INFORMAZIONIAzienda Napoletana Mobilità A.N.M. spa Trasporti, Infrastrutture e Logistica, Pubblica Amministrazione Locale Ruolo: Specialista Organizzazione Area: Human Resource Management Marina Galzignato |
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(Adnkronos) - Il Patriarca di Mosca Kirill ha perso "definitivamente l'Ucraina" da un punto di vista religioso. Il fondatore di Russia Ecumenica, don Sergio Mercanzin all'Adnkronos analizza le ricadute del "prevedibile" addio della Chiesa ortodossa ucraina a Mosca. Un taglio di ponti, premette il 'padre' di Russia Ecumenica, che era "inevitabile. Anche l'ortodosso ucraino che dipendeva da Mosca, vedendo che il Patriarca Kirill sta con Putin, che è quello che li bombarda, alla fine non può stare né con Putin né con Kirill. Vale il sangue più della religione". Ora che accadrà? "Rimane una ortodossia che dipende non da Mosca ma che è autonoma, semmai da Costantinopoli. Del resto - annota don Mercanzin- c’era una continua emorragia di ortodossi in Ucraina che si era ormai divisa in una parte che stava con Costantinopoli e una che stava con Mosca. Alla fine ci sarà una forte Chiesa ortodossa in Ucraina, si costituirà un Patriarcato con un Patriarca di Kiev e l’Ucraina avrà un suo patriarcato che non sarà più ne’ quello di Mosca ne’ quello di Costantinopoli". Il fondatore di Russia Ecumenica non esclude, come dice qualche osservatore, che le due chiese ortodosse, quella di Onofrio e quella di Epifanij, "si possano unire tra loro insieme ai greco -cattolici e uno tra Onofrio, Epifanij e Shevchuk potrebbe diventare il Patriarca". Don Mercanzin riflette sul ribaltamento dei progetti del leader del Cremlino e del Patriarca di Mosca: "Putin non riesce a prendere l’Ucraina e Kirill la ha persa dal punto di vista religioso, non comanderà più nemmeno una parrocchia in Ucraina. La Chiesa russa si riduce alla metà, ricordando che i fedeli di Kirill frequentano poco la Chiesa a differenza dei fedeli in Ucraina che sono molto praticanti". Potrebbe così accadere, e anche "abbastanza presto", dice il fondatore di Russia Ecumenica, che il Vaticano tra gli interlocutori possa avere "il Patriarca di Kiev".
(Adnkronos) - Uno sguardo verso il futuro del mercato del lavoro, ripartendo dalle indicazioni del Jobs Act. E' il messaggio che arriva dalla presentazione dell'ultimo libro, 'Jobs Act forever' (ed. Rubbettino), del giuslavorista e avvocato Francesco Rotondi, founder dello studio LabLaw, tenutasi ieri pomeriggio al Palazzo dell'Informazione Adnkronos a Roma. "Credo che conoscere il passato e confrontarsi -ha detto Rotondi- con esso sia necessario per costruire il futuro. L'idea di scrivere il libro mi è venuto mentre concludevo il precedente, con le interviste ai ministri del Lavoro degli ultimi 20 anni. E' in questo arco di tempo il Jobs act è l'unico tentativo di riforma dell'intero sistema e non solo del diritto del lavoro. E credo che è stata la più grande occasione di riforma degli ultimi 50 anni". "Dal confronto di oggi emerge una prospettiva, che va perseguita", ha sottolineato Rotondi che ha rimarcato come "dobbiamo guardare al complesso normativo senza immaginare rigidità. Nel Jobs act c'era già tutto, dobbiamo riprendere quella strada". Un concetto condiviso dalle imprese, con Massimo Marchetti, area Lavoro, welfare e capitale umano di Confindustria che ha sottolineato come "il Jobs act" avesse "una visione del futuro del mondo del lavoro, oggi interventi ci sono interventi frammentati, con un livello tecnico molto basso. Nel Jobs act invece troviamo un livello tecnico molto elevato", ha aggiunto ancora. E Maurizio Del Conte, giuslavorista e tra i 'padri' del Jobs Act ha sottolineato che nel provvedimento "c'ho messo l'anima, c'era un'idea di lavoro, un'operazione di ricomposizione del quadro. E' stato un lavoro certosino quello che abbiamo fatto e se si parla di Jobs act oggi si parla della legge fondamentale del lavoro anche se alcune modifiche sono state fatte", ha sottolineato l'ex-presidente dell'Anpal. Per Del Conte se c'è una cosa che nel Jobs Act non ha funzionato "sono le politiche attive, non si possono riformare i servizi per l'impiego a invarianza di spesa". Per Nicola De Marinis, consigliere presso la Corte di Cassazione, sezione Lavoro "ci troviamo in un contesto sfidante, in cui, provocatoriamente, possiamo dire che il lavoro è tornato ad essere una merce, e in cui quindi è centrale la qualità del lavoro stessa", ha spiegato. Per De Marinis "la discussione sul lavoro agile è la discussione sul lavoro del futuro". E per De Marinis non ci si può fermare "a guardare al passato, anche sotto il punto di vista della normativa del lavoro. Dobbiamo traguardare il futuro, e nel Jobs Act c'era già tutto per farlo, come si legge anche nel libro". Secondo Nicola Marongiu, coordinatore area contrattazione e mercato del lavoro della Cgil "il giudizio sul Job act della nostra organizzazione vedeva positivamente alcuni aspetti che si confermati tali e individuava delle criticità che anch'esse sono rimaste invariate, come ad esempio il finanziamento delle politiche attive. Per quanto riguarda l'articolo 18 noi non lo abbiamo mai considerato un 'totem' ma qualcosa di pratico", ha concluso.
(Adnkronos) - La produzione di mango in Pakistan diminuirà del 50%, a causa dell'ondata di calore che sta investendo il paese. Le colture del frutto sono state infatti gravemente colpite dalla carenza d’acqua e da temperature insolitamente elevate, che hanno superato i 50 gradi nella parte sud del paese. Il Pakistan è il quinto produttore mondiale di mango dopo India, Cina, Thailandia e Indonesia. La produzione media di mango è solitamente di circa 1,8 milioni di tonnellate per il paese, ma quest'anno dovrebbe essere circa la metà; anche per questo motivo è stato ridotto l'obiettivo di esportazione portandolo a 125.000 tonnellate.