(Adnkronos) - Del vaiolo delle scimmie "non ci dobbiamo preoccupare". Così Francesco Vaia, direttore generale dell'Inmi Spallanzani di Roma, ospite di un incontro dell'Associazione Stampa estera. "Dei 6 casi" di vaiolo delle scimmie "che abbiamo accertato, i primi già stanno guarendo. Il mio obiettivo è quello di dare forza alle persone per combattere la malattia e non deprimerle". "Abbiamo fatto un salto in avanti: si trasmette da uomo a uomo. I pazienti accertati allo Spallanzani sono 6, abbiamo il virus in coltura e a giorni avremo in mano l'isolato del virus e potremmo fare delle sperimentazioni complete. Questo è un vaiolo lontano parente di quello che abbiamo conosciuto, quella che si manifesta oggi è una malattia che riusciamo in questo momento a contenere. Chi ha fatto l'anti-vaiolo prima del 1981 è protetto dal Monkeypox? Probabilmente in gran parte sì, ma prima va verificato l'isolato virale e poi sapremo rispondere alla domanda se la vaccinazione copre e in che percentuale". "Ci sono venuti a trovare allo Spallanzani dei colleghi slavi e poi noi andremo lì. Io sono in contatto con Anthony Fauci e Guido Silvestri, siamo in contatto con tante università nel mondo con cui collaboriamo. In Italia lavoriamo anche con Maria Rita Gismondo del Sacco di Milano. Questa è la logica di uno Spallanzani aperto a tutti finalmente e non più geloso delle cose che fa". "Con l'isolato virale - ha sottolineato - potremmo anche saggiare l'efficacia delle medicine. Chi oggi è ricoverato allo Spallanzani non ha bisogno di terapia". "Non c'è esigenza di una corsa al vaccino, il fenomeno è di lieve entità e non ci sono decessi - aggiunge -. E' prudente, e bene fa il ministero, ad approvvigionarsi perché potrebbe essere utile in alcune circostanze, ma non ora".
(Adnkronos) - Il tramonto del porto di Acciaroli, a Pollica (Salerno), è stato scelto come location del nuovo laboratorio sperimentale degli esperti di Strobilo, azienda di naturtech che utilizza le più avanzate tecniche delle neuroscienze per studiare la relazione tra gli esseri umani e il pianeta Terra. Pollica, nel corso della Eu agrifood week, ha ospitato una dimostrazione del Mediterranean mind lab, laboratorio di neuroscienze applicate per codificare l’algoritmo della longevità. I sensori ambientali applicati su una persona che guarda il tramonto di Acciaroli hanno rilevato un effetto “rigenerativo sul cervello, che va ad elicitare alcune aree, alcune onde come le onde Teta, legate a processi di mindfulness, meditazione, rilassamento profondo, ma anche onde che si attivano quando andiamo a rievocare delle memorie felici della nostra vita”. A spiegarlo è stata Camilla Di Pasquasio, psicologa e data analyst Strobilo. “La nostra attività - ha aggiunto Di Pasquasio - ci consente di misurare i parametri ambientali e di correlarli con il segnale cerebrale. Un’applicazione di questa sperimentazione può essere quella compiuta a Pollica, sull’effetto del paesaggio, anche per selezionare, ad esempio, delle attività che hanno a che fare con il turismo. Penso alla scelta, che può essere fatta con un approccio scientificamente provato, dei luoghi da selezionare ad esempio per posizionare delle panchine panoramiche o per realizzare dei percorsi immersivi”. La sperimentazione può essere applicata molto bene anche nell’ambito del food. “Andiamo a comparare cibi biologici, a chilometro zero, con produzioni industriali. Quello che è pazzesco - ha spiegato Di Pasquasio - è che a livello soggettivo le persone non capiscono assolutamente la differenza tra questi due prodotti, ma il nostro cervello è assolutamente in grado di scindere quale è il prodotto biologico e quale non lo è”. L’obiettivo finale del laboratorio è “studiare l’interazione tra la complessità di questi sistemi, come interagiscono, e cercare di andare a riconnettere l’uomo con la natura. Perdere il contatto con la natura ci ha fatto peggiorare da un punto di vista psicologico e cognitivo. Il nostro cervello è cambiato, diamo molto meno spazio alle emozioni, siamo molto più stressati, viviamo in una condizione di ansia". "Il nostro obiettivo - ha concluso - è far capire anche con la nostra divulgazione e i nostri esperimenti che c’è una forte necessità di andare a ritrovare questo forte rapporto tra l’uomo e la natura, per stare meglio noi, avere un ambiente più salutare, per mettere sul piatto del cibo che sia più sostenibile”.
(Adnkronos) - L’assenza sul territorio nazionale di un’adeguata rete di impianti di trattamento costringe il nostro Paese ad esportare ogni anno ingenti quantitativi di rifiuti provenienti da attività industriali che all’estero vengono trasformati in nuove materie prime e in energia. Un gap che costa al Paese circa 1 miliardo di euro l’anno. La denuncia emerge dal Report 'Ambiente, Energia, Lavoro – La centralità dei rifiuti da attività economiche', presentato da Assoambiente (Associazione imprese servizi ambientali ed economia circolare). Nel 2019 (ultimi dati disponibili per i rifiuti speciali) la produzione di rifiuti in Italia ha superato quota 193 milioni di tonnellate, di questi ben 163 mln sono speciali (cioè provenienti da attività industriali) e circa 30 mln sono urbani. I primi rappresentano quasi l’85% della produzione complessiva di rifiuti, oltre 5 volte gli urbani, un dato che conferma la rilevanza strategica, anche in termini economici oltre che ambientali, di un loro adeguato trattamento in Italia. Il Report prende in considerazione proprio questi rifiuti, escludendo quelli del comparto costruzioni e demolizioni, mentre i rifiuti speciali derivanti dal trattamento degli urbani, quando possibile, sono stati posti in evidenza e distinti dai restanti volumi di rifiuti di matrice industriale. I rifiuti speciali, al netto di quelli derivanti dal comparto costruzioni, nel 2019 hanno registrato una produzione pari a quasi 111 mln di tonnellate. Partendo da questo dato, il Report si focalizza in particolar modo sui rifiuti direttamente prodotti dalle 'attività economiche', circa 65 milioni di tonnellate: di questi, oltre 36 mln di tonnellate (pari al 55%) sono stati prodotti dalle aziende manifatturiere. Analizzando i dati di produzione a livello regionale, emerge come i volumi si siano concentrati principalmente nelle regioni del Nord Italia, per l’elevato numero di realtà produttive presenti, per il numero di abitanti e per la relativa dotazione impiantistica dedicata alla gestione degli scarti prodotti. In questa speciale graduatoria di 'maggiori produttori' in testa è la Lombardia (con 23 mln di tonnellate di rifiuti speciali prodotti), seguita da Veneto (12), Puglia (11), Emilia-Romagna (10), Piemonte (7), Toscana (7) e Lazio (7). Oltre che nella gestione dei rifiuti urbani, l’Italia è leader anche nel riciclo e recupero di rifiuti speciali. Nel 2019 il 65% delle oltre 109 mln di tonnellate di rifiuti speciali gestiti è stato avviato a recupero (di materia e di energia) ed il restante 35% ad operazioni di smaltimento (incenerimento, discarica, stoccaggio finalizzato allo smaltimento finale o altre operazioni come il trattamento chimico-fisico). Oltre 15 milioni di rifiuti speciali vengono ancora destinati alla discarica, soprattutto al Centro e al Sud, mentre quasi 7 milioni di rifiuti hanno come destino gli impianti di incenerimento o recupero energetico. Di questi quasi 1 mln di tonnellate è destinato a incenerimento, il restante è gestito anche con impianti quali cementifici, impianti privati di incenerimento di scarti produttivi e di processo industriali (es. legno), 'torce' per la produzione di energia elettrica con biogas da discarica o da impianti di compostaggio. Sul territorio nazionale esistono 11.200 impianti di trattamento dei rifiuti speciali, con forte disomogeneità fra le diverse aree del Paese, a prescindere dai dati di produzione: ad esempio la Puglia con circa 11 mln di tonnellate di rifiuti speciali prodotti, dispone di 612 impianti, mentre il Veneto, a fronte di un dato di produzione di quasi 12 mln di tonnellate di rifiuti speciali, dispone di 1.190 impianti. Rispetto al totale degli oltre 11mila impianti, circa il 58% è concentrato nel Nord Italia, il 17% al Centro e il 25% al Sud e Isole. Circa 27 mln di tonnellate (24% del totale) di rifiuti speciali sono state trattate in un territorio diverso dalla Regione di produzione. Nel 2019 sono state conferite all’estero oltre 4 mln di tonnellate di rifiuti speciali prodotti in Italia, destinate nel 50% dei casi verso paesi vicini come Germania, Austria, Francia, Svizzera e Slovenia. Secondo le analisi formulate da Assoambiente, già oggi si evidenzia un fabbisogno impiantistico superiore a 10 milioni di tonnellate di rifiuti/anno e un fabbisogno cumulato nei cinque anni (2021-2025) pari a circa 34 milioni di tonnellate.