INFORMAZIONI![]() Genny TiccaHoneywell srl Studi Design e Architettura, Aerospazio Ruolo: HR Generalist Area: Human Resource Management Genny Ticca |
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(Adnkronos) - Bocciata dalla maggioranza degli italiani la pena di morte ma sì al carcere con ergastolo a vita e zero sconti, domiciliari o pene alternative. È la giustizia secondo gli italiani che emerge dal 34esimo Rapporto Italia dell’Eurispes per il 2022 sulle ‘Misure alternative alla detenzione’. "Il nostro ordinamento prevede - si legge nel rapporto - l’applicazione di misure alternative alla detenzione per provare a diminuire la popolosità delle carceri e tentare il recupero sociale di chi ha sbagliato, ma non tutti sono d’accordo con la loro applicazione. Messo di fronte a una serie di conseguenze previste dal nostro e da altri ordinamenti giuridici, come punizione per coloro che commettono reati di natura grave, il campione intervistato si divide. Il 24,7% si schiera a favore dell’abolizione dell’ergastolo e soltanto il 15,8% si dice favorevole alla reintroduzione della pena di morte, abolita all’interno del nostro ordinamento giuridico civile nel 1947 e nel 1994 anche dal Codice penale militare di guerra”. "In parallelo – evidenzia il Rapporto -, possiamo dunque leggere i dati come segue: l’84,2% degli intervistati non è favorevole al reinserimento della pena capitale nel nostro ordinamento giuridico, il 75,3% non è favorevole all’abolizione della detenzione a vita, il 72,7% non è favorevole alla liberazione anticipata e il 70,5% non è favorevole alla detenzione domiciliare e all’affidamento in prova ai servizi sociali". "Sono gli elettori che si collocano politicamente a sinistra – si spiega - a riferire con maggiore frequenza di essere favorevoli all’abolizione della pena dell’ergastolo, mentre non sono d’accordo con questa possibilità soprattutto i cittadini di destra (82,7%), centrodestra (80,4%) e quanti non si sentono politicamente rappresentati (82,9%). A destra, d’altronde, è anche maggiore rispetto alle altre aree politiche di appartenenza la percentuale riferibile a quanti sarebbero d’accordo con l’abolizione degli sconti di pena per i reati più gravi (33,9%); così pure si dicono favorevoli all’abolizione dei provvedimenti alternativi alla detenzione per i reati più gravi, facendo registrare il valore più elevato rispetto agli altri orientamenti politici (39,9%)”. “Invece – sottolinea il Rapporto Eurispes -, la possibilità di reintrodurre nel nostro ordinamento la pena di morte vede più consensi espressi dai cittadini di centro-destra (20,1%), seguiti dagli elettori del Movimento 5 Stelle (19,7%) e, quindi, da quelli di destra (19%). L’affermazione che trova maggior condivisione tra le fasce di età del campione esaminato riguarda l’eliminazione dei provvedimenti alternativi alla detenzione nel caso in cui ci si trovi di fronte ad un reato grave: non è favorevole il 71,7% di quanti hanno un’età compresa tra 45 e 64 anni, il 70,9% dei 35-44enni, il 70,5% dei 25-34enni, il 69,9% di chi ha 65 anni o più e il 66,1% dei giovani di età compresa tra 18 e 24 anni”. "L’abolizione dell’ergastolo – prosegue il Rapporto - fa segnare invece la più ampia distanza tra giovani e adulti, con una maggiore intransigenza degli over 64 (risponde di non concepirne l’abolizione il 79,7%) rispetto ai più giovani (risponde ‘no’ il 69,7% dei 18-24enni), maggiormente favorevoli a forme di recupero sociale degli incriminati per reati molto gravi; mentre le fasce intermedie rispondono di non essere d’accordo con una eventuale scomparsa dell’ergastolo nella misura del 75,6% per i 45-64enni, del 74,6% per i 25-34enni e del 70,9% per i 35-44enni. Per quanto riguarda l’abolizione degli sconti di pena per i reati peggiori troviamo un disaccordo maggiore da parte delle fasce intermedie della popolazione: affermano di non essere concordi il 76,5% dei 35-44enni e il 75,8% dei 25-34enni, seguiti dal 72,5% dei 45-64enni, dal 70,9% della fascia più giovane e dal 69,5% di coloro che hanno 65 anni e oltre”. “L’ipotetica reintroduzione della pena di morte – conclude il Rapporto - vedrebbe, infine, il favore del 19% della fascia d’età intermedia, comprendente cittadini di età compresa tra 35 e 44 anni, seguita dal 18,2% di chi ha tra 18 e 24 anni, dal 15,2% di coloro che hanno un’età compresa tra 45 e 64 anni, dal 14,8% degli ultra sessantaquattrenni e dal 14% di coloro che hanno tra i 25 e i 34 anni. Tra uomini e donne sono i primi ad essere in misura leggermente maggiore in accordo con l’abolizione delle misure alternative alla detenzione previste per chi è colpevole di aver compiuto reati gravi: il 30,7% vorrebbe che i reati maggiori venissero puniti esclusivamente con la reclusione in carcere, eliminando qualsiasi forma di provvedimento alternativo (contro il 28,3% delle donne), il 27,9% non vorrebbe più sentir parlare di sconti di pena quando il condannato sta scontando una pena per reato grave (contro il 26,6% delle donne) e il 26,9% si dice favorevole all’abolizione dell’ergastolo (contro il 22,4% dell’altro sesso). Anche se ad essere preso in esame è lo spinoso tema della pena di morte sono gli uomini, in misura leggermente superiore alle donne, a tenere in considerazione l’ipotesi di una possibile reintroduzione della pratica: lo afferma il 16,2% degli uomini contro il 15,4% delle donne”.
(Adnkronos) - "L’Inps, con cui è stata avviata una proficua interlocuzione sul tema, ha dovuto procedere alla notifica di migliaia di ordinanze e ingiunzioni (e in quanto tali immediatamente esecutive), in applicazione dei contenuti dell’art. 3, comma 6, del D. Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8. Tale norma prevede che una qualunque violazione in materia di versamento delle ritenute per un ammontare al di sotto dei 10.000 euro (quindi, ad esempio e per paradosso, 20 euro) esponga il datore di lavoro al pagamento di una sanzione tra 10.000 e 50.000 euro. L’istituto stesso ha determinato come sanzione minima, con circolare 5 luglio 2016, n. 121, l’importo di euro 16.666 euro (ossia alla terza parte del massimo della sanzione prevista di 50.000 euro)". E' l'allarme che lanciano i consulenti del lavoro in una lettera che la presidente del Consiglio nazionale dell'ordine, Marina Calderone, ha inviato al ministro del Lavoro, Andrea Orlando, sottolineando che si tratta di "una criticità diffusa, tale da mettere a repentaglio, negli ultimi giorni, la prosecuzione dell’attività aziendale in tante imprese italiane", come si legge nella lettera che Adnkronos/Labitalia ha potuto visionare. "Nel periodo di massima recrudescenza della pandemia, le micro e piccole imprese italiane -sottolinea Calderone- si sono trovate nella situazione di dover ottemperare agli obblighi contributivi in un contesto caratterizzato dalla repentina modificazione della normativa di riferimento, aggravata dalla necessità di attendere – in taluni casi per intere settimane – le disposizioni applicative e le circolari dell’Istituto". "La confusione generata ha portato -continua la presidente del Cno dei consulenti del lavoro- moltissimi datori di lavoro a commettere, inconsapevolmente, errori materiali concernenti il conteggio ed il versamento delle trattenute, il più delle volte relativamente a somme risibili o comunque non superiori a 5.000 euro annui. È dunque palese l’assoluta sproporzione tra l’importo della violazione e la sanzione irrogata". "Per porre rimedio a questa difficile e critica situazione in cui versano migliaia di imprenditori italiani, chiedo il suo intervento -spiega ancora Calderone a Orlando- con una tempestiva proposta emendativa, che sottopongo alla sua attenzione, con l’auspicio che possa trasformarsi in una norma quanto prima operativa". "La proposta emendativa fisserebbe, nell’ambito della generale disciplina sanzionatoria vigente, un ulteriore scaglione (1 – 5.000 euro), nell’ambito del quale la massima sanzione amministrativa erogabile verrebbe fissata al triplo delle somme dovute, onde evitare paradossi applicativi della norma che – per come vigente – espone il datore di lavoro ad una sanzione economicamente insostenibile (da 10.000 a 50.000 euro) a causa di un omesso versamento anche di poche decine di euro", conclude Calderone.
(Adnkronos) - Entro la fine di quest’anno vedrà la luce la nuova disciplina comunitaria in materia di batterie, la quale andrà a sostituire l’attuale direttiva in vigore sin dal 2006. La proposta di regolamento Ue, al momento ancora in fase di discussione tra Commissione, Parlamento e Consiglio, rappresenta il primo atto legislativo in attuazione del nuovo pacchetto economia circolare. In gioco ci sono elementi di novità che disciplineranno tutti gli aspetti del ciclo di vita delle batterie, compreso il delicato tema della commercializzazione delle batterie non ricaricabili. “Riguardo al cosiddetto phase out delle pile non ricaricabili è bene condividere con il pubblico alcune importanti precisazioni, necessarie a contrastare l’annoso e ormai consueto fenomeno delle fake news” precisa Stefano Setti, coordinatore del Gruppo Pile rappresentato all’interno dell’Associazione Anie Csi. “Va infatti ribadito con chiarezza che nessuna delle proposte presentate, e attualmente al vaglio delle istituzioni in sede di trilogo, prevede una immediata e imminente messa al bando di tutte le batterie non ricaricabili. Tale opzione regolamentare non risulta infatti prevista, anche nella peggiore delle eventualità, prima del 2027 o di 9 anni dall’entrata in vigore del provvedimento”. Decisamente premature, quindi, le numerose notizie reperibili in rete che paventano un divieto alla produzione e vendita delle pile non ricaricabili già dal 2024. “Va peraltro aggiunto che - prosegue Setti - qualsiasi decisione definitiva sulla messa al bando dovrà essere preceduta, in qualunque ipotesi, dalla conduzione di un adeguato studio e relativa valutazione di fattibilità da parte della Commissione europea”. Solamente sulla base dei risultati che emergeranno dalle analisi della Commissione verrà quindi, eventualmente, previsto formalmente la messa al bando delle batterie non ricaricabili; il tutto ovviamente con un propedeutico periodo transitorio, imprescindibile per adeguare il mercato, le apparecchiature e le abitudini dei consumatori al cambio di rotta.