(Adnkronos) - "Non siamo di fronte a una nuova pandemia. Il virus del vaiolo delle scimmie, è conosciuto, in Africa, da tempo. Non preoccupa particolarmente rispetto al rischio di propagazione perché per infettarsi i contatti devono essere molto stretti, come nei rapporti sessuali. Non ci sono gli stessi pericoli di una trasmissione aerea, che facilita la corsa del virus, come per Sars-Cov-2". A tranquillizzare, attraverso l'Adnkronos Salute, l'infettivologo Stefano Vella, docente di Salute Globale all'università Cattolica di Roma. "A dispetto del nome, come già è stato spiegato in questi giorni -aggiunge Vella - non parliamo di un'infezione pericolosa come quella causata dal vaiolo. La malattia è lieve e abbiamo, nel caso si rendesse necessario, anche alcuni antivirali utilizzabili, per quanto non specifici. E da quanto ne sappiamo fino ad oggi, chi si è vaccinato contro il vaiolo potrebbe essere protetto". L'emergere di casi di infezione da vaiolo delle scimmie alle nostre latitudini, "è un nuovo campanello d'allarme che ci ricorda come la salute umana e quella animale siano strettamente commesse. E' una lezione che dobbiamo imparare: serve molta attenzione a non alterare l'equilibrio tra uomo, animale e ambiente", ricorda quindi Vella. Dopo la pandemia, aggiunge, "tutti hanno compreso che serve prepararsi alle epidemie che verranno. I salti di specie dei patogeni non sono una novità, sono avvenuti in passato e conosciamo i meccanismi. Ora che abbiamo alterato gli equilibri tra la fauna e l'uomo questi passaggi avverranno ancora di più. Ci sono centinaia di migliaia di virus animali che potrebbero, potenzialmente, colpire l'uomo. Non tutti ovviamente lo faranno generando le pandemie. Ma dobbiamo avere consapevolezza del fatto che si tratta di una possibilità. E dobbiamo stare all'erta". Per Vella oggi più che mai è necessaria "l'attenzione all'equilibrio tra la salute umana, animale e ambientale. Ad esempio: se noi deforestiamo è chiaro che l'animale selvatico si avvicina alle aree abitate dall'uomo con più rischi. Non a caso, nell'approccio alla gestione della sanità, si parla di 'One Health', una salute sola (umana, animale, ambientale), e non è solo un concetto di moda, ma una necessità nel riorganizzare le politiche sanitarie e ambientali in un'ottica di consapevolezza e riduzione del rischio".
(Adnkronos) - Cristiano Fini è il nuovo presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani. Imprenditore modenese, di Castelfranco Emilia, 50 anni, è stato nominato oggi dall’VIII Assemblea elettiva, riunita a Roma presso il Teatro Eliseo, e composta da 399 delegati, in rappresentanza dei quasi 900 mila iscritti in tutt’Italia. Fini succede a Dino Scanavino che, appena proclamato, ha voluto ringraziare per il lavoro svolto in questi ultimi 8 anni. Fini, agrotecnico, è il titolare di un’azienda agricola e vitivinicola con 13 ettari investiti a vigneto biologico, già presidente di Cia Emilia-Romagna dal 2018 e, precedentemente, di Cia Modena. Fa parte del Consiglio di amministrazione di Cantine Riunite Civ ed è stato membro della Giunta Camerale di Modena. Ora sarà alla guida della Confederazione per i prossimi quattro anni. "Stiamo attraversando una fase davvero complicata: la pandemia, la guerra, i rincari eccezionali delle materie prime, il rischio di una crisi energetica e alimentare, i cambiamenti climatici. Eppure il nostro settore, con tutte le difficoltà resta uno dei cardini dell’economia nazionale. Il valore aggiunto dell’agricoltura italiana, pari a 33 miliardi circa, resta il più elevato dell’Ue. Il sistema agroalimentare, nel suo insieme fa il 15% del Pil. Ecco perché possiamo e dobbiamo lottare, rimettendo al centro le nostre priorità, le nostre battaglie”. Lo ha detto il neo eletto presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini. “Servono azioni precise e puntuali su larga scala -ha continuato il presidente di Cia- come una politica energetica nazionale ed europea che cerchi di calmierare i costi e le speculazioni, oltre a misure a sostegno delle filiere produttive, messe in ginocchio dagli incredibili rincari produttivi e dall’instabilità dei mercati. Ma soprattutto c’è bisogno finalmente di una redistribuzione del valore lungo la filiera. Dobbiamo gridare la necessità di un reddito equo per gli agricoltori, facendo squadra su questo obiettivo comune, come su investimenti importanti nella ricerca per dotare il settore primario di strumenti innovativi contro il climate change. E poi: spinta alle nuove tecnologie digitali e apertura chiara alle tecniche di miglioramento genetico in ottica sostenibile; invasi per l’accumulo di acqua utile nei periodi più siccitosi, ma anche assicurazioni e fondo mutualistico nazionale per affrontare le calamità”. “Alla vigilia delle grandi campagne -ha sottolineato Fini- resta urgente anche il problema della manodopera nei campi, dal punto di vista sia dei costi che della reperibilità. Così non siamo più competitivi. Occorre più flessibilità, come sperimentato con i voucher. E ancora: accesso alla terra e al credito per il ricambio generazionale; valorizzazione delle donne del settore che sono ormai il 30%; pensioni giuste per chi ha passato tutta la vita nei campi e ora prende poco più di 500 euro”. “Queste sono le nostre priorità -ha evidenziato il nuovo presidente di Cia- insieme al rilancio delle aree interne. Zone svantaggiate che hanno un’importanza strategica per tutto il sistema Paese, ma vengono lasciate sempre sole. Per le zone rurali servono politiche e strategie: defiscalizzazione, connessione, sbloccare lo spopolamento e riportare persone e ricchezza. Sono le nostre rivendicazioni, come quella sulla fauna selvatica, con la riforma della legge 157 per tutelare l’agricoltura, mettere al sicuro strade e cittadini, salvare gli allevamenti suinicoli dal rischio Psa. Tutte sfide che dobbiamo portare avanti tenendo sempre insieme proteste e proposte”. “Ci attende una nuova stagione, più inclusiva e innovativa -ha aggiunto Fini- dentro l’organizzazione e nei rapporti con la società civile e con le istituzioni, con tutte le altre rappresentanze agricole, agroalimentari ed economiche del Paese. Dobbiamo essere per e non contro. Non dobbiamo lasciare indietro nessuno. Servizi alle imprese e al cittadino, grandi imprese e piccole aziende, Nord e Sud, agricoltura biologica e convenzionale, tutto questo non è in opposizione. Le diversità si devono tradurre in un valore aggiunto. Le sfide da affrontare sono di una portata enorme e serve responsabilità e nuova coesione per traguardarle”. “C’è bisogno di un patto con tutte le componenti del sistema, a cominciare dai consumatori -ha ribadito il presidente di Cia- e il miglior veicolo per spiegare quello che facciamo sono gli agriturismi, la vendita diretta, l’agricoltura sociale, le fattorie didattiche. Dobbiamo far capire a tutti che l’agricoltura non è quella che inquina, che tratta male gli animali e sfrutta i lavoratori, ma il settore che custodisce il territorio, che difende l’ambiente e le persone, che fa crescere l’economia e la società. Anche in Europa dobbiamo contare di più, avendo in mente che dove andiamo uniti come sistema Paese, portiamo a casa il risultato”.
(Adnkronos) - In Italia esistono 1200 chilometri di linee ferroviarie soppresse, che potrebbero essere riaperte per potenziare il trasporto locale soprattutto nelle aree interne del paese. Sono le cosiddette "ferrovie sospese", di cui si occupa la seconda edizione del Dossier Futuro Sospeso, realizzato da Alleanza Mobilità Dolce in collaborazione con Legambiente e Kyoto Club, che esamina la situazione di 38 linee che attraversano anche paesaggi di straordinaria bellezza e che potrebbero quindi utilizzate a fini turistici. Rispetto alla classifica delle regioni con più linee soppresse, il Piemonte è sempre in testa con 13 collegamenti, anche se il Consiglio regionale ha avviato una verifica su costi-benefici della loro riapertura. E qualcosa si muove anche a livello nazionale, con l’intesa Stato-Regioni per 26 linee ferroviarie turistiche e la destinazione di investimenti del PNRR sulle ferrovie turistiche e locali.