavoro, Sistema sanitario nazionale, scuole, comunità, famiglia). I fattori di rischio cardiovascolare sono condizioni cliniche che determinano un’aumentata suscettibilità a sviluppare eventi cardiovascolari (infarto acuto del miocardio, cardiopatia ischemica, ictus cerebrale, scompenso cardiaco congestizio, insufficienza renale, morte per cause cardiovascolari). Il rischio è definito come la probabilità di sviluppare un evento cardiovascolare, in un periodo di tempo compreso tra 5-10 anni successivi rispetto ad un soggetto con le stesse caratteristiche, ma senza la presenza di fattori di rischio. I fattori di rischio cardiovascolare tradizionali sono l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia, il diabete mellito, il fumo di sigaretta, la familiarità per malattie cardiovascolari, l’età avanzata (al di sopra di 65 anni) e il sesso maschile. La presenza di uno o più di questi fattori di rischio e in grado di predire oltre il 90% degli eventi cardiovascolari maggiori. Oltre a questi, sono riconosciuti altri fattori di rischio cosiddetti ‘non convenzionali’, tra cui l’obesità, la circonferenza addominale, la sedentarietà, lo stress emotivo e/o fisico, l’ipertrigliceridemia, i bassi valori di colesterolo Hdl, la sindrome metabolica, l’aumento dei valori di apolipoproteine, di acido urico, di proteina C-reattiva e di altri marcatori dell’infiammazione. La prevenzione cardiovascolare deve in primo luogo prevedere la diagnosi e il trattamento dei fattori di rischio, promuovendo un approccio basato sulla gestione integrata e multidisciplinare del rischio cardiovascolare totale. La strategia di popolazione prevede programmi di promozione della salute e, in particolare, di stili di vita e ambienti favorevoli alla salute della popolazione, finalizzati a creare le condizioni per rendere facile l’adozione di comportamenti salutari. Dati alla mano, inoltre, le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nel mondo con una stima di circa 17 milioni di decessi/anno e le malattie cerebrovascolari sono responsabili di circa 230 decessi/anno. La mortalità per cause cardiovascolari rappresenta ancora oggi il principale determinante dell’aspettativa di vita nella popolazione generale, nonostante i progressi terapeutici abbiano consentito di registrate una significativa diminuzione della morbilità e mortalità per cause cardiovascolari1. A fronte di questa riduzione, il carico di malattia legato alle cardiopatie è ancora al primo posto, seguito dalle malattie neoplastiche Ne consegue che il peso delle mcv sui ricoveri ospedalieri è in costante e continuo aumento. I dati di dimissione indicano, infatti, che oltre la metà dei ricoveri per queste malattie sono dovuti ad evoluzione cronica e complicanze di eventi acuti oltre che a complicanze dell’ipertensione, dell’ipercolesterolemia, del diabete e dell’insufficienza renale cronica.
(Adnkronos) - Biodiversità europea sempre più a rischio. E’ quanto emerge da un dossier Eurostat sui progressi europei nello sviluppo sostenibile, che sottolinea come per per il 63% delle specie e l’81% degli habitat, lo stato di conservazione sia “povero” e come solo una quota davvero minoritaria mostri tendenze al miglioramento (rispettivamente 6% delle specie e 9% degli habitat). La causa principale è l’aumento della pressione antropica causata dall’urbanizzazione e dall’agricoltura. Basta vedere che cosa è successo alle farfalle, considerate un ottimo indicatore di biodiversità, che secondo il report hanno subito un declino di oltre il 25% tra il 1991 e il 2018.