INFORMAZIONISanta Fe Relocation srl Gestione Risorse Umane e Formazione Aziendale Ruolo: Managing Director Area: Top Management Marco Crovetto |
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(Adnkronos) - "Noi con Fdi non abbiamo nulla a che fare e mai avremo nulla a che fare, mai nessuna forma di alleanza di nessun tipo. Lo dico perché ogni tanto sui giornali leggo cose strampalate e non voglio ci siano dubbi". Così il segretario del Pd Enrico Letta, con Nicola Fratoianni a un'iniziativa elettorale a Sesto San Giovanni con il candidato sindaco Michele Foggetta. "Noi l'anno prossimo faremo una coalizione insieme per battere le destre, vinceremo e daremo all'Italia un governo democratico e progressista per un'Italia moderna e inclusiva, quella in cui vogliamo vivere domani". "Noi sappiamo benissimo cosa vorrebbe dire se noi non fossimo in grado di costruire una coalizione larga e vincente: l'alternativa non sarebbe Draghi, no. Sarebbe il primo vero governo della destra guidato da Salvini o Meloni. Il che renderebbe il nostro Paese un'eccezione in Europa" ha detto il segretario Pd. "Noi sappiamo che l'alternativa" alle politiche "sarà tra noi e le destre. E per essere vincenti dobbiamo essere uniti, coesi e credibili nei rapporti tra di noi: mai più grandi coalizioni in cui lotte interne hanno distrutto la sinistra e il centrosinistra del passato, mai più" ha scandito il leader dem, che ha aggiunto: "Crediamo nella nostra coalizione larga di centrosinistra e crediamo in una coalizione in cui si fanno le primarie e se il nostro candidato perde, il minuto dopo il candidato che ha vinto diventa il nostro candidato come nel caso di Michele". DDL ZAN E CITTADINANZA - Poi sul ddl Zan: "Io non ne posso più di sentire, ogni volta che noi facciamo un atto per rilanciare il ddl Zan, il solito ritornello 'ma occupatevi di lavoro': diritti civili e sociali vanno insieme, sono il cuore del Paese che noi amiamo, un Paese che deve avanzare sui diritti civili" ha rimarcato Letta. "Altro tema è approvare entro la fine della legislatura la legge sulla cittadinanza, una legge che dia risposte a quei tanti italiani - perché sono italiani - a cui va data una risposta inclusiva e forte. E tutto questo non è in alternativa a batterci per diritti sociali, per il lavoro, i giovani, le donne". PRIMARIE - "Non c'è stato nessuno stop" sull'ipotesi di primarie in Sicilia. "Quando ci siamo incontrati" con Giuseppe Conte "abbiamo iniziato a ragionare sulle primarie, è stato un incontro incoraggiante e adesso bisogna fare passi avanti e decidere definitivamente. Un buon primo passo e poi vedremo se ci saranno passi ulteriori, ma nessun passo indietro" ha detto Letta a margine dell'iniziativa elettorale a Sesto San Giovanni. "Primarie per le politiche? Intanto, vediamo se riusciamo a farle in Sicilia e mi sembra comunque un passo importante discutere insieme della possibilità di far partecipare i cittadini alla scelta dei candidati, cosa a cui noi come Pd crediamo molto, quella di non decidere dall'alto i candidati". CONTE: "VALUTARE ANCHE NEL LAZIO PRIMARIE COL PD" - Primarie col Pd? "Significa lavorare a dei programmi in comune e valutare anche il miglior candidato per essere competitivi. Ne stiamo discutendo", ha detto il leader M5S Giuseppe Conte, a margine di un incontro alla Rome Business School, a proposito dell'ipotesi di primarie unitarie col Pd in Sicilia. Una prospettiva che l'ex premier non esclude per altre Regioni, Lazio compreso: "Per quanto riguarda il Lazio non c'è dubbio che volendo andare insieme in prospettiva bisognerà creare un tavolo prima possibile per lavorare a un programma in comune e decidere come procedere per trovare un candidato che possa portare avanti e realizzare questo programma in comune. Inviterei tutte le altre forze politiche, a partire dal Pd, a non meditare di fare primarie chiuse per conto loro, perché è bene prima lavorare a un programma e poi decidere come trovare un candidato", ha aggiunto.
(Adnkronos) - "L’Inps, con cui è stata avviata una proficua interlocuzione sul tema, ha dovuto procedere alla notifica di migliaia di ordinanze e ingiunzioni (e in quanto tali immediatamente esecutive), in applicazione dei contenuti dell’art. 3, comma 6, del D. Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8. Tale norma prevede che una qualunque violazione in materia di versamento delle ritenute per un ammontare al di sotto dei 10.000 euro (quindi, ad esempio e per paradosso, 20 euro) esponga il datore di lavoro al pagamento di una sanzione tra 10.000 e 50.000 euro. L’istituto stesso ha determinato come sanzione minima, con circolare 5 luglio 2016, n. 121, l’importo di euro 16.666 euro (ossia alla terza parte del massimo della sanzione prevista di 50.000 euro)". E' l'allarme che lanciano i consulenti del lavoro in una lettera che la presidente del Consiglio nazionale dell'ordine, Marina Calderone, ha inviato al ministro del Lavoro, Andrea Orlando, sottolineando che si tratta di "una criticità diffusa, tale da mettere a repentaglio, negli ultimi giorni, la prosecuzione dell’attività aziendale in tante imprese italiane", come si legge nella lettera che Adnkronos/Labitalia ha potuto visionare. "Nel periodo di massima recrudescenza della pandemia, le micro e piccole imprese italiane -sottolinea Calderone- si sono trovate nella situazione di dover ottemperare agli obblighi contributivi in un contesto caratterizzato dalla repentina modificazione della normativa di riferimento, aggravata dalla necessità di attendere – in taluni casi per intere settimane – le disposizioni applicative e le circolari dell’Istituto". "La confusione generata ha portato -continua la presidente del Cno dei consulenti del lavoro- moltissimi datori di lavoro a commettere, inconsapevolmente, errori materiali concernenti il conteggio ed il versamento delle trattenute, il più delle volte relativamente a somme risibili o comunque non superiori a 5.000 euro annui. È dunque palese l’assoluta sproporzione tra l’importo della violazione e la sanzione irrogata". "Per porre rimedio a questa difficile e critica situazione in cui versano migliaia di imprenditori italiani, chiedo il suo intervento -spiega ancora Calderone a Orlando- con una tempestiva proposta emendativa, che sottopongo alla sua attenzione, con l’auspicio che possa trasformarsi in una norma quanto prima operativa". "La proposta emendativa fisserebbe, nell’ambito della generale disciplina sanzionatoria vigente, un ulteriore scaglione (1 – 5.000 euro), nell’ambito del quale la massima sanzione amministrativa erogabile verrebbe fissata al triplo delle somme dovute, onde evitare paradossi applicativi della norma che – per come vigente – espone il datore di lavoro ad una sanzione economicamente insostenibile (da 10.000 a 50.000 euro) a causa di un omesso versamento anche di poche decine di euro", conclude Calderone.
(Adnkronos) - Dall'inizio della guerra in Ucraina, Greenpeace è scesa in campo, anzi in mare. Una lotta di Davide contro Golia che vede gli attivisti, sulle loro piccole imbarcazioni, andare a intercettare le grandi petroliere russe nei mari di Danimarca, Svezia, Regno Unito, Belgio, Olanda, ma anche in Italia di fronte a Siracusa e Trieste. L'obiettivo delle azioni di protesta è sempre questo: il petrolio russo non deve sbarcare. Azioni di protesta che voglio anche "denunciare l'atteggiamento ipocrita dell'Unione Europea" perché con il petrolio venduto all'Ue, Regno Unito compreso, "la Russia sta guadagnando circa 200 milioni di euro al giorno, secondo i nostri calcoli", dice all'AdnKronos Alessandro Giannì, direttore Campagne di Greenpeace. L'associazione ambientalista monitora e intercetta le petroliere russe con i loro carichi da decine e decine di milioni di euro. Per farlo, ha messo a punto un sistema su twitter, "il Tanker Tracker - spiega Giannì - che si basa su dati pubblici liberamente disponibili anche dal sito Marine Traffic, dati di un sistema di segnalazione di posizionamento delle grandi navi (Automatic Electrification System) che serve per identificare una nave che poi fornisce la sua rotta, insomma è una misura di sicurezza. Ovviamente le navi possono sempre cambiare rotta e destinazione ma il sistema ha funzionato più di una volta". " L'embargo al petrolio russo non è ancora iniziato, ma la situazione è curiosa: c'è stata sì una contrazione dell'import in Europa che si attesta attorno a un milione di tonnellate al giorno, ma nel frattempo in Italia le importazioni sono raddoppiate. Oggi importiamo 450mila tonnellate al giorno, soprattutto a Siracusa dove c'è una raffineria riconducibile alla Lukoil che al momento lavora solo petrolio russo, e a Trieste, da dove parte un oleodotto verso la Germania dove si trovano raffinerie controllate da Gazprom. L'Italia si mostra ancora un porta importante per queste importazioni". "La proposta dell'embargo al petrolio russo, oltre a essere lenta, è soprattutto curiosa perché di fatto dice che dobbiamo andare a cercare questo petrolio da qualche altra parte - spiega il direttore Campagne di Greenpeace - E' come avere un figlio tossicodipendente a cui improvvisamente viene meno il pusher e quello che faccio è andare a cercare un altro pusher invece di disintossicarlo". Invece, secondo Greenpeace, l'Ue potrebbe ridurre la propria dipendenza dal petrolio russo intervenendo sul settore dei trasporti, che per il 70% dipendono dal petrolio russo assorbendo i due terzi del greggio che arriva in Europa. Con soli 5 interventi questa domanda si potrebbe ridurre: vietare i voli a corto raggio, ridurre i limiti di velocità, costi ragionevoli per il trasporto pubblico e più smart working. Solo con queste semplici azioni si potrebbe ridurre la domanda di petrolio del 7%, considerando che il 25% del petrolio che si consuma in Ue viene dalla Russia. Il fatto che l'Ue non ci pensi nemmeno non ci sembra andare nella direzione corretta, oltre al fatto che così diamo il tempo ai russi di trovare altri acquirenti per il proprio petrolio". "Situazione molto grave per gli attivisti in Russia, anche di altre associazioni" "In Russia c'è un ufficio di Greenpeace che, ovviamente, è in grande difficoltà - dice Giannì - Ed è in difficoltà non solo Greenpeace: bisogna rendere merito a tante altre organizzazioni che sin dalla prima settimana dello scoppio del conflitto hanno preso una posizione molto netta contro la guerra. La situazione è molto grave. Noi, anche per motivi di sicurezza, manteniamo al minimo le comunicazione con i nostri colleghi però è chiaro che è una situazione terrificante nella quale non pensavamo davvero di ritrovarci ancora. Il clima di guerra riduce sempre gli spazi di democrazia. In Ucraina non c'è un ufficio di Greenpeace ma operiamo con numerose associazioni sul posto ed è un legame che continuiamo a tenere vivo soprattutto dal versante dei Paesi Est europei. Greenpeace, per quello che può, continua a sostenere l'impegno di chi offre rifugio e assistenza alle troppe persone che fuggono da questo conflitto insensato". di Stefania Marignetti