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(Adnkronos) - Lo screening del tumore del polmone può evitare ogni anno, in Italia, oltre 5mila decessi. E' uno dei dati che gli esperti della neoplasia portano all'attenzione degli italiani per lanciare un messaggio: c'è un esame che "può cambiare il destino" delle persone più a rischio, per età ed esposizione al fumo, intervenendo "per cercare di evitare che diventino pazienti": è la tomografia computerizzata del torace a basso dosaggio (Low-Dose Computed Tomography, Ldct). "Sappiamo da anni che la Tac spirale può salvare la vita in tanti modi, ma prima di tutto perché permette di diagnosticare la maggior parte dei tumori polmonari in uno stadio iniziale, quando la chirurgia è curativa e può essere poco invasiva", quando il trattamento con farmaci innovativi può aumentare le chance di guarigione, spiega Ugo Pastorino, direttore della Chirurgia toracica dell'Irccs Istituto nazionale tumori (Int) di Milano, oggi durante la presentazione a Milano del 'Manifesto italiano PolmoniAMO', realizzato con il sostegno di AstraZeneca per chiedere accesso allo screening. Oggi il 75-80% dei casi di carcinoma polmonare è diagnosticato in fase avanzata, con ridotte probabilità di guarigione e con costi elevati a livello individuale e sociale. "C'è un elemento incontrovertibile rispetto alla problematica del tumore del polmone - osserva Giorgio Vittorio Scagliotti, direttore della Divisione di Oncologia medica dell'università di Torino, che con Pastorino è coordinatore scientifico di PolmoniAMO - Abbiamo a disposizione studi piccoli e grandi che hanno valutato la Tac spirale e tutti hanno dimostrato che la percentuale dei tumori diagnosticati tramite screening allo stadio iniziale, suscettibile di resezione chirurgica, sono superiori al 50% dei casi, arrivando a punte del 68%. Nelle nostre casistiche cliniche di grandi istituzioni che si occupano della neoplasia, la percentuale di chi viene diagnosticato precocemente con i processi tradizionali non supera il 25%". "Basterebbe questo - continua l'esperto - per testimoniare la bontà dello screening. Le argomentazioni come il rischio di sovradagnosi, il rischio radiologico, risultano minimali rispetto al beneficio che si trae nel sottoporsi allo screening". Gli studi clinici, aggiunge, "hanno dimostrato che questo approccio riduce del 20-25% la mortalità nei forti fumatori, che si può tradurre" appunto "in oltre 5mila decessi in meno ogni anno nel nostro Paese". Gli specialisti individuano una soglia anagrafica: il rischio di cancro al polmone "sale drasticamente nei forti fumatori sopra i 55 anni - evidenzia Pastorino - Oggi è importante concentrare gli sforzi su quella fascia in cui una diagnosi precoce può cambiare il destino e offrire molti anni in più di vita e benessere. La Tac del torace ha questo potenziale perché vede tante cose. Nel forte fumatore la principale causa di morte o di rischio sono le malattie cardiovascolari e la malattia polmonare cronica. In un singolo esame, che si fa in 30 secondi, si può avere una foto precisa sia del danno cardiaco che del danno polmonare. Il beneficio è poi quello di poter offrire un consiglio globale su come prevenire tutte le malattie che sono legate al tabagismo cronico". L'impatto della diagnosi precoce sarebbe importante anche dal punto di vista economico, se si considera che il carcinoma polmonare ha un costo di 2,5 miliardi di euro ogni anno, che include sia le uscite dirette (sanitarie) che quelle indirette (sociali). Per gli specialisti garantire un accesso allo screening è "anche una questione etica". Il tributo che ogni anno si paga a un tumore 'big killer' come il carcinoma del polmone è infatti molto alto: questa neoplasia è responsabile del maggior numero di decessi oncologici in Italia, 34mila nel 2021. Circa il 60%, pari a 20.400 morti, riguarda i forti fumatori. Il ritardo nell'intervallo tra diagnosi e trattamenti chirurgici, chemio e radioterapici produce non solo un impatto negativo sulla sopravvivenza, ma anche sulla qualità di vita e sulla produttività dei pazienti e dei loro caregiver. "Una recente metanalisi ha analizzato gli studi randomizzati fin qui condotti per stimare i benefici e i rischi associati all'impiego della Tac a basso dosaggio nelle persone con storia di fumo, per supportare l'implementazione sistematica dello screening a livello globale - continua Pastorino - L'analisi di 9 studi, che hanno arruolato complessivamente quasi 90mila pazienti, ha dimostrato che l'uso della Tac a basso dosaggio si associa a un incremento delle diagnosi in stadio precoce (I-II) e a una riduzione di quelle avanzate, senza alcuna differenza significativa tra donne e uomini". "Se offerto alla popolazione a maggior rischio di sviluppare un cancro del polmone, cioè agli over 55 e con una storia di fumo importante, questo strumento rappresenta una risorsa sanitaria ad alta efficienza", osserva l'esperto. I dati diffusi oggi evidenziano che è necessario sottoporre un numero inferiore di persone alla Tac a basso dosaggio (320) per prevenire un decesso per cancro al polmone, di quante sia necessario sottoporne a una mammografia (646-1.724) o alla sigmoidoscopia (864) per prevenire, rispettivamente, una morte per tumore del seno o del colon-retto. Attualmente solo nel 14% dei pazienti viene posta la diagnosi in stadio IA, con tassi di sopravvivenza a 5 anni pari al 92%. "Il cancro del polmone, come tutte le neoplasie, è una patologia tempo-dipendente - fa notare Scagliotti - Lo screening consente di ampliare le opzioni terapeutiche. L'oncologia di precisione ha rivoluzionato l'approccio alla diagnosi e al trattamento. Parallelamente all'introduzione delle terapie mirate, si è fatta sempre più strada l'immunoterapia. E' auspicabile che nei prossimi anni, sulla base delle sperimentazioni cliniche già condotte o in corso, i farmaci innovativi possano rivestire un ruolo sempre più importante anche negli stadi precoci di malattia, impiegati ad esempio prima o dopo la chirurgia, per ridurre i rischi di recidiva e aumentare le possibilità di guarigione nel lungo periodo. Integrare questi trattamenti nella strategia terapeutica degli stadi precoci richiede però un'efficace e rapida individuazione del cancro, che impone l'implementazione di programmi di screening da avviare nella popolazione a maggior rischio". "La terapia e l'oncologia di precisione portano a definire qual è il paziente giusto per la molecola giusta. E un approccio personalizzato ha un vantaggio significativo sia per i pazienti che per il sistema sanitario", dichiara Mirko Merletti, vice presidente Oncology AstraZeneca. L'azienda si è impegnata in progetti come il manifesto PolmoniAmo e la Risp, Rete italiana screening polmonare. "Siamo membro fondatore della Lung Ambition Alliance, una partnership tra organizzazioni che includono l'International Association for the Study of Lung Cancer (Iaslc), Guardant Health e la Global Lung Cancer Coalition (Glcc). L'obiettivo - conclude Merletti - è di migliorare la condizione delle persone affette da tumore del polmone".
(Adnkronos) - Con il progetto Prevenzione cardiovascolare l’Inps punta all’individuazione precoce di fattori di rischio nonché dell’assetto cardiovascolare dei dipendenti. Il progetto sarà così articolato: visita cardiologica con compilazione di una scheda per individuare le caratteristiche individuali e i principali fattori di rischio e rilevazione dei principali parametri (obiettività cardiovascolare, pressione arteriosa, saturazione di O2), effettuazione di analisi di base (identificazione di dismetabolismi), elettrocardiogramma a riposo a 12 derivazioni (valutare lo stato cardiocircolatorio) Il progetto si propone due principali obiettivi: la sensibilizzazione dei dipendenti nei confronti di uno stile di vita sano; l’identificazione dei fattori di rischio cardiovascolare e il loro trattamento, con riduzione della morbilità e mortalità per cardiovasculopatie. L’Inps ha istituito questo progetto perché la prevenzione rappresenta uno strumento concreto per ridurre il peso delle patologie cardiovascolari nel processo medico basato su interventi corroborati da evidenze scientifiche e non più soltanto da osservazioni di carattere epidemiologico. Essa è classicamente suddivisa in prevenzione primaria, quando l’intervento precede qualsiasi manifestazione clinica di una patologia sottostante, e in prevenzione secondaria, quando l’intervento avviene a seguito di un evento clinicamente manifesto. Le strategie di prevenzione delle malattie cardiovascolari (mcv) rivestono un ruolo fondamentale nel limitarne lo sviluppo nella popolazione, concorrendo a determinare una riduzione della mortalità associata a esse, delle morbilità, in particolare in termini di cronicità e ospedalizzazioni, a limitarne il carico socio-economico, garantendo nel contempo la liberazione di risorse economiche, tecnologiche e strutturali per altre necessità. A tale riguardo, sono stati proposti modelli che mostrano il ‘network’ completo delle istituzioni e figure professionali che possono interagire positivamente al fine di promuovere il bene salute e prevede interazioni a vari livelli (agenzie governative, organizzazioni professionali, ambiente di lavoro, Sistema sanitario nazionale, scuole, comunità, famiglia). I fattori di rischio cardiovascolare sono condizioni cliniche che determinano un’aumentata suscettibilità a sviluppare eventi cardiovascolari (infarto acuto del miocardio, cardiopatia ischemica, ictus cerebrale, scompenso cardiaco congestizio, insufficienza renale, morte per cause cardiovascolari). Il rischio è definito come la probabilità di sviluppare un evento cardiovascolare, in un periodo di tempo compreso tra 5-10 anni successivi rispetto ad un soggetto con le stesse caratteristiche, ma senza la presenza di fattori di rischio. I fattori di rischio cardiovascolare tradizionali sono l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia, il diabete mellito, il fumo di sigaretta, la familiarità per malattie cardiovascolari, l’età avanzata (al di sopra di 65 anni) e il sesso maschile. La presenza di uno o più di questi fattori di rischio e in grado di predire oltre il 90% degli eventi cardiovascolari maggiori. Oltre a questi, sono riconosciuti altri fattori di rischio cosiddetti ‘non convenzionali’, tra cui l’obesità, la circonferenza addominale, la sedentarietà, lo stress emotivo e/o fisico, l’ipertrigliceridemia, i bassi valori di colesterolo Hdl, la sindrome metabolica, l’aumento dei valori di apolipoproteine, di acido urico, di proteina C-reattiva e di altri marcatori dell’infiammazione. La prevenzione cardiovascolare deve in primo luogo prevedere la diagnosi e il trattamento dei fattori di rischio, promuovendo un approccio basato sulla gestione integrata e multidisciplinare del rischio cardiovascolare totale. La strategia di popolazione prevede programmi di promozione della salute e, in particolare, di stili di vita e ambienti favorevoli alla salute della popolazione, finalizzati a creare le condizioni per rendere facile l’adozione di comportamenti salutari. Dati alla mano, inoltre, le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nel mondo con una stima di circa 17 milioni di decessi/anno e le malattie cerebrovascolari sono responsabili di circa 230 decessi/anno. La mortalità per cause cardiovascolari rappresenta ancora oggi il principale determinante dell’aspettativa di vita nella popolazione generale, nonostante i progressi terapeutici abbiano consentito di registrate una significativa diminuzione della morbilità e mortalità per cause cardiovascolari1. A fronte di questa riduzione, il carico di malattia legato alle cardiopatie è ancora al primo posto, seguito dalle malattie neoplastiche Ne consegue che il peso delle mcv sui ricoveri ospedalieri è in costante e continuo aumento. I dati di dimissione indicano, infatti, che oltre la metà dei ricoveri per queste malattie sono dovuti ad evoluzione cronica e complicanze di eventi acuti oltre che a complicanze dell’ipertensione, dell’ipercolesterolemia, del diabete e dell’insufficienza renale cronica.
(Adnkronos) - Ondate di calore sempre più precoci. Lo conferma quello che sta succedendo in questi giorni non solo in Italia e in Europa, ma anche in Nord America, dove di fatto l'estate è arrivata con un mese di anticipo. Nel weekend negli Stati Uniti sono stati infranti circa 130 record di temperature massime per il periodo, soprattutto negli stati del Sud e dell'Est del paese, con i termometri che si sono attestati su livelli anche di 11-16°C più alti rispetto alle medie di stagione. In Europa il picco maggiore è stato registrato in Spagna: la temperatura media del 21 maggio scorso ha superato la media del giorno estivo più caldo, con punte oltre i 40 gradi.